Il 25 novembre il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli presenta la proposta di patrocinio delle navi umanitarie da parte dell’ONU, frutto della collaborazione tra il Festival, ente promotore del documento, e tre importanti giuristi: Gianfranco Schiavone, Francesca de Vittor e Fulvio Vassallo Paleologo.
I contenuti della proposta saranno discussi pubblicamente alle 18 nello spazio comunale Piazza Forcella con gli invitati all’evento “Un mare di pace” nel quadro della giornata dedicata alle navi umanitarie e alla criminalizzazione della solidarietà.
Entro la prima settimana di dicembre il documento definitivo sarà disponibile su piattaforma online per la raccolta delle firme di sostegno, per poi procedere all’inoltro della proposta alle Nazioni Unite.
A seguire il testo del documento:
Negli ultimi venti anni, in molte aree del mondo crisi climatiche e alimentari, guerre e conflitti di lunga durata hanno determinato lo spostamento di milioni di persone. Le cause storiche e le responsabilità di queste crisi sono diffuse e ci riguardano: l’alterazione del clima è in gran parte l’effetto di un modello di sviluppo e di consumo imposto dai Paesi più ricchi, le cui conseguenze si scaricano in modo ancor più sensibile sui Paesi e popoli del terzo mondo; le crisi alimentari derivano non raramente da un uso delle terre e dell’acqua che privilegia colture intensive per il mercato globale e non per il soddisfacimento dei fabbisogni locali; le guerre si producono anche a seguito delle intrusioni post-coloniali dei Paesi del nord, miranti allo sfruttamento delle risorse naturali che creano squilibri e conflitti tra aree limitrofe e che vengono alimentate con la vendita di armi. La tragica commistione di problemi sociali, etnici, religiosi e di forme estreme di povertà, specie in Africa e in Asia, ha costretto moltissimi esseri umani a tentare di raggiungere le frontiere di Paesi più ricchi provando a rendere attuale ed esigibile quel “diritto all’asilo” sancito dall’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dal diritto dell’Unione Europea.
Il caso del Mediterraneo, mare di speranza e morte, è emblematico di questa inarrestabile e drammatica corsa verso una salvezza possibile. Da un lato, Paesi asiatici e africani da cui partono lunghe carovane di uomini, donne e bambini che, dopo aver attraversato miglia di deserto e montagne, cercano un imbarco per le porte d’ingresso in Europa (Grecia, Italia e Spagna in primis). Dall’altro un articolato sistema respingente formato da Paesi europei ed extraeuropei (Libia, Turchia, Tunisia), che attraverso un’esternalizzazione dei controlli di frontiera cerca di bloccare imbarcazioni con migliaia di disperati che tentano di raggiungere un approdo o di essere salvati dalle Guardie Costiere o, in assenza di efficaci piani di salvataggio organizzati dagli Stati europei, da qualcuna delle navi umanitarie che agiscono per ribadire il valore di quel Diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza sancito solennemente dall’articolo 3 della Dichiarazione Universale.
La lotta al traffico internazionale di esseri umani troppo spesso si è purtroppo trasformata in un contrasto alle vittime del traffico, in chiaro contrasto con quanto disposto dal Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. Questo prevede che “ogni Stato Parte prenda le misure opportune per fornire ai migranti un’adeguata tutela contro la violenza che può essere loro inflitta” (art. 16 paragrafo 2). E’ una situazione che si protrae da molti anni con gravissime perdite di vite umane e un terribile degrado degli istituti di diritto internazionale come il diritto di asilo e l’obbligo del salvataggio in mare. Tale situazione rischia di cancellare i presupposti della pacifica convivenza tra i popoli e gli accordi di pace siglati alla fine del Secondo Conflitto Mondiale, che costituiscono la base giuridica su cui è stata fondata l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Il rifiuto dell’approdo per le navi umanitarie, i sistematici ritardi nella concessione di un porto sicuro in cui poter sbarcare gli esseri umani strappati ai flutti del Mediterraneo, le condizioni estreme di sopravvivenza a cui sono condotti i naufraghi a bordo delle stesse navi umanitarie, le severe incriminazioni e le indagini a cui sono sottoposti gli autori dei salvataggi sono i problemi gravissimi con cui continuamente la società civile si scontra con le proprie istituzioni.
Non è più possibile negare che sia in corso ormai da troppo tempo una “criminalizzazione della solidarietà”, che cerca di ostacolare o rallentare le operazioni di soccorso attraverso procedure amministrative ad hoc e persino di punire in ogni modo i promotori di queste cordate di salvataggio che recuperano ogni anno in mare migliaia di esseri umani destinati ad annegare e a pagare il presunto reato di clandestinità con la propria vita.
Di fronte a questa atroce contraddizione tra legislazioni carenti e prassi amministrative distorte e il rispetto dei Diritti fondamentali Il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, in solido con alcune delle principali organizzazioni che sostengono il lavoro delle navi umanitarie e degli operatori della solidarietà, ha deciso di rivolgere, in occasione della XIV edizione che si è svolta a Napoli tra il 16 e il 26 novembre 2022, un appello all’Organizzazione delle Nazioni Unite affinché questa ingiusta e inaccettabile disparità venga arginata e che la tutela della uguaglianza di tutti gli esseri umani sia riaffermata senza indugi con priorità assoluta.
Chiediamo alle Nazioni Unite
- di intervenire sull’I.M.O. (International Maritime Organization) per la revoca del riconoscimento di una zona SAR libica, dal momento che ancora oggi non esiste un’unica centrale di coordinamento dei soccorsi e le autorità libiche non garantiscono l’indicazione di un porto di sbarco sicuro e il rispetto dei diritti umani, a partire dalla sistematica violazione del diritto di asilo;
- di riconoscere l’importanza fondamentale dell’attività di soccorso in mare operata dalle organizzazioni umanitarie per garantire la tutela della vita umana in mare e il rispetto dei diritti umani conformemente agli scopi dell’Organizzazione.
- In particolare allo scopo di garantire che l’operato delle organizzazioni umanitarie sia riconosciuto da tutti come funzionale ai fini e ai valori iscritti nella Carta delle Nazioni Unite, in modo che non vi siano disparità di trattamento legate ai differenti sistemi giuridici dei Paesi a cui viene richiesta l’accoglienza delle navi, degli equipaggi e delle persone salvate in mare, si chiede all’Organizzazione di autorizzare l’esposizione permanente della bandiera delle Nazioni Unite ai sensi dell’art. 6 par. 2, lett. b) del Codice della bandiera delle Nazioni Unite sulle navi delle organizzazioni umanitarie che prestano soccorso in mare.