Il governo ha adottato una bozza di decreto legge “omnibus” con misure molto eterogenee tra loro, che costituisce una evidente rottura dell’assetto costituzionale e conferma i peggiori timori sulla tenuta dello Stato democratico nel nostro paese.
La scelta di materie tanto diverse, dall’ergastolo ostativo al rinvio di misure previste dal PNRR, fino all’introduzione di un nuovo reato che punisce con gravissime sanzioni chi organizza e chi partecipa ad un “rave party”, confermano come attraverso la decretazione d’urgenza il governo, che gode di una maggioranza parlamentare di ferro, sia già all’attacco degli obblighi derivanti dall’Unione europea e dei principi costituzionali sui quali si fonda il carattere democratico dello Stato, come il principio di legalità e la proporzionalità della sanzione penale.
Sotto l’apparente ombrello di misure che dovrebbero contrastare una presenza mafiosa che è ancora largamente diffusa e tende ad approfittare della difficile fase economica, sulla quale si tarda ad intervenire, il nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, costituisce una precisa dichiarazione di intenti che va oltre la materia dei rave party, che si sarebbe potuta affrontare restando nell’ambito della legislazione già esistente. Si prevede la reclusione da 3 a 6 anni per gli organizzatori dei rave, con multe da 1.000 a 10.000 euro e si procede d’ufficio, “se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica”. Le pene sono soltanto ridotte per i semplici partecipanti. Sarebbe questo il contenuto del nuovo art. 434 bis c.p., inserito dopo l’articolo 434 del codice penale, che riguarda il “Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”, anziché dopo l’art. 633 c.p. che riguarda la fattispecie di “Invasione di terreni o edifici”. Una nuova previsione estremamente generica che lascia alle autorità di polizia una larga discrezionalità nell’accertamento del reato e nella formulazione della notitia criminis. La bozza di decreto legge approvata dal governo prevede anche una modifica al Codice antimafia introducendo misure di prevenzione personali come la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per gli indiziati dell’ “invasione per raduni pericolosi”. Cosa si intende per “invasione”, e se si tratta di un raduno “pericoloso” rimane affidato all’esclusivo potere discrezionale delle autorità di polizia. Nella bozza di decreto legge non si indicano infatti i presupposti in base ai quali definire il concetto di invasione o accertare gli indici di pericolosità del “raduno”.
Il decreto esprime bene un preoccupante squilibrio di potere tra la funzione di governo e la residua funzione legislativa che rimane alle camere, risultando già per questo in contrasto con il dettato costituzionale. Il secondo comma dell’art. 77 Cost, anche alla luce dell’art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, “impone il collegamento dell’intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell’eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento”. Si è colta l’occasione del rave party di Modena per un provvedimento che non appare certo legato ad un “caso straordinario di necessità ed urgenza”, mentre rimangono accantonate emergenze di natura economica, sanitaria ed ambientale che affliggono la vita quotidiana di tante persone.
Il ricorso alla decretazione di urgenza è preoccupante non solo per la consistenza quantitativa del fenomeno, ma anche per le evidenti forzature cui sono sottoposti i concetti di straordinaria necessità e urgenza fissati dall’art.77 della Costituzione. La Corte costituzionale in passato ha valutato con rigore i requisiti della straordinaria necessità e urgenza, rilevando che «l’esistenza e l’adeguatezza della situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di uno strumento eccezionale quale il decreto legge, ne costituiscono un requisito di validità costituzionale, sicché l’eventuale palese mancanza di esso configura (…) un vizio di legittimità costituzionale del decreto legge».
Il Presidente della Repubblica firmerà il decreto ignorando la portata di questi rilievi ?
Il contrasto di questa grave involuzione antidemocratica che fin dai primi atti sembra costituire la cifra del nuovo governo Meloni non si può tuttavia esaurire nelle aule di giustizia o all’interno del nostro paese, ma impone una quotidiana responsabilizzazione di tutti i cittadini democratici per la difesa degli spazi di partecipazione e di solidarietà sui territori ed una internazionalizzazione della questione democratica in ambito europeo.
Oggi l’attacco si porta nei confronti degli spazi sociali occupati e delle fasce giovanili più esposte all’esclusione. Ma già domani nel mirino dei decreti d’urgenza del governo potrebbero esserci le povertà, vecchie e nuove, e tutti coloro che lottano nei territori per difendere la pace, il lavoro, l’ambiente ed i diritti sociali che saranno calpestati dalle misure che il governo si appresta ad adottare ricorrendo alla decretazione d’urgenza, con il Parlamento ridotto ad un ruolo di mera ratifica. Il decreto legge appena approvato in bozza denota la volontà di affrontare questioni sociali sempre più gravi, inclusa la questione dell’uso di sostanze stupefacenti, con misure meramente repressive a scopo di deterrenza, misure di carattere penale che riusciranno soltanto a creare altra emarginazione ed a affollare le aule giudiziarie e le carceri. Contro tutto questo si dovranno moltiplicare e rafforzare le tante resistenze diffuse che già esistono nei territori ed affiancare alla difesa legale la comunicazione sociale e la partecipazione di tutti e di tutte alla difesa attiva delle libertà e dei diritti sanciti dalla Costituzione.