È di martedì 8 una nota del Ministero dell’Istruzione e del Merito (com’è stato eufemisticamente appena ribattezzato) circa “il giorno della libertà”, ricorrenza istituita nel 2005 dal Parlamento italiano per rievocare la caduta del muro di Berlino, avvenuta il 9 novembre 1989.
Il prof. Giuseppe Valditara invia una lettera agli studenti (da leggere in tutte le classi), che suona come una criminalizzazione del comunismo e un elogio sperticato della liberaldemocrazia, “ordine politico e sociale imperfetto […] e tuttavia l’unico che possa dare garanzie di umanità, giustizia, libertà, verità”, valori senz’altro impegnativi e che, in realtà, nessuna parte politica ossia nessuno schieramento parziale e di classe dovrebbe intestarsi da solo o arrogarsi il diritto di interpretare univocamente e realizzare.
Del comunismo si dice che “nasce come una grande utopia” e che perciò, come tutte le utopie che sognano una felicità nella storia, si traduce in totalitarismo (si avverte l’eco delle critiche tradizionali al giacobinismo da Hegel a Croce). Il socialismo reale, dunque, non avrebbe potuto esitare altro che in “regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e di brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare”. E per infiorettare questa frettolosa analisi viene addirittura citato (a sproposito, perché il filosofo si riferiva qui alla condizione esistenziale e non alla storia) Pascal: “L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia”.
È chiaro che l’esperienza dei comunismi realizzati, in tutta la sua complessità e nelle sue varietà geografiche, non può essere in alcun modo giustificata nei suoi risvolti totalitari (da Stalin a Ceauşescu), ma va certamente contestualizzata e studiata senza acrimonia né pregiudizi ideologici. E qui cito io un filosofo, Spinoza: “la scienza non deve detestare né irridere, ma comprendere”.
Detto questo, la circolare ministeriale investe una questione di correttezza istituzionale: in un regime che si pretende democratico, non può essere considerato lecito che un ministro approfitti del proprio ruolo per esprimere, in documenti ufficiali (e per giunta con un obbligo di diffusione che suona come obbligo di propaganda), giudizi di parte su fatti storici controversi e con evidenti ricadute sulla valutazione del presente.
Se, dunque, c’è un vulnus nel metodo, a mio parere ce n’è anche un altro nel merito. Infatti, l’episodio della caduta del muro viene tout court letto, con un approccio riduzionistico e semplificatorio, tipico di ogni ideologia, come simbolo del crollo del comunismo. Al di là del fatto che l’implosione dell’URSS avvenne due anni dopo, in conseguenza del golpe di Eltsin, e, secondo lo storico Hobsbawm, per aver tentato Gorbacëv di introdurre contemporaneamente liberalizzazione economica e pluralismo politico, con ciò indebolendo irrimediabilmente lo Stato, questa lettura trascura affatto le ragioni economiche dell’evento.
Viene creata la Grosse Deutchland, colosso economico capace di influenzare, talvolta in antagonismo con la Francia (e con la Gran Bretagna che poi ne sarebbe uscita), tutta l’Unione Europa e le sue politiche neoliberistiche. Eppure proprio Gorbacëv aveva acconsentito all’unificazione delle due Germanie, divise dal dopoguerra, a patto che la Nato non si espandesse ulteriormente ad Est, cosa che invece ha fatto e continua testardamente a fare. Io credo, pertanto, che quel 9 novembre 1989 molto ci possa spiegare delle instabilità geopolitiche attuali e della presente crisi della globalizzazione che l’Ucraina sta amaramente pagando.
Quali saranno le macroregioni economiche del futuro? Bric, Eurasia a controllo russo, area asiatica russo-cinese con controllo sulle materie prime dell’Africa e proficue relazioni col Sud America? Il dragone a stelle e strisce sembra lanciare gli ultimi colpi di coda avvelenati… E l’Europa come si collocherà? Controllata dalla Nato e dagli Stati Uniti oppure, com’è negli interessi tedeschi, proiettata verso l’Est asiatico (gli attentati ai gasdotti North Stream, che congiungono la Russia e la Germania e da lì approvvigionano l’Europa, dimostrano come sia una necessità imprescindibile per gli USA sabotare tali canali di collegamento, per mantenere un incerto monopolio energetico sull’Occidente).
Ecco, a me pare, che la caduta del muro, con la nascita della Grande Germania e il rinnovo delle sue storiche pretese egemoniche, in un mondo certamente cambiato e sempre più complesso, rappresenti proprio l’ouverture della scrittura ancora in fieri dei nuovi equilibri geoeconomici planetari, dei quali le guerre sono dolorosissimo strumento.
Invece la semplificazione propagandistica governativa ottunde le coscienze e impedisce di provare a capire; blocca le giovani menti sul cammino della ricerca, che ama chi non pretende di possedere la verità.
Toccherà agli insegnanti, nelle aule, a partire da una lettura critica di questa lettera, invitare a pensare. L’«assenza di pensiero» genera «la banalità del male», come metteva in guardia Hannah Arendt.