Sono passati due mesi dalla morte di Mahsa Amini, la giovane donna curda morta lo scorso 16 settembre a causa delle percosse mentre si trovava in custodia della polizia morale a Teheran. In questi due mesi abbiamo assistito a un’evoluzione di quella che a questo punto tutti dovremmo chiamare Rivoluzione.
La protesta era nata per la morte di Mahsa, poi abbiamo assistito all’enorme corteo fino alla sua tomba i giorni seguenti alla sua morte e abbiamo visto le donne scendere in prima linea e combattere contro il velo islamico. Poi le rivolte non hanno avuto più come obiettivo la rimozione dell’hijab, ma hanno coinvolto altre fasce della popolazione nella richiesta di libertà. Si sono uniti studenti, professori, intellettuali, calciatori e esponenti iraniani della politica e dello sport.
Abbiamo visto giovani ragazzi togliere il turbante ai mullah, li abbiamo visti nelle strade a mani nude andare contro le forze di sicurezza. Un ragazzo tra i tanti minorenni è stato ucciso con un colpo in testa, caricato su un camioncino e coperto da un cartellone pubblicitario. Come fosse merce e quel corpo non è stato restituito alla famiglia; per averlo indietro dovranno pagare, ma non hanno soldi a sufficienza e quindi chissà quando avrà una degna sepoltura.
Abbiamo assistito con gioia al rilascio di Alessia Piperno, la giovane italiana detenuta da settembre nel famigerato carcere di Evin.
In questi due mesi ci siamo indignati e abbiamo pianto tanto, quando è morta Nika Shahkaram. Il governo voleva farlo passare come un suicidio, invece un video incastra le forze di polizia. Nika aveva solo 16 anni; è stata uccisa a manganellate e violentata ripetutamente. La famiglia al momento del lavaggio del corpo prima del funerale ha notato un grande e lungo taglio sulla parte centrale del corpo. Le sono stati rimossi gli organi interni per non mostrare i residui del liquido seminale. Orrore che si aggiunge a tante altre storie di ragazzi e ragazze uccisi chi dalle botte chi dai colpi dei fucili dei Basiji, le forze di sicurezza iraniane.
Abbiamo visto la politica internazionale muoversi cautamente. La Germania ha preso posizione contro il regime islamico richiamando tutti i suoi cittadini in patria. Pubblicando le foto del Presidente Emmanuel Macron con l’attivista esule iraniana Masih Alinejad la Francia ha sicuramente sfidato apertamente il regime. La Francia, è sempre bene ricordarlo, è lo stesso paese in cui venne mandato in esilio l’Ayatollah Rohollah Komeini, che con un volo Air France partito da Parigi e atterrato a Teheran diede vita alla rivoluzione islamica del 1979 che cambiò radicalmente la vita di milioni di iraniani.
Oggi nonostante tutto questo la Repubblica Islamica dell’Iran si appresta ad impiccare il primo manifestante arrestato durante le proteste. Non si conosce ancora il suo nome e la sua identità, non è stata rivelata, ma è stato giudicato colpevole di “aver appiccato il fuoco a un edificio governativo, turbato l’ordine pubblico, cospirato per commettere un crimine contro la sicurezza nazionale, inimicizia verso Dio e corruzione sulla terra”.
E non sorprende che 227 membri del Parlamento si siano detti favorevoli all’impiccagione dei manifestanti arrestati durante le proteste, oltre 15 mila.Tra loro Hossein Ronaghi, un’attivista e blogger arrestato più volte, l’ultima a seguito delle proteste dopo la morte di Mahsa Amini. Durante la sua detenzione è stato picchiato, torturato, gli sono state spezzate le gambe e non gli sono state date cure.
Proprio per le sue critiche condizioni di salute, dopo 40 giorni di sciopero della fame, da qualche giorno è stato trasportato dal carcere all’ospedale. Incredibile la folla che si era recata sotto l’ospedale per far sentire tutta la solidarietà e la vicinanza del popolo cantando slogan contro Khamenei.
L’Iran oggi è tutto questo, un paese in rivolta. Con una nazionale di calcio che ha tradito il proprio popolo. A nulla sono servite le tante richieste della comunità internazionale di escludere il Team Melli dalle competizioni in Qatar. Anche la sottoscritta aveva inviato una lettera al presidente della Fifa Gianni Infantino.
“Come può la FIFA – avevo chiesto – legittimare un regime misogino ed obsoleto che non ha alcun rispetto della vita umana? Perché dare la possibilità a una squadra (forse anche in disaccordo con lo stesso sistema dittatoriale) di essere portavoce in un contesto internazionale di un regime, che sotto gli occhi de mondo sta perpetrando tante atrocità? Eppure nello statuto della FIFA si parla di Diritti Umani e di condanna a ogni sorta di discriminazione. L’organismo che lei presiede, ente sportivo seguito da milioni di tifosi, dovrebbe dare l’esempio e escludere dai Mondiali la nazionale dell’IRAN, in quanto rappresentante di uno Stato cruentemente liberticida.”
E invece il Team Melli è in Qatar. Prima di partire tutta la squadra è stata ricevuta dalla Guida Suprema Khamenei e dal presidente Raisi e il resto della comunità iraniana ha visto questo gesto come un affronto, una mancanza di rispetto nei confronti dei ragazzi e delle ragazze morte in questo periodo. Li hanno chiamati ‘venduti’ perché pare che gli sia anche stato suggerito, pena la mancata retribuzione, di non astenersi nel cantare l’inno nazionale come fatto in precedenza per protesta da altre squadre.
In tutto questo l’immagine di due ragazzi, lei in jeans e senza velo e lui che mentre la bacia le stringe la mano nel traffico di Shiraz è qualcosa di sorprendente. Mai sarebbe stato possibile un tale atteggiamento in pubblico in Iran fino a due mesi fa.
E questa non può che essere chiamata Rivoluzione Iran 2022.