Di ritorno dalla bella manifestazione per la pace svolta a Roma il 5 novembre scorso 2 sono le domande- riflessioni che mi sto ponendo.
Una viene costantemente ripetuta da coloro che questa manifestazione hanno contrastato, boicottato, inventandosi una contromanifestazione a Milano: si dice che non può esistere pace senza giustizia e dunque chiedere pace senza preoccuparsi di ripristinare una giustizia, vera o presunta, violata è ipocrisia, quando non connivenza col “nemico”; infatti noi pacifisti veniamo definiti ipocriti e “putiniani”. Rispondere a questi che ci pongono questa domanda non serve a niente, perché la loro è una provocazione, ma il problema c’è, eccome!
Tante volte ci siamo detti che la vera pace non si può costruire accettando il sopruso, lo sfruttamento, le diseguaglianze, e che precondizione per la vera pace è quantomeno la ricerca di condizioni che eliminino questi fenomeni. Dunque non ci può essere pace dove non c’è giustizia, ma a questo punto sorge un’altra domanda: ci può essere giustizia dove non c’è pace? Non è la guerra la negazione stessa di ogni giustizia, un evento che tutto piega alle sue esigenze, dove la vita umana non ha più alcun valore? Non è la pace la precondizione su cui si possa iniziare e condurre un cammino, pieno di conflitti, ma non guerre, verso una sempre maggior giustizia?
Per questo nella convocazione della manifestazione del 5 novembre si mette al primo punto “cessate il fuoco”, attenzione! Non la pace, che è obbiettivo da raggiungere, non alla portata oggi; ma che si fermino le armi, si cessi di uccidere. Solo una volta tacitate le armi sarà possibile innanzitutto avviare una trattativa vera, che coinvolga tutti gli attori, non solo i 2 che si stanno combattendo sul campo, che cerchi di venire incontro alle esigenze di tutti questi attori, nel rispetto della libertà e della sovranità di tutti. Ma soprattutto solo quando cesseranno di parlare le armi sarà possibile ragionare sulle responsabilità, potranno uscire dalla clandestinità coloro che a questa guerra si sono sempre opposti, in Russia, in Ucraina e ovunque. Se la prospettiva è la vittoria militare essa sarà comunque sempre ingiusta per qualcuno, darà libero sfogo alle vendette che sono il contrario della giustizia.
Ma noi oggi siamo di fronte ad un’altra terribile prospettiva, essendo la guerra principale tra Russia e USA, potenze che hanno circa 3000 bombe nucleari a testa, in grado di distruggere il pianeta più volte, detenute in spregio del diritto internazionale, visto che è in vigore il Trattato ONU che le mette al bando, non dimentichiamolo mai. La Russia non accetterà di perdere la guerra, e non esiste possibilità di guerra nucleare limitata, questa sì è un’ingenuità da “anime (non) belle”.
Fermare questa macchina infernale, ormai senza guida, prima che sia troppo tardi, dovrebbe essere dovere morale di ogni uomo o donna, altrimenti proprio l’Ucraina sarà la prima regione ad essere distrutta e resa inabitabile per decenni, con tutti i suoi abitanti, e noi a seguire.
L’altra domanda che mi è stata posta da un’amica pochi giorni prima di partire per Roma è : “ma servono le manifestazioni per la pace?”. Altra domanda da prendere sul serio anche se chi la pone (non è il mio caso) spesso lo fa in maniera provocatoria.
Ad una disamina storica le principali guerre del Novecento ed anche dopo sono state precedute da punte alte della mobilitazione pacifista; era così nel 14-18, negli anni 30, e possiamo ricordare la prima (‘91) e seconda (‘03) guerra nel golfo. Dunque sembrerebbe che le manifestazioni non servano a fermare le guerre.
Forse non sono sufficienti a fermarle, ma un grande ed ampio movimento per la pace può determinare cambiamenti importanti nella politica interna ed internazionale.
Pensiamo al grande movimento di opposizione agli euro missili degli anni ’80: non riuscì a fermare l’installazione degli euromissili ma contribuì all’avanzare di proposte come l’opzione zero, ebbe influenza anche oltre cortina, tanto che lo stesso Gorbaciov affermò essere stato proprio quel movimento, prevalentemente occidentale, ma con agganci anche all’Est, persino nel PCUS, una delle spinte ad una nuova politica di pace che portò poi non solo allo smantellamento degli euro missili, ma ad azioni di disarmo globale come mai ce ne furono al mondo.
Nel 2014 una grande mobilitazione, invocata da papa Francesco, fermò una campagna di bombardamenti, già preparata e pronta a partire sulla Siria.
Dunque una manifestazione da sola non serve, ma come espressione di un movimento per la pace diffuso, è utilissima.
Oggi questo movimento ha un grande ed autorevole “animatore”: papa Francesco. Va diffuso oltre i confini italiani, deve espandersi in Europa ed in America, ma soprattutto deve collegarsi agli obiettori ed oppositori russi. La grande sfida è riuscire a vedere manifestazioni per la pace in Russia.
Noi oggi viviamo una vera e propria campagna pro-guerra in cui la difesa della libertà degli ucraini costituisce la giustificazione, ma che va ben oltre la questione ucraina e che è guerra tra due imperialismi.
La manifestazione di Roma del 5 novembre ha ridato visibilità, coraggio e forza ad un movimento per la pace che ora deve continuare l’impegno contro tutti gli imperialismi e per una pace giusta in Ucraina, nel Medio Oriente, in Africa e dovunque nel mondo e che sarà un processo lungo che i conflitti armati possono solo rallentare e mai aiutare.
Dunque in piedi amanti della pace, fermiamo questa gierra e la gigantesca corsa al riarmo in corso. Non abbiamo rappresentanza politica, ma abbiamo il sostegno ancor troppo debole della maggior parte del nostro popolo.
Paolo Candelari