Il primo studio di questo tipo raccomanda di migliorare il tenore di vita degli addetti ai parchi naturali, per salvaguardare la vita sulla Terra.
I governi di tutto il mondo si sono riuniti per impegnarsi nella potenziale protezione del 30% delle terre ancora selvagge esistenti nel pianeta entro l’anno 2030. Il progetto, chiamato anche “30 per 30”, è il risultato di un nuovo studio che ha rivelato la forte mancanza di guardiaparco e di altro personale, per gestire efficacemente le attuali aree protette e conservate.
Il documento, pubblicato il 20 ottobre 2022 sulla rivista Nature Sustainability, esorta governi, donatori, proprietari terrieri privati e ONG a quintuplicare il numero di guardiaparco e altri addetti, per raggiungere gli obiettivi a livello globale, in termini di benefici economici, culturali, spirituali e di ecosistema.
“Il nostro sistema di aree protette è il supporto vitale del pianeta, in quanto fornitore di acqua e aria pulita per gli esseri viventi, oltre a immagazzinare carbonio e prevenire la perdita di biodiversità”, ha dichiarato Mike Appleton, direttore della gestione delle aree protette di Re:wild e principale autore del documento. “Eppure ci sono più persone impiegate nei campi da golf e nei country club negli Stati Uniti, che guardiaparco nel mondo intero”. L’obiettivo del progetto “30 per 30” è un traguardo importante, ma non ha senso se non siamo disposti a investire nelle persone per gestire questi luoghi in modo efficace e sostenibile”.
“Analizzare i dati è stato impegnativo, emozionante, ma anche deprimente. I nostri dati hanno rivelato la deplorevole inadeguatezza della situazione attuale. Ma la buona notizia è che abbiamo stabilito una base da cui partire per andare avanti”, ha dichiarato Alexandre Courtiol coautore e membro del Leibniz Institute for Zoo and Wildlife Research.
Utilizzando i dati raccolti in 176 Paesi e territori, lo studio stima che in tutto il mondo ci siano solo 555.000 addetti alle aree protette, responsabili del 17% della superficie terrestre mondiale (oltre 20 milioni di chilometri quadrati).
Il personale delle aree protette comprende persone che dedicano almeno il 50% del loro tempo alla gestione delle aree protette. I guardiaparco, un sottoinsieme del personale addetto a queste aree protette, sono “coinvolti nella protezione pratica e nella conservazione di tutti gli aspetti delle aree rimaste selvagge oltre che dei siti di importanza storica e culturale”.
Ci sono solo 286.000 guardiaparco che gestiscono direttamente le aree protette, fanno rispettare le leggi, si relazionano con i visitatori e le comunità locali e monitorano la fauna selvatica. I guardiaparco fungono anche da guide turistiche, vigili del fuoco e difensori dell’ambiente, tra gli altri ruoli.
“I ranger gestiscono le nostre aree protette e tutelate senza il supporto necessario per svolgere il loro lavoro in sicurezza. In molti casi, questi individui mettono a repentaglio la loro vita affinché il resto di noi possa godere di aria fresca, acqua limpida e di un pianeta sano. Per mantenere la motivazione dell’attuale forza lavoro, garantirne la professionalità e attirare le nuove leve che sarebbero necessarie, dobbiamo affrontare i problemi e fornire a queste persone il riconoscimento e le risorse di cui hanno bisogno e che meritano”, ha dichiarato Mónica Álvarez Malvido (coautrice), responsabile dello sviluppo della Federazione Internazionale dei guardiaparco.
Esempi di aree protette sono i parchi nazionali, le riserve naturali, le riserve paesaggistiche, i monumenti naturali, i parchi regionali e alcune aree che godono della sostenibilità di una gestione indigena o comunque tradizionale.
Per realizzare il piano “30 per 30”, è necessaria una forza lavoro di almeno 2,9 milioni di persone, tra cui 1,53 milioni di guardiaparco in più. Oltre alle aree protette dai governi, molti nuovi tipi di aree dovranno essere conservate da personale del settore privato e no-profit e, soprattutto, dalle stesse comunità indigene e locali che già gestiscono i propri territori.
Questa è la prima stima del numero globale di personale delle aree protette dal 1999 e la prima in assoluto che include specificamente i guardiaparco. Lo studio è stato condotto grazie a una collaborazione tra Re:wild, la Commissione mondiale per le aree protette dell’IUCN, il Leibniz Institute of Zoo and Wildlife, il WWF, la Game Rangers Association of Africa, la International Ranger Federation e la Ranger Federation of Asia.
“Questo lavoro critico è decisamente attuale, poiché la nostra esistenza su questo pianeta sta sempre più soffrendo delle crisi provocate dall’uomo, dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità”, ha dichiarato Madhu Rao, presidente della Commissione mondiale per le aree protette della IUCN. “Affinché qualsiasi Paese o regione possa avere una possibilità di raggiungere gli ambiziosi obiettivi globali che sono stati fissati per mitigare questi effetti dannosi, è necessario un investimento significativo nel personale incaricato di proteggere la fauna selvatica, gli ecosistemi naturali, le risorse naturali e le comunità e le culture che li hanno sostenuti per millenni. Per rendere significativi ed efficaci questi ambiziosi obiettivi a livello globale, abbiamo bisogno di personale più impegnato, più competente e adeguatamente sostenuto sul campo”.
Lo studio sottolinea inoltre la necessità non solo di rafforzare la forza lavoro, ma anche di riconoscere la gestione delle aree protette come un servizio professionale di vitale importanza, allo stesso livello del personale medico e del pronto soccorso. Altri studi hanno dimostrato che in molti Paesi il personale delle aree protette è sottopagato, scarsamente supportato e addestrato e soggetto a condizioni di lavoro inadeguate.
Per affrontare questo problema, una coalizione chiamata Universal Ranger Support Alliance (URSA) sta lavorando per attuare un piano d’azione che garantisca alla categoria dei guardiaparco condizioni di lavoro e attrezzature migliori, maggiori opportunità di formazione e apprendimento, più eque opportunità e condizioni di lavoro, e una migliore rappresentanza, tutela e trasparenza.
“L’efficacia del sistema di supporto vitale per il pianeta non si basa solo sul numero di ettari protetti, ma anche sull’investimento in personale valido e qualificate”, ha dichiarato Chris Galliers, presidente della International Ranger Federation. Se davvero vogliamo impegnarci per garantire che la nostra forza lavoro di guardiaparco sia più rappresentativa, professionale e responsabile su scala globale, dobbiamo essere in grado di assicurare una capacità e un sostegno molto maggiori, nel rispetto del loro ruolo di protettori del nostro patrimonio di animali e luoghi selvatici”. I guardiaparco possono svolgere e già svolgono un ruolo fondamentale nella riduzione delle minacce ai territori e ai mezzi di sussistenza delle comunità locali e indigene, anche per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, è urgente un più deciso impegno che consideri centrale il ruolo dei guardiaparco per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo a livello globale”.
“Il mondo ha bisogno dei guardiaparco per proteggere la biodiversità, per mantenere i servizi ecosistemici essenziali, per assicurarsi che le aree selvagge rimangano tali. I risultati delle nostre ricerche dovrebbero servire da campanello d’allarme per il mondo. È essenziale accrescere la forza lavoro dei ranger per garantire la salute delle aree protette in tutto il mondo”, ha dichiarato Andrew Tilker (coautore), responsabile delle specie asiatiche presso Re:wild, collateralmente al post-dottorato che porta avanti per il Leibniz Institute for Zoo and Wildlife Research.
Oltre a proteggere la biodiversità e le culture, il personale delle aree protette sostiene servizi ecosistemici vitali e fornisce benefici economici sostanziali alle popolazioni locali e all’economia in generale. Secondo lo studio, ogni nuovo addetto alle aree protette potrebbe generare benefici economici per un valore di almeno 28.800 dollari.
“La società deve riconoscere gli enormi benefici economici che le aree protette apportano alle comunità, alle economie e al nostro pianeta”, ha dichiarato Wes Sechrest, principale scienziato oltre che amministratore delegato di Re:wild. “Quando lo faremo, quando incominceremo a sostenere i modesti costi connessi all’impiego e al sostegno del personale addetto alla protezione del nostro pianeta, le comunità potranno trarre dei benefici dalle aree di cui sono custodi e i Paesi potranno più rapidamente muoversi verso pratiche ambientali positive per la natura e sostenibili”.
Re:wild, FFI, IRF, IUCN-WCPA e WWF sono membri della Universal Ranger Support Alliance (URSA).
Il 15° incontro della Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica si terrà quest’anno a Montreal, in Canada, dal 7 al 15 dicembre. La CDB fornisce un quadro giuridico globale per l’azione sulla biodiversità.
Traduzione dall’inglese di Daniela Bezzi. Revisione di Thomas Schmid.