L’associazione italiana, di ritorno da una carovana per la pace in Ucraina, chiede che non ci si limiti ad una manifestazione di pacifisti ma di avviare un processo di popolo che coinvolga l’intera società. Dopo le carovane in Ucraina è il momento di farle anche in Italia.
“Chiediamo al mondo della cultura e dello sport di unirsi a noi e diventare parte dell’equipaggio della speranza”.
Milano, 10 ottobre 2022 – L’Assemblea nazionale di Un Ponte Per valuta positivamente ogni proposta di mobilitazione per la pace da qualunque parte essa provenga.
La guerra nell’era atomica (quella della mutua distruzione assicurata) è uscita definitivamente dalla sfera della razionalità se mai vi è appartenuta.
Essa non è più la continuazione della politica con altri mezzi, bensì la premessa e la causa della fine della specie umana e della stessa biosfera.
E l’umanità intera, per salvare se stessa, dovrebbe unirsi in un consapevole patto di «solidarietà di specie». Ma per fare questo bisogna alfabetizzare le coscienze oggi anestetizzate dall’indifferenza o sconfortate dall’impermeabilità del potere alle ragioni delle società civili. Questa alfabetizzazione parte dai territori, dai luoghi di studio e di lavoro, deve immergersi nella società.
Per questo se da un lato salutiamo con favore le diverse proposte di una manifestazione nazionale per la pace dall’altro è fondamentale che la sua costruzione non segua riti ormai consunti ma consenta una mobilitazione che si traduca in un impegno costante e in una piattaforma programmatica che ribalti l’attuale pensiero unico bellico.
Non abbiamo bisogno di una manifestazione di pacifisti già convinti del ripudio della guerra e delle armi, ma di una manifestazione di popolo che smuova l’insieme della società, che rappresenti una rottura culturale e politica con l’attuale linea scelta da larghissima parte delle istituzioni europee e nazionali di affidare all’opzione militare la soluzione del conflitto in Ucraina.
A sette mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, contrariamente a quello affermato a reti unificate, la scelta delle armi oltre ad aver silenziato ogni possibilità di negoziato non solo lo sta allontanando, ma sta irrigidendo le parti e non ci si fa più remora di minacciare il ricorso all’arma nucleare.
Questa continua escalation è vicina al punto di non ritorno: occorre subito il cessate il fuoco e l’avvio di una Conferenza Internazionale su un sistema di sicurezza comune per tutti i popoli del nostro continente, nessuno escluso.
La situazione è talmente grave e deteriorata che illudersi d’imporre in queste condizioni un accordo sul modello di quello a suo tempo imposto a Dayton alla Bosnia Erzegovina, con la spartizione etnica dei territori e la separazione dei popoli, rischia di essere velleitario. Occorre una nuova Helsinki che escluda nuove cortine di ferro e nuove guerre fredde e ricostruisca forme di garanzia reciproche non più basate sui muscoli degli eserciti e delle armi.
Occorre rendere conveniente la pace e occorre che nessun popolo si senta più minacciato.
Alle reti di cui UPP è parte, a tutte le forze disponibili a mobilitarsi per fermare la guerra, alle forze sindacali e associative, diciamo che è giunto il momento di mettere da parte le differenze e le gelosie organizzative e mettersi a disposizione di un percorso partecipato ed includente.
Vorremmo estendere anche all’Italia l’esperienza delle carovane della pace della rete “STOP THE WAR NOW”.
Perché non svolgere da nord a sud del Paese, da est ad ovest e viceversa nelle prossime settimane una o più carovane della pace in Italia con un itinerario che veda tappe nel maggior numero di paesi e piazze in modo che, andando verso la manifestazione nazionale (della quale occorrerà da subito individuarne una data), il vento della pace si gonfi e lasci nei luoghi attraversati comitati, luoghi unitari, in cui ogni giorno proseguire l’impegno per la pace?
Chiediamo a scienziati/e, artisti/e, sindaci/che, uomini e donne dello sport e dello spettacolo, di essere parte di questo equipaggio di pace e di speranza. Ognuno deve fare qualcosa, camminare insieme nella diversità è possibile e necessario.
Il tempo per farlo è adesso.