In questi ultimi giorni sono già accadute troppe cose che non avremmo creduto potessero accadere.
E allora proviamo a immaginare il miracolo: “Julian Assange vince il Premio Sacharov per la libertà di pensiero”.
Per chi non lo sapesse Andrej Sacharov (1921-1989) è un fisico russo nato in famiglia altolocata nel periodo post rivoluzionario. Studia nei difficili anni della seconda guerra mondiale e si dedica poi, tra le altre cose, al programma nucleare sovietico con spirito patriottico, attività che prosegue anche durante la guerra fredda. Ma nella seconda metà degli anni 50 si oppone ai test nucleari per scopo bellico. Successivamente inizia ad avvicinarsi ai circoli clandestini del dissenso e nel 1968, il suo saggio Progresso, coesistenza e libertà intellettuale, circola clandestinamente con successo planetario, tanto da essere pubblicato sul New York Times. Secondo Sacharov è necessaria una legge sulla libertà di stampa e di informazione, per contrastare la censura e incoraggiare lo spirito critico e la ricerca della verità. Nel 1975 vince il Premio Nobel per la Pace ma il governo, oltre a criticare aspramente il premio e i criteri per cui gli è stato conferito (vista la sua collaborazione al piano nucleare sovietico) non gli dà il visto per uscire dalla URSS.
Nel suo discorso, letto dalla moglie che ha avuto il permesso di ritirarlo per suo conto c’è un passaggio che mi risuona in testa:
“È intollerabile pensare che, mentre noi siamo qui riuniti in questa sala per questa solenne cerimonia, centinaia, migliaia di prigionieri di coscienza soffrono duramente da anni per la fame, la mancanza di medicine, per il lavoro estenuante; tremano per il freddo, l’umidità e l’esaurimento in carceri semibuie; sono costretti a lottare incessantemente per la loro dignità umana, per difendere le loro convinzioni contro la macchina della rieducazione, che in realtà spezza le loro anime”.
Dopo 7 anni di clausura nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e 3 anni di reclusione a Belmarsch, Julian Assange è oggi candidato a un premio che non cambierà di certo quello che ha vissuto, ma che potrebbe essere un simbolo. Un messaggio simbolico al potere che, nonostante si tratti stavolta del mondo occidentale e democratico, continua a censurare, falsificare le informazioni, ipnotizzare e rincretinire (più che rieducare) attraverso la sua propaganda belligerante.
È intollerabile pensare che, accanto ad Assange, ci sia come candidato il Presidente ucraino Zelensky, il cui pensiero non ha mai dato dimostrazione di alcun tipo di libertà utile agli esseri umani.
Il Nobel per la pace è stato assegnato quest’anno a tre soggetti, tra cui Memorial, l’associazione fondata da Sacharov in Russia, la cui sede è stata chiusa dal governo ad aprile di quest’anno. Sarebbe impressionante vedere nei prossimi giorni il premio Sacharov in mano a qualche rappresentante di Julian, perché ovviamente lui non potrebbe riceverlo di persona, come simbolo di sfida al potere di quest’altra parte, come a dire a entrambi: non siete invincibili, noi umani siamo più forti.
La commissione che assegnerà il premio avrà il coraggio di farlo?
Recita il sito del Parlamento Europeo: “Il premio intitolato a Sacharov oltrepassa i confini, anche quelli dei regimi repressivi, per ricompensare gli attivisti dei diritti umani e i dissidenti di tutto il mondo”.
Per noi Julian Assange ha già vinto.