Bisogna fermare la follia assassina del Cremlino che colpisce i civili e punta sulla città.
Ma come? Lanciando altri missili assassini?
Vendetta su vendetta, odio su odio, occhio per occhio ci renderà tutti ciechi.
È il momento della condanna unanime del carnefice, ma bisogna farlo senza diventare come lui.
La guerra atomica la perdono tutti, chi spara prima o dopo.
Eravamo a Kiev la settimana scorsa, nella zona universitaria, bellissima, colpita oggi. La gente che abbiamo incontrato ora è nei rifugi delle stazioni della metropolitana, come topi in gabbia. È terribile.
Noi, che ora siamo qui “al sicuro”, abbiamo ancora più responsabilità: perseguire la via del
cessate il fuoco, diplomazia, Conferenza internazionale di pace. Dunque, che possiamo fare?
Se facciamo la manifestazione per la pace, ci dicono che non serve a niente.
Se non la facciamo, ci chiedono: “Perché non scendete in piazza?”
Insomma, pare proprio che la responsabilità della mancata pace sia dei pacifisti, colpevoli di non aver fatto niente, o di aver fatto troppo.
Vale quindi la pena fare un ripassino di quello che finora abbiamo fatto in questi mesi. Prima però dobbiamo fare un passo indietro, negli anni successivi al 2014, quando da soli denunciavamo che l’Italia vendeva armi alla Russia anche dopo l’annessione della Crimea: l’Ufficio export del ministero degli Esteri autorizzò, nonostante l’embargo, la vendita di veicoli blindati
terrestri Iveco per un valore di 25 milioni e fino a novembre 2021 Roma ha consegnato alla Russia
22 milioni di euro di armi e munizioni. Al governo non c’erano i pacifisti, c’erano altri …
Nel 2017, con la nostra campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons),
l’Assemblea generale ONU ha approvato il Trattato per la messa al bando della armi nucleari. Noi
abbiamo spinto affinché anche l’Italia votasse e ratificasse la decisione di liberare l’umanità dalle bombe atomiche, ma il governo (non i pacifisti!) non ha aderito, allineandosi alla posizione della Russia e degli USA di restare detentori degli ordigni che minacciano il futuro del pianeta.
Sono solo due antefatti che dimostrano come noi ci siamo mossi prima della guerra odierna, in
tempi non sospetti, per contrastare il potere militare anche della Russia, mentre altri facevano affari e permettevano a Mosca di armarsi sempre più.
Pochi giorni dopo l’inizio della guerra di aggressione, abbiamo convocato una manifestazione
nazionale a Roma (da piazza della Repubblica e piazza San Giovanni in Laterano) con il titolo
“Cessate il fuoco!”. Più di 50 mila persone si sono ritrovate sulle tre parole chiave: Soccorrere –Trattare – Disarmare, che hanno costituito la base di impegno programmatico di un movimento che velocemente si è diffuso in tutte le città.
Già ad inizio aprile è partita la prima Carovana di Stop The War Now (iniziativa che raccoglie 175
associazioni) in direzione Leopoli, con l’obiettivo di aprire un corridoio stabile per più missioni che potessero trasportare aiuti e portare in salvo più persone possibile. Nei mesi si sono succedute altre carovane, anche a Odessa e Mykolaiv, e abbiamo portato tonnellate e tonnellate di aiuti, compreso un dissalatore per assicurare acqua potabile alla città assediata, e abbiamo portato in salvo in Italia un migliaio di persone, donne e bambini, in fuga dalla guerra.
Il 18 giugno a Roma abbiamo realizzato un incontro pensato per costruire un’Europa di pace, da cui è nato un appello/proposta rivolta all’Unione Europea, e il coordinamento Europe for Peace, che il 16 luglio ha mobilitato 60 piazze italiane, con il documento “cessate il fuoco e negoziato subito”.
Il 21 settembre, lo stesso coordinamento Europe for Peace ha scritto una lettera al Segretario delle Nazioni Unite Guterres, sostenendo il lavoro “necessario a rafforzare percorsi multilaterali di Pace”.
Dal 26 settembre al 3 ottobre, abbiamo dato vita ad una nuova Carovana di pace in Ucraina, giunta fino a Kiev, per incontrare e stringere rapporti con la società civile, ed in particolare gruppi
giovanili di studenti e obiettori di coscienza e il Movimento Pacifista Ucraino.
Il 2 ottobre abbiamo celebrato la Giornata Internazionale della Nonviolenza indetta dall’ONU in terra di Ucraina.
Nel frattempo abbiamo creato relazioni costanti con i pacifisti e gli obiettori di coscienza russi, facendo informazione e sostenendo la richiesta all’Unione Europea e ai governi degli stati aderenti di offrire protezione e asilo agli obiettori di coscienza russi, bielorussi e ucraini.
Ora stiamo preparando la mobilitazione prevista nei giorni 21, 22, 23 ottobre in tutte le città italiane “verso una Conferenza internazionale di pace”.
Dopo questo percorso, verrà il momento per una nuova importante e unitaria manifestazione
nazionale che raccoglierà tutti i contenuti e le proposte elaborate fino ad oggi e si rivolgerà a tutte le parti chiamate in causa che possono davvero contribuire a creare percorsi di pace. Sarà una manifestazione popolare, alla quale sono invitati tutti coloro che condividono il programma tracciato e l’obiettivo finale: tacciano le armi, spazio al negoziato, conferenza internazionale di pace.
Una manifestazione non può fermare le bombe, ma può lanciare un messaggio di dialogo e solidarietà con le voci che in Russia e in Ucraina chiedono una pace giusta.
Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento, Esecutivo di Rete italiana Pace e Disarmo