Oggi, lunedì 10 ottobre 2022, all’avvicinarsi dell’occasione dell’insediamento delle Camere, previsto per il 13 ottobre, che dà l’avvio della nuova legislatura, 13 organizzazioni della società civile italiana ed egiziana fanno appello a tutte le forze politiche chiamate a rappresentare il popolo italiano affinché si impegnino concretamente a promuovere i principi dei diritti umani, della pace e della solidarietà tra i popoli, già sanciti dal testo costituzionale nonché pienamente in linea con gli impegni internazionali dell’Italia, nel contesto delle relazioni tra Italia ed Egitto.
Le partnership strategiche con l’Egitto- incluse quelle sull’energia e sulla difesa- non devono mettere in secondo piano gli impegni dell’Italia al rispetto dei diritti umani e al rifiuto della guerra “come mezzo di offesa alla libertà degli altri popoli”. Il grave deterioramento dello stato di diritto in Egitto ha prodotto la concentrazione di un potere arbitrario e illimitato nelle mani dell’esercito e delle forze di sicurezza, favorendo corruzione e impunità degli attori statali, nonché innescando quella che è stata definita la più grave crisi dei diritti umani nel Paese degli ultimi cento anni.
I settori strategici della cooperazione bilaterale tra Italia ed Egitto contribuiscono attivamente alla legittimazione e al rafforzamento del potere del Ministero dell’Interno e degli apparati di sicurezza egiziani, che le stesse Procedure Speciali delle Nazioni Unite hanno più volte riconosciuto essere coinvolti in gravi e sistematici abusi dei diritti umani.
Tra i settori più problematici, vogliamo ricordare quello della cooperazione di polizia, gli accordi per il controllo delle frontiere, e i commerci d’arma (incluse la vendita e la fornitura di tecnologie di sorveglianza, che in passato sono state spesso usate in violazione dei diritti umani).
Il decennio 2010-2020 ha registrato, parallelamente al deterioramento di diritti e libertà civili in Egitto, un incremento significativo del volume dell’attività di cooperazione di polizia, ivi compresi i programmi di addestramento e l’erogazione a titolo gratuito di materiale paramilitare da parte del Dipartimento italiano della Polizia di Stato, tutti finanziati per mezzo di fondi pubblici e risorse statali.
Ricordiamo che la cessione a qualsiasi titolo nonché la vendita di materiali d’armamento a Paesi coinvolti in massicce violazioni dei diritti umani o conflitti armati sono espressamente vietate dalla normativa italiana vigente. Alla luce del deterioramento dei diritti umani nel Paese, ovvero dei gravi e sistematici abusi compiuti da attori statali quali le forze di polizia e sicurezza, e il suo coinvolgimento nei conflitti armati interni e regionali (come nella penisola del Sinai, in Yemen e Libia), ampiamente documentati dalle organizzazioni indipendenti per i diritti umani e dalle stesse agenzie per i diritti umani delle Nazioni Unite, ogni fornitura o commercio di armi che abbia per beneficiario l’Egitto viola la Legge del 1990, numero 185, ed è incompatibile con gli impegni internazionali assunti dall’Italia con la firma dell’Arms Trade Treaty, entrato in vigore il 24 dicembre 2014.
Un altro settore che ha registrato massicce violazioni dei diritti umani è quello della cooperazione in materia di pattugliamento delle frontiere, respingimenti e rimpatri di persone migranti. Il respingimento alle frontiere di persone migranti viola il diritto a cercare asilo da persecuzioni sancito dalla Costituzione italiana, art.10, dalla Dichiarazione universale dei Diritti umani, e dalla Convenzione sullo status dei rifugiati, che impegnano l’Italia in questo senso.
Inoltre il respingimento o il rimpatrio forzato verso l’Egitto viola il principio di non refoulement sancito nella Convenzione di Ginevra: in considerazione del grave deterioramento dei diritti umani nel Paese, che in anni recenti ha permesso- fra le altre cose- il rimpatrio di civili verso zone di conflitto, l’eccessivo uso della forza verso persone migranti, l’arresto arbitrario e la tortura contro dissidenti impossibilitati/e dall’attuale quadro normativo internazionale a lasciare il Paese, l’Egitto non può essere considerato un Paese sicuro.
Ad aggravare questo quadro, inoltre, dall’inizio del 2022 la corsa dei Paesi europei- compresa l’Italia- all’accaparramento di fonti energetiche che possano sostituire il gas russo sta già accelerando l’escalation della conflittualità e la militarizzazione del Mediterraneo orientale (di cui la vendita delle fregate FREMM all’Egitto nel 2019 è solo un esempio). L’estrazione di gas nei nuovi Paesi fornitori quali l’Egitto è finalizzata quasi esclusivamente all’export verso l’UE, privando i produttori dell’accesso alle proprie risorse e alimentando spirali di dipendenza che impoveriscono comunità e territori e favoriscono instabilità e insicurezza nella regione.
Riteniamo che l’attuale tentativo di mitigare la dipendenza europea dal gas russo stia semplicemente spostando l’asse di tale dipendenza dalla Federazione russa a Paesi quali Egitto e Israele, che possono vantare un altrettanto triste record di violazioni dei diritti umani. Il GNL egiziano è insostenibile perché rende l’Italia complice del regime egiziano e gli fornisce legittimazione politica.
Come organizzazioni indipendenti egiziane e italiane, esprimiamo preoccupazione per il ricorso frequente al discorso d’odio contro donne, minoranze e persone migranti nell’ambito della recente campagna elettorale, e facciamo appello alle forze politiche chiamate a rappresentare il popolo italiano ad adottare misure concrete che garantiscano il rispetto dei diritti umani di tutte e tutti. Chiediamo inoltre a tutte le elette e gli eletti un impegno tangibile e proattivo alla realizzazione dei seguenti punti:
- Interrompere il commercio e ogni fornitura di armi, materiale bellico e paramilitare (anche per mezzo del congelamento delle autorizzazioni all’export) verso l’Egitto, alla luce del grave deterioramento dei diritti umani nel Paese, nonché del suo coinvolgimento nei conflitti armati nella regione, coerentemente con la L.185/1990 e gli impegni internazionali dell’Italia scaturiti dall’ATT.
- Sospendere immediatamente tutti i programmi e le attività di pattugliamento e controllo delle frontiere in collaborazione con l’Egitto, nonché di tutte le iniziative di cooperazione di polizia e in materia di sicurezza, con particolare riguardo ai programmi di formazione professionale, in vista di un’adeguata revisione di tutti gli atti aventi forza di legge e gli accordi bilaterali che abbiano per oggetto la cooperazione di polizia e in materia di difesa con l’Egitto, ivi compresi la legge del 20 marzo 2003, n.76, e l’accordo in materia di riammissioni del 2007, al fine di abrogarli in tutto o in parte, o altresì di modificarli, affinché il quadro normativo in materia di cooperazione di polizia rispecchi i principi e gli impegni internazionali dell’Italia in materia di diritti umani.
- Utilizzare tutti gli strumenti della diplomazia per facilitare il corso della giustizia rispetto al caso Regeni, contrastando l’inaccettabile ostruzionismo delle autorità del Cairo che sta attualmente mettendo a repentaglio gli sforzi della magistratura italiana nell’accertare le responsabilità nel caso mediante lo svolgimento di un giusto processo.
- Rivedere gli accordi per la fornitura di gas naturale liquefatto (GNL) con l’Egitto, destinando allo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili le risorse attualmente impiegate per l’import di fonti fossili quali il GNL. Chiediamo politiche coraggiose e tempestive per realizzare una transizione ecologica inclusiva e giusta, che svincoli l’Italia e l’Unione europea dalla dipendenza dai regimi autoritari.
Organizzazioni firmatarie:
ARCI, Cairo Institute for Human Rights Studies (CIHRS), Centro Studi Sereno Regis, Egyptian Front for Human Rights (EFHR), Egyptian Human Rights Forum ( EHRF), Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR), EgyptWide For Human Rights, El Nadim Center, Rete Italiana Pace e Disarmo, Sinai Foundation For Human Rights (SFHR), Station to Station 2 Agosto, Un Filo Rosso, Un Ponte per