Sulla base dei dati rilasciati quest’oggi, 4 ottobre dalla Commissione elettorale centrale, con il 93% delle schede scrutinate, nelle elezioni presidenziali, vale a dire per il rinnovo della presidenza collegiale a rotazione di Bosnia Erzegovina, quindi per l’elezione dei tre componenti della presidenza in rappresentanza dei tre «popoli costituenti», per la parte bosgnacca Denis Bećirović (dell’SDP, il Partito Social Democratico) sopravanza, con il 57% (poco più di 290 mila voti), Bakir Izetbegović (dell’SDA, il Partito di Azione Democratica, nazionalista), fermo a poco meno del 38%.
Si tratta di un primo risultato di rilievo dal momento che sancisce la sconfitta del partito che, dalla fine della guerra, ha pressoché regolarmente espresso il membro bosgnacco della presidenza. Per la parte croata, Željko Komšić (Fronte Democratico, liberale) è ampiamente in vantaggio, con il 54% (quasi 200 mila voti), su Borjana Krišto (Unione Democratica Croata di Bosnia Erzegovina, HDZ BiH, nazionalista), che non supera il 46%; non una sorpresa, ma certo un risultato significativo, nella dinamica del «consociativismo etnico-nazionale» proprio del sistema politico-istituzionale bosniaco. Nella Republika Srpska, per quanto riguarda l’elezione del componente serbo alla presidenza collegiale, Željka Cvijanović (della SNSD, l’Alleanza dei Social Democratici Indipendenti, già presidente della Republika Srpska), ottiene poco meno del 53% (pari a circa 300 mila voti), in netto vantaggio su Mirko Šarović (Partito Democratico Serbo, SDS, di orientamento nazionalista e conservatore), che sfiora il 36%. Molto interessante anche il risultato delle elezioni parlamentari, per il rinnovo del parlamento della Bosnia Erzegovina e per i parlamenti delle rispettive entità.
Per quanto riguarda l’Assemblea parlamentare della Bosnia Erzegovina, si affermano in sostanza i partiti tradizionali, vale a dire l’SDA con il 25%, l’HDZ BIH con il 16%, seguiti dall’SDP (il Partito Socialdemocratico di Bosnia Erzegovina) con il 13% e il Fronte Democratico di Željko Komšić con il 10%; per quello che riguarda i risultati nella Republika Srspka, l’SNSD supera il 42%, seguito dall’SDS con il 18%. Infine, per quello che riguarda il rinnovo della presidenza della Republika Srpska, Milorad Dodik (SNSD) supera il 48% con quasi 280 mila preferenze, seguito da Jelena Trivić (PDP) con il 43%. Secondo quanto osservato da Balkan Insight, la sconfitta di Bakir Izetbegović alle presidenziali e la sostanziale conferma dei partiti a base etnico-nazionale alle legislative rappresentano due tra gli elementi più significativi della tornata elettorale; a cui si deve aggiungere un terzo elemento, il nuovo, controverso, intervento dell’Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina, ad urne appena chiuse, volto a introdurre ulteriori modifiche alla legge elettorale in vigore.
Come ha riferito Balkan Insight, infatti, «l’umiliante sconfitta di Bakir Izetbegović, leader del principale partito politico bosgnacco, l’SDA, nella sua corsa per un seggio alla presidenza, è stata una delle più grandi sorprese delle elezioni bosniache di domenica. È stato anche uno dei pochi risultati elettorali certi e indubitabili il giorno dopo la chiusura delle urne». Inoltre, «anche i risultati parziali mostrano che i tre principali partiti etnici in Bosnia, l’SDA, l’HDZ e l’SNSD, hanno vinto le elezioni a prescindere dal destino incerto di alcuni leader». Interessante anche lo scenario aperto nella Republika Srspka, dal momento che «altra chiara vincitrice è stata Željka Cvijanović, del principale partito serbo-bosniaco, l’SNSD, che ha sconfitto il leader dell’opposizione serbo-bosniaca Mirko Šarović nella corsa per diventare il prossimo presidente della Republika Srpska».
Polemiche ha suscitato la decisione dell’Alto Rappresentante, Christian Schmidt, di imporre, ad urne praticamente appena chiuse, modifiche alla legge elettorale e alla costituzione dell’Entità croato-musulmana, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina. In base alla sua dichiarazione, «le decisioni introducono meccanismi di sblocco e scadenze rigide volte a salvaguardare il funzionamento della Federazione. Molte procedure sono semplificate e alcune scadenze sono introdotte, così come conseguenze in caso di inottemperanza delle scadenze. Con tali decisioni, nessun partito o eletto potrà più tenere in ostaggio la Federazione. […] È necessario che i popoli costituenti mantengano le loro salvaguardie, assicurando al contempo che queste non siano utilizzate per paralizzare il sistema. Con questa decisione ho aumentato la dimensione della Camera dei Popoli; ciò consente una distribuzione dei seggi tale da correggere la sovra-rappresentanza di tutti e tre i popoli costituenti in alcuni cantoni. […] Partiti e politici che pensano che bloccare le decisioni possa essere praticabile come strumento legittimo in Bosnia Erzegovina si sbagliano e userò in futuro tutte le mie responsabilità per lo sblocco. In ogni caso se necessario!».
Tra questi emendamenti, ad esempio, l’emendamento CXI (art. IV.A.6 c. 2), nel senso che «La Camera dei Popoli è composta da 80 delegati: 23 tra ciascuno dei popoli costituenti e 11 tra gli Altri»; l’emendamento CXVIII sulle procedure di adozione di legge di interesse vitale modifica poi il meccanismo procedurale per tali fattispecie; inoltre si garantisce che i delegati dei popoli Altri siano nominati da tutti e dieci i cantoni della Federazione.
Come si diceva, le critiche non sono mancate; come riportato dall’ANSA, «l’UE prende atto della decisione dell’Alto Rappresentante di modificare la costituzione della Federazione di Bosnia ed Erzegovina (FBiH) e la legge elettorale della Bosnia Erzegovina (BiH). Si tratta di una decisione del solo Alto Rappresentante. I poteri esecutivi dell’Alto Rappresentante dovrebbero essere utilizzati esclusivamente come misura di ultima istanza contro atti illegittimi irreparabili».