Il 9 maggio 2021 Moussa Balde è stato selvaggiamente aggredito e picchiato da tre italiani a Ventimiglia

Moussa, il 10 maggio, il giorno dopo l’aggressione, è entrato in stato di detenzione nel centro per rimpatri (CPR) di Torino, dove è stato segregato nell’area chiamata “Ospedaletto”, ora chiusa, nella quale si è tolto la vita 13 giorni dopo. Una vicenda dolorosissima, sulla quale tutt’ora pende un’indagine della Procura di Torino.

Moussa è stato rinchiuso nel CPR di Torino nonostante da anni non si siano effettuati rimpatri in Guinea Conakry, il suo Stato di origine. Era peraltro noto alle Autorità avendo fatto domanda di protezione internazionale, che gli è stata negata. Resta quindi estremamente controversa la sua detenzione nel CPR di Torino, che può avvenire a fini di rimpatrio (di fatto impossibile nel suo caso) e per l’identificazione (era già noto).

Ieri ad imperia è cominciato il processo che vede imputati i tre italiani che hanno pestato Moussa a Ventimiglia: Ignazio Amato, Francesco Cipri e Giuseppe Martinello. L’accusa è di lesioni aggravate.

Il Giudice Mineri ha accolto la costituzione di parte civile della famiglia, ma non delle associazioni: Rete Sanremo Solidale, Popoli in Arte e Alternativa Intemelia.

L’Avvocato Vitale, patrocinante della famiglia Balde, ha dichiarato con chiarezza che la famiglia di Mussa non è d’accordo sulla decisione della Procura – l’accusa è affidata al PM Scorza Azzarà – di derubricare l’aggravante dell’odio etnico (“razziale”) a carico degli imputati.

Presente al processo Thierno Balde, il fratello di Moussa che, ringraziando tutti coloro che in Italia difendono i diritti, ha auspicato che sia fatta giustizia.