Volendo semplificare il concetto di “sovranità alimentare” è il diritto di ogni popolo della terra ad alimenti e produzioni sane, nate da metodi e filiere sostenibili e legate alla tradizione, nonché il loro diritto a organizzare e normare giuridicamente il proprio sistema agricolo e alimentare nel rispetto degli ecosistemi, della cultura agroalimentare autoctona e della sostenibilità. In questi giorni sentiamo parlare la Premier Meloni e suo cognato, il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, di “sovranità alimentare”, un concetto ben lontano da sovranismo, nazionalismo e sciovinismo politici di molti partiti conservatori, come Fratelli d’Italia, spesso finanziati dalle lobby dell’agrobusiness come la destra di Bolsonaro in Brasile. Di questo ne parliamo con Antonio Lupo, oncologo ed ematologo ex-Primario all’Ospedale Niguarda di Milano, membro del Comitato Amigos Sem Terra Italia, ambientalista da molti anni a fianco del Movimento Sem Terra in Brasile, con cui ha avuto esperienza di medicina territoriale, e del Movimento La Via Campesina, una delle più grandi organizzazioni contadine e ambientaliste del Sud del Mondo a cui aderiscono più di 200milioni di contadini.
Dove e quando nasce l’espressione “sovranità alimentare” e cosa significa?
Il concetto di Sovranità Alimentare è stato introdotto per la prima volta durante la Conferenza Internazionale della Coalizione Internazionale Via Campesina a Tlaxcala, in Messico, nell’aprile 1996. Ritengo che la migliore definizione di Sovranità Alimentare sia quella contenuta nella Dichiarazione di Nyéléni, prodotta dal Forum Internazionale sulla Sovranità Alimentare in Mali nel febbraio 2007, che ha visto la partecipazione di più di 500 delegazioni di movimenti contadini e organizzazioni della società civile, provenienti da 80 Paesi:
« La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. Questo pone coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti nel cuore dei sistemi e delle politiche alimentari e al di sopra delle esigenze dei mercati e delle imprese. Essa difende gli interessi e l’integrazione delle generazioni future. Ci offre una strategia per resistere e smantellare il commercio neoliberale e il regime alimentare attuale. Essa offre degli orientamenti affinché i sistemi alimentari, agricoli, pastorali e della pesca siano gestiti dai produttori locali. La sovranità alimentare dà priorità all’economia e ai mercati locali e nazionali, privilegia l’agricoltura familiare, la pesca e l’allevamento tradizionali, così come la produzione, la distribuzione e il consumo di alimenti basati sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La sovranità alimentare promuove un commercio trasparente che possa garantire un reddito dignitoso per tutti i popoli e il diritto per i consumatori di controllare la propria alimentazione e nutrizione. Essa garantisce che i diritti di accesso e gestione delle nostre terre, dei nostri territori, della nostra acqua, delle nostre sementi, del nostro bestiame e della biodiversità, siano in mano a chi produce gli alimenti. La sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali libere da oppressioni e disuguaglianze fra uomini e donne, popoli, razze, classi sociali e generazioni.»
Questo concetto impone un rigetto del modello economico attuale e della globalizzazione neoliberista, pensando invece ad un nuovo modello di gestione delle risorse alimentari? Il modello di produzione di cibo nato nel 1960 con la “Rivoluzione Verde” è via via degenerato, soprattutto nel mondo occidentale in un modello di:
a) ipersfruttamento delle risorse naturali (Terra, Acqua, Energia ecc) ed iperproduzione di cibo industriale, cioè l’agrobusiness, e b) aumento del consumo di cibo, un cibo in gran parte di cattiva qualità, per la presenza di residui di pesticidi e altri tossici e definito anche cibo spazzatura (junk food) per il contenuto calorico eccessivo e la mancanza di nutrienti necessari al corpo. Il risultato è che oggi abbiamo 2 miliardi di obesi-sovrappeso e circa di 800 milioni di affamati.
Il nuovo modello necessario può ripartire, insieme alle nuove conoscenze biologiche, anche dalla vecchia saggezza, dalle tradizioni indigene soprattutto. E anche da “Produciamo ciò di cui abbiamo bisogno, consumiamo quello che produciamo”, le parole semplici che il Presidente socialista rivoluzionario burkinabè Thomas Sankara pronunciò nel luglio 1987, pochi mesi prima di essere assassinato, al vertice di Addis Abeba dell’Organizzazione degli Stati Africani centrato sull’annullamento del debito estero e sul disarmo. Con queste parole Sankara indicava la strada per uscire dal vecchio colonialismo, ancora più imperante oggi, soprattutto in Africa e America Latina, sotto forma di estrattivismo minerario e di materie prime agricole ad uso esportazione.
Un esempio interessante di “sovranità alimentare” e di “democrazia alimentare” sono state le politiche dei governi di sinistra di Evo Morales in Bolivia e di Hugo Chavez in Venezuela. Come lo applicarono?
Venezuela e Bolivia sono due realtà assai differenti:
Il Venezuela è grande 3 volte l’Italia,28 milioni di abitanti, l’8% dei lavoratori è contadino, gli indigeni solo il 2,9%, ma soprattutto il Venezuela è un enorme pozzo di petrolio.
Chavez, ispirandosi alla Sovranità Alimentare, ha cercato di cambiare, calmierando i prezzi dei prodotti importati e spingendo ad utilizzare la terra per coltivare e produrre cibo. Il Movimento Sem Terra del Brasile ha mandato contadini per aiutare e insegnare a coltivare. Con Chavez qualche miglioramento è avvenuto in un’ottica di quello che lui chiamava ecosocialismo: ha raggiunto l’obiettivo di sviluppo del Millennio e l’obiettivo del Vertice Mondiale sull’Alimentazione e, tra il 1998 e il 2013, la fame è stata ridotta dal 21,10% a meno del 5%, portando circa il 95,4% della popolazione venezuelana a consuma tre o più pasti al giorno. Inoltre, in cifre assolute, prima del 1998 in Venezuela c’erano 5 milioni di persone affamate, mentre nel 2015 la cifra non raggiungeva i 500mila. Dal 2005 al 2015, i governi di Chavez e Maduro hanno investito 142 miliardi di dollari per le missioni alimentari rivolte alla popolazione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal 1998 al 2015, la malnutrizione in Venezuela è diminuita del 57%, non venendo più classificata come problema di salute pubblica1. Oggi la situazione è purtroppo cambiata perché, con il bloqueo USA, i tentati golpe e le guerre economiche a livello mondiale sul prezzo del petrolio, in Venezuela dal 2018-2020 c’è stato un aggravamento in Venezuela con un aumento di denutrizione negli ultimi tre anni, dopo un miglioramento negli anni precedenti2. Altro caso invece è la Bolivia, grande 3 volte e mezzo l’Italia, circa 12 milioni abitanti, gli indigeni sono almeno il 40% e il 30% sono i contadini. La Costituzione Plurinazionale Boliviana all’articolo 407 garantisce la Sovranità Alimentare, dando la priorità alla produzione e consumo di prodotti locali culturalmente adeguati. Il governo Morales e la forte presenza di indigeni ha reso fondamentale e diffuso il concetto di Buen Vivir, che comprende il saper alimentarsi, saper combinare i cibi adeguati secondo le stagioni dell’anno (alimenti stagionali). Il “cocalero” Morales ha dato un grande impulso alla Bolivia, con miglioramenti economici, alfabetizzazione ecc, ma ha anche autorizzato in seguito una crescita dell’estrattivismo minerario, in particolare per l’estrazione di Litio, minerale fondamentale tra l’altro per le batterie delle auto elettriche, di cui la Bolivia ha la principale riserva al mondo.
Anche la massima teorica dell’ecologia sociale al mondo, Vandana Shiva, ha sempre parlato di “sovranità e democrazia alimentari”. In quale contesto?
Fra pochi giorni Vandana Shiva compie 70 anni, spesi in battaglie fondamentali che originano dall’essere nata in India.
Dopo aver studiato Filosofia in Canada è tornata in India nel 1982 e da allora si è occupata di agricoltura, perché la metà della popolazione indiana vive ancora nelle campagne e lavora nel settore primario (agricoltura, allevamento, legname, pesca), quindi parliamo di circa 650 milioni di persone.
In India ci sono ancora oggi circa 250 milioni di persone che soffrono la fame. Trenta anni fa l’India è stata teatro del tentativo di introduzione da parte dell’agrobusiness del Golden Rice, un riso OGM arricchito con pro-vitamina A per combattere la cecità infantile. Vandana iniziò la battaglia contro di esso, le monoculture e l’uso di semi OGM, cioè l’agrobusiness mondiale, un modello che espelle i contadini dalle terre sbattendoli nelle tremende bidonville e insieme provoca desertificazione della terra, con la perdita della fertilità e della biodiversità.
Queste idee e battaglie, la necessità assoluta di cura e rigenerazione della Terra per sfamare i popoli e raffreddare il Pianeta, come dichiara Via Campesina Internazionale, hanno fatto di Vandana una bandiera mondiale della Sovranità e Democrazia Alimentare, nonostante i continui e velenosi attacchi dell’Agrobusiness alla sua persona e alle sue idee.
“Sovranità alimentare” appare anche nelle lotte no-global contro il G8 di Genova del 2001. Cosa si chiedeva all’epoca?
Personalmente ho partecipato alle Manifestazioni de 2001 contro il G8, ma non ai lavori specifici su questo tema. Posso riferire una pagina incisiva contenuta in un articolo di Luca Martinelli del 15 luglio 2021 https://www.valigiablu.it/g8-genova-movimento-dei-movimenti/ , dal titolo “G8 / Genova: il primo movimento di massa della storia che non chiedeva niente per sé, voleva solo giustizia per il mondo intero”, che richiamava una frase detta da Susan George nel 2001.
Nell’articolo si scrive “A proposito di semi, a Genova si parlava anche di agricoltura. Questi i termini (da una lettera della organizzazione non governativa Crocevia, impegnata in battaglie per la sovranità alimentare): Vogliamo un’agricoltura contadina, perché questa ha una dimensione sociale basata sul lavoro, sulla solidarietà tra produttori e consumatori ma anche tra regioni e contadini del mondo, altrimenti le regioni più ricche e gli agricoltori più forti lederanno il diritto alla vita degli altri, e questa logica non ha futuro. Per nessuno.
Vent’anni dopo, potremmo riscriverla senza cambiare una virgola, anche se qualche passo in avanti è stato fatto: alla Camera è stata approvata nel maggio 2021 una Legge che definisce e promuove l’agricoltura contadina, che è quella fatta dalle aziende agricole condotte direttamente dal titolare, dai familiari o dai soci di una cooperativa costituita esclusivamente da soci lavoratori, che praticano modelli produttivi agroecologici, favorendo la biodiversità animale e vegetale, la diversificazione culturale e la conservazione del territorio nei suoi aspetti ambientali e paesaggistici fondamentali. Le aziende agricole contadine trasformano le materie prime prodotte nell’azienda, avvalendosi di metodologie tradizionali locali e producono quantità limitate di beni agricoli e alimentari destinati al consumo immediato e finalizzati alla vendita diretta ai consumatori finali, svolta in ambito locale”.
Questa legge è stata ferma al Senato per oltre un anno e ora…” il futuro è un’ipotesi, forse anche un po’ un alibi…” come diceva una vecchia canzone di Enrico Ruggeri.
In questi giorni abbiamo assistito all’utilizzo non proprio idoneo di questa espressione da parte della neo-Premier Meloni, che ha svuotato il suo significato originale. Cosa sottintende veramente il Ministero dell’Agricoltura guidato da Lollobrigida?
L’idea è che insistere sulla sovranità alimentare serva più che altro a concentrare la produzione di risorse a livello nazionale, anche a discapito dell’adozione di mezzi e sistemi di produzione sostenibili dal punto di vista ambientale. Sembra più autarchia che sovranità, dal momento che la Sovranità Alimentare non è autarchia fascista con il suo tentativo di colonialismo agricolo in Africa.
Ma con la nuova definizione del Ministero da parte del Governo Meloni, come si può leggere in un mio articolo3, finalmente si inizia a parlare a livello ampio di Sovranità Alimentare.
Si potrà così entrare nel merito di cosa significhi questo termine ed iniziare a fare ri-educazione popolare, analizzando produzione e consumo del cibo.
Se è giustissimo contestare la interpretazione nazionalista della Meloni, poiché la Sovranità Alimentare non può essere intesa come il Made in Italy né tanto meno quello per export, è sacrosanto ricordare che finora tutti i precedenti Governi “Europeisti e atlantisti” non ne avevano mai voluto parlare e che una Legge Contadina è rimasta bloccata al Senato per oltre un anno, dopo l’approvazione alla Camera il 20 maggio 2021.
Io credo che Draghi e Cingolani, due obbedienti impiegati del capitalismo finanziario di Wall Street e dell’industria delle armi (vedi Leonardo), di certo detestano questa espressione. Cosa farà il nuovo Governo non riesco a immaginarlo, non credo che sia un suo problema principale in questo periodo di guerra mondiale, i contadini in Italia sono solo il 3%, non c’è ancora vera fame in Italia, si mangia cibo-spazzatura e con residui di tossici, ma la sensibilità, l’interesse e le conoscenze delle persone sono ancora deboli, seppure in aumento.
La sinistra contadina in Italia è insorta: Giorgio Menchini, Presidente dell’associazione di cooperazione internazionale Cospe, lo definisce “uno scippo”. Fabrizio Garbarino, coordinatore nazionale dell’Associazione Rurale Italiana (dell’organizzazione internazionale della Via Campesina) parla di “ministero orwelliano, che si tradurrà in politiche che vanno in senso diametralmente opposto”. Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra, parla di svuotamento del significato “per declinarlo in chiave conservatrice e antiecologica”. Non è la prima volta nella storia che le destre, soprattutto la destra radicale, strumentalizzano in senso reazionario i temi di sinistra. Come mai avviene?
In Italia, la Sovranità Alimentare è sempre stata un tema della sinistra movimentista, dei movimenti sociali di base e dei movimenti ecologisti. In Italia, a differenza di altri Paesi come la socialista Cuba, la sovranità alimentare non è mai stata un tema della sinistra politica istituzionale, che è una realtà ben difficile da definire e delimitare da parecchi anni. Questo anche negli altri Paesi UE con Governi non esplicitamente di destra. La UE, dopo i primi anni, ha promosso una Politica Agricola Europea (PAC) al sevizio delle multinazionali dell’Agrobusiness, serva delle multinazionali tedesche Bayer e Basf, oltre della svizzera Syngenta, ora di proprietà di ChemChina.
Sovranità Alimentare e lotta al Surriscaldamento globale, cioè finire di fare la guerra alla Natura, non erano nei programmi dei partiti di “sinistra” istituzionale. Non voglio essere più cattivo.
Forse è la mancanza di una vera sinistra che apre le porte a queste strumentalizzazioni. Oggi assistiamo ad una ignoranza generalizzata in cui i politici non sanno di cosa parlano. Vediamo la Boldrini attaccarsi all’ananas, non avendo più argomenti in uno scenario di depoliticizzazione progressiva in cui i neoliberisti si fanno la guerra tra di loro per chi riesce ad imporre la narrativa più vincente. Cosa pensi a riguardo?
È proprio così, anche la vecchia sinistra non è mai uscita del tutto dal binomio “necessità di avere un Lavoro qualsiasi- Ho una famiglia da mantenere”.
È ancora presente, anche nei gruppi migliori, una vecchia cultura politica industrialista, con una riflessione ancora debole in Italia e in Occidente su cosa si produce e i suoi effetti su Comunità e Ambiente. E soprattutto consumismo-individualismo, come diceva oltre 45 anni fa Pasolini, sono il vero fascismo! Questo binomio ha distrutto popolo, contadini e senso di Comunità in tutto l’Occidente ed esporta, con la violenza, questo modello neoliberista con la globalizzazione mondiale. “Convergere per insorgere!” è stato lo splendido slogan della bella Manifestazione del 22 Ottobre a Bologna, organizzata dagli operai della GKN di Firenze, dalla Rete Sovranità Alimentare dell’Emilia Romagna e dai giovani di Fridays for Future. Uno slogan che mi ricorda “Globalizziamo la lotta, globalizziamo la Speranza” di Via Campesina Internazionale, un movimento di 200 milioni di cittadini di tutto il mondo che vuole allearsi con tutti quelli che vivono (malamente) in città.
Sovranità alimentare è un concetto fortemente antiliberista perché contrappone ai mercati, merci, multinazionali, Ogm, sfruttamento del suolo e dei lavoratori, un modello rispettoso dell’ambiente, dei cicli stagionali e dei coltivatori, puntando a costruire un modello di produzione equo, solidale e sostenibile. L’esatto contrario di ciò che accade oggi e “grazie” a cui assistiamo a deforestazione, sfruttamento intensivo, dissesti idrogeologici, carestie, siccità, fame e sindemie. Fino ad arrivare ai nostri coltivatori costretti a svendere i loro prodotti di eccellenza perché strozzati dal meccanismo perverso della grande distribuzione. La sovranità alimentare quindi è un tema ecologico, economico ed ecosocialista al tempo stesso.
1 Nel 2015 il quotidiano Chávez Vive, edito in Nicaragua, ha riassunto i principali risultati che la Rivoluzione ha portato in Venezuela nei primi 16 anni, spiegando de facto perché vale la pena sostenere il socialismo bolivariano e le sue istanze http://la-tabla.blogspot.com/2015/12/50-grandes-logros-de-la-revolucion.html
2 Rapporto INDICE GLOBALE DELLA FAME. FAME E SISTEMI ALIMENTARI IN CONTESTI DI CONFLITTO -Cesvi, pag. 43-44