C’è chi -come Guido Crosetto– parla di ostacoli che le banche etiche frappongono alle industrie degli armamenti, ad “un settore -secondo il neo ministro– ad altissimo valore aggiunto e uno dei pochi asset strategici e tecnologici rimasti in questo paese”. Un ministro che in altre vesti era arrivando addirittura a lamentarsi “che non c’è abbastanza produzione (di armi) per soddisfare una domanda di investimento in tutte le nazioni”. L’ex presidente della Confindustria delle imprese militari, dimessosi da tale incarico alla vigilia della sua nomina ministeriale, probabilmente non ha avuto tempo e modo di sfogliare il quinto rapporto sulla finanza etica in Europa presentato di recente al Parlamento europeo. Avrebbe scoperto che quelle banche che danneggiano- per fortuna- la corsa agli armamenti sono più redditizie della media delle banche convenzionali e sono pioniere nella misurazione e nella riduzione dell’impatto sul clima. Il rapporto, pubblicato dal Gruppo Banca Etica in collaborazione con Febea, la Federazione Europea delle Banche e dei finanziatori Etici e Alternativi, mette a confronto i principali dati finanziari delle 24 banche etiche europee con quelli dell’aggregato di circa 4.500 banche operanti nell’Eurozona, sulla base dei dati forniti dalla Banca Centrale Europea, evidenziando come nei dieci anni fino al 2020, le banche etiche siano state mediamente due volte più redditizie rispetto a quelle convenzionali in termini di ROE e i loro depositi durante la pandemia siano cresciuti di oltre il 15% nel 2020 rispetto al 2019.
Le 25 banche etiche prese in considerazione dal rapporto finanziano esclusivamente progetti con impatti sociali e ambientali positivi e sono strutturalmente diverse dalle banche tradizionali, utilizzano un approccio bancario che si basa sulla relazione con i clienti sia per il credito sia per la raccolta di risparmio e si focalizzano sull’economia reale, mentre le altre banche sono molto più dedite alle attività finanziarie (investimenti in titoli, servizi finanziari, ecc). Basti pensare che nel 2020 i prestiti a persone e imprese rappresentavano in media il 72,98% delle attività totali per le banche etiche, ma solo il 36,96% per il sistema bancario europeo. Ma le banche etiche sono all’avanguardia anche nella misurazione delle emissioni di CO2 generate indirettamente dai loro prestiti. Qui il rapporto: https://finanzaetica.info/landing/quinto-rapporto-sulla-finanza-etica-e-sostenibile-in-europa/
Il rapporto considera anche l’esperienza italiana della Banca Etica, nata nel 1999 su iniziativa di una serie di organizzazioni come le mutue autogestite (Mag), le botteghe del commercio equo e solidale e associazioni del mondo sociale e ambientalista. Da sempre tutte le attività di Banca Etica si ispirano ai principi della finanza etica, intesa come strumento trasparente di gestione del risparmio, finalizzato allo sviluppo dell’economia civile, solidale e responsabile. Ma l’aspetto che qui preme sottolineare maggiormente è che Banca Etica, tramite la sua Fondazione culturale, ha aderito alla Rete per il Disarmo e ha sostenuto le iniziative della Campagna contro le banche armate, anche in un’ottica di educazione critica alla finanza: https://www.banchearmate.org/.
Banca Etica esclude ogni finanziamento al settore delle armi e questo significa che miliardi di euro vengono sottratti a impieghi letali per le persone e per l’ambiente, vengono tolti alle tante guerre e ai tanti conflitti più o meno dimenticati in giro per il mondo e vengono invece investiti in progetti imprenditoriali fondati sul rispetto per il pianeta e i diritti umani. Qui l’intreccio banche e armi: https://www.banchearmate.org/wp-content/uploads/2022/05/Tabella_BancheArmate2021_Rel2022.pdf.
Ciascuno di noi (e a maggior ragione ciascun Ente pubblico con la propria tesoreria o ciascun ente ecclesiastico) dovrebbe iniziare seriamente a domandarsi: quali imprese finanzio con i miei soldi? In quali paesi? Sono sicuro che con i miei soldi non si vadano a finanziare stati, imprese o istituzioni finanziarie che violano i diritti umani? E dovremmo orientarci verso chi ci garantisce che i nostri soldi siano investiti unicamente in attività sociali e ad alta valenza ecologica e non in armamenti. Penalizzare le banche che si prestano alla compravendita di armi è terreno tolto sotto ai piedi dei mercanti della morte. Quando apriamo un conto in una “banca armata” senza saperlo o senza pensarci diventiamo, consapevolmente o meno, complici di una filiera di morte, perché anche i nostri soldi tengono in piedi guerre e conflitti. Decidere a chi affidare denaro e credibilità è uno strumento potente di pace. Cambiare banca perché quella in cui si ha il conto è implicata nella compravendita di armi è un gesto concreto che possiamo fare per costruire la pace.