Lula ha vinto. Secondo i risultati diffusi dal Tribunale Elettorale Superiore (TSE), Lula è confermato presidente del Brasile con il 50,90%, ovvero 60.345.999 voti. L’estrema destra di Jair Bolsonaro invece si è aggiudicata il 49,10% con 58.206.354 voti. Per questa tornata elettorale sono stati convocati più di 156 milioni di brasiliani, che hanno potuto votare nei 472.075 centri aperti in 5.570 città del Paese, mentre all’estero si sono recati in 181 località. Lula vince il secondo turno dopo aver vinto il primo, tenutosi il 2 ottobre, con il 48,4% contro il 43,2% di Bolsonaro. Un risultato ottenuto nonostante il clima politico fortemente teso e una campagna elettorale attraversata da violenza da parte dell’estrema destra che è sfociata nell’omicidio politico del compagno del PT Reginaldo Camilo dos Santos, due gironi prima del secondo turno. Inoltre, secondo alcune ispezioni del TSE, ci sarebbero dei dubbi sulle sezioni scrutinate più velocemente in quanto proprio quelle a maggioranza bolsonarista, oltre ai presunti impedimenti della polizia stradale nei confronti degli elettori degli Stati a maggioranza lulista.
Aberranti sono state anche le bugie da cyber-war via social veicolate da QAnon nei confronti di Lula, secondo cui sarebbe stato lui a commettere brogli: lui che non è al potere da ormai dieci anni, che è stato vittima di una persecuzione politica e giudiziaria orchestrata da Washington, che è stato dichiarato innocente dopo aver vinto tutte le cause in tribunale. Fu proprio l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito brasiliano Eduardo Villas Boas a riconoscere che durante il suo incarico, tra il 2015 e il 2019, le Forze Armate Brasiliane esercitarono pressioni sul Tribunale Federale Supremo affinché si tenesse in carcere l’ex Presidente socialista Luiz Ignacio Lula da Silva con il fine di evitare che potesse presentarsi alle elezioni, vincerle e tornare alla presidenza del Paese. Lo stesso Boas ammette che sotto il suo mandato i militari sono stati nuovamente coinvolti nella politica, alla ricerca di un candidato che, alle elezioni presidenziali del 2018, potesse sconfiggere il Partito dei Lavoratori (PT): Jair Bolsonaro.
Sono state sette le missioni internazionali di osservazione elettorale che hanno supervisionato lo sviluppo di questo secondo turno elettorale. Tali delegazioni appartengono al Parlamento del Mercato Comune del Sud, all’Organizzazione degli Stati Americani, alla Rete degli Organi Giurisdizionali e all’Amministrazione Elettorale della Comunità dei Paesi di lingua portoghese. Tra gli istituti di osservazione vi sono stati anche il Carter Center (Stati Uniti), l’Inter-American Union of Electoral Organizations, la International Foundation for Electoral Systems and Electoral Transparency. Il sistema di voto brasiliano è elettronico e i risultati del ballottaggio vengono resi noti poche ore dopo la conclusione del processo elettorale.
La discontinuità con Lula
I primi discorsi alla popolazione segnano già un punto di discontinuità con il precedente governo: Lula ha promesso di riprendere vari programmi sociali a beneficio di tutti i brasiliani. Ha affermato inoltre che i brasiliani hanno dimostrato attraverso il voto di volere più democrazia, inclusione sociale, uguaglianza, fratellanza e libertà. Durante il suo discorso, il leader del Partito dei Lavoratori (PT) ha sottolineato che governerà per tutto il popolo del Brasile.
“Qui non siamo di fronte a un candidato, siamo di fronte alla macchina dello Stato brasiliano al servizio del candidato, per cercare di impedirci di vincere le elezioni. Siamo giunti al termine di una delle elezioni più importanti della nostra storia. Un’elezione che ha portato due progetti opposti faccia a faccia e che oggi ha un unico e grande vincitore: il popolo brasiliano” – ha affermato. “Questa non è una vittoria per me, né per il PT, né per i partiti che mi hanno aiutato in questa campagna, è la vittoria di un immenso movimento democratico che si è formato al di sopra dei partiti politici, delle ideologie, affinché la democrazia potesse essere vincente”.
Lula ha sottolineato che la sua vittoria è un esempio delle carenze subite dal popolo brasiliano nei settori della democrazia, dell’alimentazione, della salute, dell’istruzione, dell’alloggio e dell’inclusione sociale: “In questo giorno storico, la maggioranza del popolo brasiliano ha chiarito che vuole più e non meno democrazia, vuole più e non meno inclusione sociale, più e non meno mancanza di rispetto tra i brasiliani, vuole più libertà, uguaglianza e fraternità” ha dichiarato.
Lula ha assicurato che la crisi alimentare sarà una delle priorità del suo governo, a partire dal 1° gennaio 2023. “Il nostro impegno più urgente è porre di nuovo fine alla fame. Non possiamo accettare che milioni di persone non abbiano da mangiare o che consumino meno del necessario”, ha detto.
Ha dichiarato l’intento di riprendere il programma di edilizia popolare “La mia casa, la mia vita” con cui verranno servite le famiglie più disagiate, dichiarando: “Non accetteremo che le famiglie siano costrette a dormire per strada. Riprenderemo il programma Mi casa mi vida con priorità per le famiglie a basso reddito e porteremo avanti i programmi di inclusione che hanno sollevato milioni di famiglie dalla povertà”. Tuttavia, ha riconosciuto che per questo “è necessario ricostruire un Paese in tutte le sue dimensioni, ricostruire l’anima di questo Paese” e ha fatto riferimento alla fine dell’odio e della discriminazione razziale e anti-indigena: “Affrontare con forza il razzismo, l’intolleranza, la discriminazione, affinché bianchi, neri e indigeni abbiano gli stessi diritti e le stesse opportunità. A nessuno interessa vivere in una famiglia piena di discordie. È giunto il momento di unire la famiglia divisa dalla diffusione di odio”.
Creazione del Ministero dei Popoli Originari
Lula ha anche annunciato che creerà il Ministero dei Popoli Originari quando assumerà la Presidenza del Paese in modo che queste comunità “non saranno mai più trattate senza rispetto, come cittadini di seconda classe”.
Inoltre, ha riferito che recupererà il Ministero della Cultura perché “chi teme la cultura non ama le persone, non ama la libertà”.
“Voglio che sappiate che recupereremo il Ministero della Cultura e creeremo il Comitato statale per la cultura (…) in modo che diventi un’industria per generare posti di lavoro e reddito”, ha affermato.
Lula, dalla lotta alla crisi climatica ai Brics
Il presidente eletto ha sottolineato l’importanza di riportare il Brasile alla posizione che aveva all’epoca come fondatore di alleanze regionali e internazionali come i Brics, composti anche da Russia, India, Cina e Sudafrica.
“Riporteremo il Paese nella sua posizione internazionale. Diciamo al mondo che il Brasile è tornato”, ha assicurato. In questo senso, ha aggiunto che si batterà per una nuova governabilità globale, per l’inclusione di più nazioni nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (ONU) e per porre fine al diritto di veto.
Lula ha affrontato l’importanza della nazione sudamericana nella lotta ai cambiamenti climatici, soprattutto perché la maggior parte dell’Amazzonia si trova nel suo territorio.
“Il Brasile è pronto a riprendere il suo ruolo di primo piano contro la crisi climatica globale. Il Brasile e il pianeta hanno bisogno di un’Amazzonia vivente. Ecco perché riprenderemo la sorveglianza dell’Amazzonia e monitoreremo tutte le attività di sfruttamento illegale. Dimostreremo ancora una volta che è possibile estrarre ricchezza senza danneggiare l’ambiente. Abbiamo un impegno nei confronti delle popolazioni indigene e degli ecosistemi”, ha concluso.
Link discorso di Lula:
https://www.youtube.com/watch?v=MgKbD_dAwPw
https://www.youtube.com/watch?v=Z2XG9mowUqE
https://www.youtube.com/watch?v=FwY5WQ3oGec
https://www.youtube.com/watch?v=ADGjeJglTNc
https://www.youtube.com/watch?v=eS0HJNdLH6M
Fonti: