A tre anni dall’inizio della rivolta sociale, questo 18 ottobre 2022, a Plaza Dignidad di Santiago del Cile, pietra miliare che segna l’abissale rottura tra la città impoverita e la città apparentemente soddisfatta, l’amministrazione della Moneda, senza differenze dal precedente governo, si è fatta bella con un grande dispiegamento di corpi delle forze speciali dei carabinieri e dei loro blindati di ultima generazione.
Leale alla vocazione storica dello stato autoritario, conservatore e razzista del Cile, l’ amministrazione Boric, così come ha annunciato il suo presidente attraverso le reti unificate di ingenti mezzi di comunicazione, ha portato nelle strade del Paese 25 mila agenti di polizia. Non si conosce il numero dispiegato della polizia civile e del lumpen, che già in altre occasioni ha operato nell’ambito delle manifestazioni sociali con l’acquiescenza e stretti legami con gli uomini in uniforme (la terziarizzazione della violenza parastatale?), usando anche armi con munizioni reali, come nella zona della Stazione Centrale di Santiago lo scorso primo maggio, quando fu assassinata la giornalista Francisca Sandoval durante le proteste popolari.
Senza che ci fossero provocazioni, l’artiglieria della polizia ha tenuto la zona di Plaza Dignidad permanentemente gassata con bombe lacrimogene, disperdendo la gente con violenti getti dei carri lancia-acqua diretti sul corpo dei manifestanti che si trovavano anche sui marciapiedi pedonali.
Al riguardo, mediante un audio, Carmen Soria, figlia del diplomatico Carmelo Soria assassinato dalla dittatura nel 1976, ha dichiarato che, “io sono a Plaza Dignidad e voi (il governo) siete senza vergogna. Avete la polizia che reprime con gas al peperoncino, guanacos (carri lancia acqua) e zorrillos (blindati). Siete uguali a (il governo di) Piñera. Siete dei “progressisti” che stanno leccando gli stivali alla Concertazione. E il discorso di Boric è quello di un pericoloso demagogo. Deploro profondamente di aver votato per voi. Tenete Plaza Dignidad presidiata, non lasciate neppure manifestare”.
Da parte sua, lo storico e accademico dell’Università del Cile, Sergio Grez, ha affermato che, “abbiamo assistito nelle diverse città, come Santiago, Concepción, Valparaíso e altre, scene molto simili a quelle che abbiamo vissuto tre anni fa durante il governo di Piñera. La stessa strategia di circondare, per esempio, Plaza Dignidad, con una quantità sproporzionata di poliziotti, con la loro medesima brutalità poliziesca e intransigenza”, e ha aggiunto che, “se a qualcuno mancavano degli elementi per finire di convincersi della continuità delle politiche neoliberali e repressive, oltre alla subordinazione dell’attuale governo ai grandi poteri transnazionali e al grande capitale, oggi ha una prova in più di questo. Le speranze popolari sono state profondamente deluse e ciò che avverrà nei prossimi tempi non è per nulla incoraggiante. Questo quadro repressivo, questa forma impudica di coprire le brutalità poliziesche, con il pretesto che si tratta di un corpo al servizio della cittadinanza destinato a combattere il crimine e la violenza, fanno presagire tempi molto bui e cupi per la maggioranza cittadina”.
Quando si chiude questo articolo, ancora non ci sono informazioni confermate della quantità di persone ferite e detenute dai carabinieri a Santiago e nelle principali città del paese dove sono state effettuate mobilitazioni per le necessità sociali che ampi settori della popolazione risentono duramente, al di là di bozze costituzionali e programmi di governo non mantenuti. Sì, in effetti, si sa dell’arresto della comunicatrice e corrispondente di un prestigioso mezzo di comunicazione straniero, Carola Trejo, arbitrarietà che è stata profusamente denunciata dalle reti sociali.
Se un governo è il suo programma, questo governo è già finito. Le riforme impegnate in materia tributaria, di sicurezza sociale e lavorativa, salute, casa ed educazione, disegnate e pattuite con i grandi gruppi economici e con l’associazione padronale riunita nella Confederazione della Produzione e del Commercio (CPC), mediante il ministro delle Finanze ed ex capo della Banca Centrale per un decennio, Mario Marcel, non hanno più nulla a che vedere con i cambiamenti originali, mentre i suoi aspetti più graduali sono stati sacrificati sull’altare della consunta argomentazione di non scoraggiare gli investimenti. Al contrario, in una tentativo vano e sopraideologizzato di cercare di apprezzare il peso rispetto al dollaro, la Banca Centrale ha bruciato, senza successo, 25 miliardi di dollari delle riserve fiscali nel mercato delle divise: un dollaro persiste a mantenersi a circa mille pesos cileni. Allo stesso tempo, il tasso di politica monetaria, dogmaticamente, è stato elevato fino all’ 11,25 per cento, con il presunto obiettivo di diminuire un’inflazione galoppante che verso la fine del 2022 si calcola accumulata intorno al 15 per cento, rincarando i crediti produttivi e facendo precipitare con più accanimento una crisi multifattoriale e una recessione aperta che stanno pagando le classi lavoratrici e le persone attraverso il calo dei salari, l’impoverimento delle loro condizioni di lavoro e la distruzione sistematica di quello che resta della sindacalizzazione con una capacità di negoziare nel paese.
Come le procedure coercitive contro il diritto di manifestare, che includono la militarizzazione dei territori ancestrali mapuche e l’uso dei tribunali come mezzo complementare alla repressione contro i dissidenti, così anche il capitalismo neoliberale e la sua crisi, pronosticata dal FMI per il Cile come la peggiore delle conseguenze del continente, si intensifica di minuto in minuto lo scontento sociale, economico e politico. Il governo di Boric autoproclamatosi progressista, ma senza un progetto di sviluppo proprio né forze sociali che lo sostengano, presto ha perso il consenso sociale e si sta dedicando solo ad amministrare il bastone, quando già manca di risorse per le carote.
Traduzione a cura del Comitato Carlos Fonseca