Siamo alle battute finali di una brutta campagna elettorale che domenica ci porterà a votare con la peggiore legge elettorale possibile.
Trovare le giuste motivazioni per recarsi al seggio non è cosa semplice.
Ma la lotta all’insopportabile disuguaglianza è senz’altro un buon motivo.
In Italia negli ultimi 20 anni si è registrata un’intensa crescita della disuguaglianza nelle retribuzioni lorde annue.
Secondo l’ultimo Rapporto sulla povertà dell’Istat il numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni, il 9,4% del totale.
Le famiglie fragili sono invece raddoppiate da 800 mila a 1,96 milioni, il 7,5%.
La povertà assoluta è tre volte più frequente tra i minori, ed è passata dal 3,9% del 2005 al 14,2% del 2021.
Una dinamica particolarmente negativa caratterizza anche i giovani tra i 18 e i 34 anni, anche tra di essi di registra infatti un aumento delle condizioni di povertà assoluta: dal 3,1% del 2005 all’ 11% del 2021. Circa quattro volte tanto.
L’ISTAT mostra come in Italia la condizione di povertà permane anche in presenza di un lavoro. Quasi un terzo dei dipendenti infatti è a bassa retribuzione oraria o annuale, sotto la soglia dei 12mila euro.
Questo vuol dire che circa un lavoratore su tre, ovvero il 29,5%, guadagna in un anno meno di 12mila euro lordi.
Per quanto riguarda la paga oraria sono 1,3 milioni i lavoratori che guadagnano meno di 8,41 euro all’ora, il 9,4% del totale.
Stiamo parlando di famiglie con figli minori e redditi insufficienti per i bisogni primari, di chi ha perso il lavoro, dei tanti che sono passati da una condizione di precariato a una condizione di estremo precariato, di chi ha uno stipendio o una pensione non dignitosi.
Cittadini che sono stati travolti, anche a causa del caro prezzi e dell’aumento dell’inflazione, in una situazione drammatica.
Stiamo parlando di disuguaglianze e di povertà che aumentano sempre più un Paese ove il 20% più ricco detiene oltre 2/3 della ricchezza nazionale mentre il 60% più povero appena il 14,3%, dove il top-10% (in termini patrimoniali) della popolazione possiede oltre 6 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione, dove il 5% più ricco detiene una ricchezza maggiore dell’80% più povero e dove la posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco vale oltre 51 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero.
E, come ci dicono in tanti, sono proprio i più poveri (da noi come nel mondo) a pagare il prezzo più alto per le conseguenze derivanti dai cambiamenti climatici, pur essendo i meno responsabili.
Stiamo parlando della questione politica più importante, urgente ed ineludibile, perché- come sottolinea l’ultimo World Inequality Report- “la disuguaglianza è una scelta politica, non un fatto inevitabile”.
E si intreccia con il percorso di deregolamentazione del mercato del lavoro e di libera circolazione su scala mondiale di merci e capitali, con il copioso processo di finanziarizzazione, con il progressivo smantellamento dello stato sociale e con una sostanziale riduzione dei diritti dei lavoratori.
In tanti e per tanti anni non hanno fatto nulla per combattere le disuguaglianze nel nostro Paese e per la giustizia sociale, anzi si sono applicati non poco per lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, per affossare sempre più la nostra scuola, per dividere, emarginare, proibire ed escludere, per rendere il nostro welfare sempre più residuale o per portare la nostra sanità sempre più nelle braccia dei privati.
La lotta alla disuguaglianza val bene un voto!