I Giorni della Carpa, la due giorni organizzata da Acmos, Askatasuna, Attac Torino, Comitato Acqua Pubblica Torino, Extinction Rebellion, Fridays For Future, Gabrio, Last, LVIA, Manituana, NoTav Torino e Cintura, Pro Natura, Società della Cura in contrapposizione al Festival nazionale dell’Acqua, ha avuto il suo appuntamento principale giovedì sera 22 settembre nella Sala Poli del Centro Sereno Regis[1].
Il filo rosso degli interventi del convegno è stato l’acqua come bene comune, al di fuori delle speculazioni di mercato, dando seguito alle chiare indicazioni popolari uscite dai referendum del 2011: questo aspetto è stato totalmente evitato dal Festival dell’acqua del Lingotto, eppure rappresenta l’aspetto fondamentale nella gestione di un bene che è anche legato ai diritti umani fondamentali.
Un altro aspetto trascurato dal Festival del Lingotto è lo spreco di acqua che, in periodi carenza idrica, è un vero crimine.
Valentina Maurella del Laboratorio Culturale autogestito Manituana nel suo intervento introduttivo l’Acqua è un Bene Comune entra nel pieno della questione.
La carpa del titolo è il simbolo di un movimento che si oppone caparbiamente alle forti correnti neo-liberiste ed alla loro insostenibilità. Queste correnti allontanano la gestione delle risorse idriche da quell’ideale di bene pubblico sotteso al vittorioso referendum del 2011, portandola verso la speculazione finanziaria, il concepire l’acqua come merce, non come diritto fondamentale.
La crisi climatica e quella idrica non sono una minaccia futura, sono già qui: occorre riflessione, studio ed azione immediata, occorre ridurre la dispersione investendo gli utili nell’ammodernamento delle infrastrutture.
La carpa, nella mitologia giapponese, si prende anche cura dell’ecosistema ed anche da questo punto di vista il simbolo si adatta a questa nuova stagione di lotte per l’acqua.
l’Azienda Speciale ABC di Napoli e la finalità del Bene Comune
Padre Alex Zanotelli ha inviato un video, in cui ricorda l’importanza della gestione pubblica dell’acqua equiparando l’acqua, fonte di vita, alla madre, che dà la vita; nessuno penserebbe di privatizzare la propria madre.
Come Papa Francesco dice nell’enciclica “Laudato sii”, l’accesso all’acqua potabile è un diritto umano fondamentale perché è requisito per la sopravvivenza; negarlo, per qualsiasi ragione, significa negare il diritto alla vita.
Nel 2011 ventisei milioni di italiani hanno votato per mantenere l’acqua un bene comune e toglierla dal mercato, fare profitto sull’acqua è una bestemmia; Zanotelli sprona gli attivisti a non cedere di un millimetro ed a continuare le iniziative per togliere l’acqua dal mercato citando l’esempio dell’ ABC di Napoli e del processo che ha portato la sua trasformazione da SpA ad azienda speciale, unico caso in Italia di gestione pubblica ed al di fuori del mercato dell’acqua, messo in atto tramite il lavoro dei movimenti e l’appoggio dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco De Magistris.
L’acqua Bene Comune nella Costituzione
L’intervento della Prof.ssa Alessandra Algostino precisa il concetto di bene comune, come possa essere applicato alle risorse idriche e come sia presente nella Costituzione Italiana sia da un punto di vista strettamente giuridico sia all’interno del progetto di liberazione insito nella nostra carta fondamentale.
Cosa significa dire acqua bene comune?
In L’ alba di tutto. Una nuova storia dell’umanità (Graeber, Wengrow – 2022 Rizzoli) viene citata tra le libertà primordiali quella di creare e trasformare i rapporti sociali; oggi questa libertà viene relegata sempre più spesso dal pensiero unico nel dominio dell’impossibilità, inaridendo la fantasia e la speranza in un mondo migliore. Risulta necessario mantenere viva la speranza, non come piatta fiducia sganciata dalla realtà, ma come ottimismo militante e l’acqua bene comune può essere un progetto di trasformazione della società adatto a questo scopo, un’utopia concreta. La stessa Costituzione è un progetto di trasformazione ed in questo aspetto converge con l’idea di acqua bene comune.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto in una risoluzione del 2010 il diritto all’acqua potabile e sicura come un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti gli altri diritti umani. Questo implica che anche il sistema di distribuzione dell’acqua deve essere pensato in questo senso in modo da garantire un diritto fondamentale.
Cos’è un bene comune?
La commissione Rodotà ha definito i beni comuni come “cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona”, sono beni funzionali al pieno sviluppo della persona ed in questo senso sono legati al concetto di uguaglianza formale difeso dalla prima parte dell’articolo 3 della Costituzione, ma anche a quello di uguaglianza sostanziale, citato nella seconda parte dello stesso articolo 3.
Si può quindi affermare che i beni comuni si inseriscono in un progetto di emancipazione che è insieme personale e sociale ed insieme ai diritti sociali ed i diritti di libertà costituiscono la base affinché ciascuno sia effettivamente libero e parte di un progetto di liberazione progressiva.
Chiaramente l’acqua ricade esattamente in questa definizione di bene comune.
Di chi sono i beni comuni?
I beni comuni appartengono a tutti e sono a fruizione collettiva in uno spazio temporale aperto; devono essere amministrati a partire dal principio di solidarietà. Nessuno può avere l’esclusiva su un bene comune, non sono mercificabili, devono essere assicurati a tutti secondo i criteri dell’uguaglianza sostanziale.
I beni comuni evocano il profilo sociale ed economico della democrazia.
Tutto questo è presente nella costituzione negli articoli 41e 42 che pone limiti alla proprietà privata, nell’articolo 43 che prevede la possibilità per gli enti pubblici di mantenere la proprietà dei servizi essenziali, nell’articolo 45 che riconosce e sostiene l’importanza sociale della cooperazione a carattere di mutualità.
Si può obiettare che oggi anche lo Stato e gli enti locali perseguono logiche neo-liberiste contro cui bisogna mantenere viva l’attenzione e la conflittualità; la Costituzione, nel suo carattere di utopia concreta, ci dà gli strumenti per contrapporsi a queste tendenze.
La necessità della partecipazione
La gestione dei beni comuni necessità di una partecipazione dal basso che restituisca la titolarità diffusa del bene, aspetto che è ancora una volta coerente con il progetto di emancipazione che è il cuore della Costituzione e si esprime nell’articolo 3. Il bene comune evoca partecipazione e democrazia sostanziale. Questo è il senso profondo di uno degli slogan usati durante la campagna referendaria: “Si scrive acqua, si legge democrazia”.
Lo spreco idrico nei cantieri del TAV
Mario Cavargna, Pro Natura piemonte, da un’idea dell’enorme spreco di acqua potabile nei cantieri TAV in Val di Susa, quantificabile in 100 milioni di metri cubi all’anno per il solo tunnel di base utilizzando i dati della stessa LTF (rapporto COVI/UE dati che per altri versi sono quasi sicuramente sottostimati).
Esistono due ordini di problemi: la sottrazione di acqua potabile alla comunità montana e l’inquinamento delle acque all’interno del cantiere.
Nelle falde è possibile utilizzare solo l’acqua di una fascia ristretta: la fascia poco profonda può essere inquinata, quella più profonda è fortemente mineralizzata e quindi non potabile. Questa sottile fascia deve essere preservata come risorsa preziosissima.
Per realizzare il tunnel di base (e di conseguenza i tunnel principali) occorre drenare per sempre tutta l’acqua presente negli strati della montagna sopra il tunnel, provocando in cascata carenza d’acqua nei boschi montani, l’abbassamento della falda e problemi di approvvigionamento dell’acqua potabile per tutta la valle.
L’acqua così estratta non è potabile perché fortemente mineralizzata e non può essere riversata nel fiume senza una preventiva depurazione e raffreddamento.
Il cantiere utilizza inoltre grandi quantità d’acqua potabile per il suo funzionamento.
Le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026
Erica Rodari, Comitato Milanese Acqua Pubblica, coniuga le critiche sulle grandi opere in generale e sugli eventi olimpici in particolare nel caso specifico delle olimpiadi invernali del 2026.
I grandi eventi non sono più sostenibili, molti candidati ad ospitare le olimpiadi invernali hanno rinunciato alla candidatura, anche dopo consultazione popolare; diventano interessanti solo perché consentono di sbloccare gli investimenti e la devastazione senza controllo dall’ambiente montano, già in crisi per il cambiamento climatico.
Le infrastrutture necessarie per le olimpiadi invernali di Milano/Cortina saranno finanziate dal comitato olimpico, gli enti locali ed il PNRR; queste opere, come dimostrato nelle olimpiadi di Torino, resteranno in parte inutilizzate ed abbandonate alla fine della manifestazione, aumentando il consumo di suolo (con tutti i problemi che comporta), il consumo di acqua per i cantieri e l’innevamento artificiale delle piste.
Quattro Proposte di Legge regionale di Iniziativa Popolare in Emilia Romagna
Corrado Oddi, Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna, ha parlato dell’esperienza della rete, nata subito dopo le elezioni regionali del 2020 mettendo insieme più di ottanta tra comitati ed organizzazioni locali, con tre obiettivi:
- Costruire una convergenza sulle questioni di fondo concernenti l’emergenza climatica ed ambientale (acqua, consumo di suolo, rifiuti ecc.)
- Superare la frammentazione delle lotte ambientali
- Fare emergere che tutte le scelte fatte nel settore sono basate su un modello economico basato sull’aumento del PIL, non sulla reale volontà di preservare l’ambiente
La rete ha raccolto e presentato le firme (7000) per quattro proposte di legge regionale di iniziativa popolare riguardanti l’acqua, i rifiuti, l’energia ed il consumo di suolo.
La convergenza dei movimenti è fondamentale per creare la massa critica necessaria ad incidere sulle strategie governative a tutti i livelli.
Paolo Carsetti, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, chiude il dibattito segnalando il recente attacco derivato dai decreti delegati di attuazione del DLL concorrenza in cui il Governo Draghi, benché sia attivo solo per il disbrigo degli affari correnti, ha di fatto esautorato il dibattito parlamentare reintroducendo la norma che prevede la giustificazione, da parte degli enti locali, della scelta di mantenere la proprietà pubblica delle aziende di servizi. Tale norma è pericolosa perché favorisce la scelte della privatizzazione delle aziende di servizi locali.
[1] Questo articolo vuole essere uno stimolo alla visione dei video dell’intero convegno, visione che mi sento di consigliare dato il livello degli interventi e gli interessanti approfondimenti in esso contenuti