La prima e fino ad adesso disgraziatamente unica manifestazione contro le sanzioni economiche (in particolare energetiche) alla Russia si è tenuta il 26 settembre, Petrov Day, giornata ONU contro le armi nucleari.
L’abbiamo organizzata a Milano, in piazzale Stazione di Porta Genova, noi Disarmisti esigenti, insieme alla Lega Obiettori di Coscienza e a Mondo senza Guerre e senza Violenza.
L’abbiamo chiamata, nella sua forma espressiva, “dialogo e risveglio”: non abbiamo, alcuni di noi più di altri, la presunzione di rivoluzionare l’anima dei soggetti popolari. Intendiamo invece fare riflettere i cittadini maggiormente consapevoli che i loro valori magari non coincidono con quelli degli idealisti nonviolenti (l’I Care di Don Milani non è sicuramente al primo posto per tutti) ma nemmeno, a livello di massa, sono quelli avidi e super competitivi della élite dei super potenti, cioè l’accumulazione senza limiti di ricchezza e potere.
(L’opinione di chi scrive, per carità, non la metto in bocca a tutti gli organizzatori, è che il sogno prevalente e ignorato dei soggetti popolari potrebbe riassumersi nel motto: “Se potessi avere 5.000 euro al mese”, il corrispettivo delle 1.000 lire al mese di una vecchia canzone del 1939*).
Come mai questo collegamento tra disarmo e economia, che a prima vista può apparire strano e azzardato, addirittura funambolico?
E, ancora più difficile e complesso, con l’ecologia, come testimoniato anche dalla mostra su energia e clima con poster su pannelli che abbiamo esposto?
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La spiegazione sul no alle sanzioni nel Petrov Day, sta nel nesso tra guerra militare in Ucraina e conflitto economico globale incarnato dalle sanzioni contro la Russia (…).
Il tema delle sanzioni, che per primi abbiamo sollevato in una iniziativa pubblica in presenza, tra la gente, diventa, a nostro parere, decisivo se si vuole dare uno sbocco appropriato alle proteste che esploderanno in seguito all’aumento dei prezzi dell’energia, le cui dinamiche speculative vanno appunto agganciate all’intreccio che abbiamo individuato tra conflitto militare localizzato e guerra economica globale.
Le vicende economiche che promuovono il carovita e la disoccupazione (per il tramite soprattutto dei maxi-rincari delle bollette) mettono insieme la fine del mese con la fine del mondo, a partire da ciò che più preoccupa il popolo italiano.
In questo momento l’ecopacifismo può ridursi alle sue scadenze autocelebrative e di didattica tra gli addetti ai lavori nonviolenti oppure tentare di contribuire a dare una alternativa alla esplosione sociale incombente, che rischia di esprimersi come sfogo rabbioso con le modalità che abbiamo già visto nei gilet gialli e nei forconi: petardi che fanno tanto rumore per poi dissolversi rapidamente nel nulla.
Per ottenere l’alternatività efficace una pista di lavoro che proponiamo è inserire nello sciopero generale del 2 dicembre, convocato dalle organizzazioni sindacali di base, appunto la revoca delle sanzioni che deve diventare anche lo sbocco appropriato e risolutivo di una campagna di autoriduzione delle bollette (al posto dei diversivi demagogicamente attraenti ma inattuabili del “tetto al prezzo del gas” e degli “extraprofitti da tassare”).
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L’azione nonviolenta è stare dentro la resistenza popolare che si svilupperà per sopravvivere alla crisi offrendo la soluzione di una Italia che lavori per la pace invece di affiancarsi alla NATO nella guerra contro la Russia con misure rigettate, secondo tutti i sondaggi, dalla maggioranza degli italiani: l’invio delle armi allo Stato ucraino, l’aumento delle spese militari al 2% del PIL, le sanzioni contro la Russia…
Nei prossimi giorni le fasce deboli della società lotteranno letteralmente per sopravvivere. L’antifascismo, in questa situazione, non sarà occupare le scuole o qualsiasi altro tipo di edificio per contestare il voto popolare (per quanto da noi mal giudicato visto il successo delle forze post-fasciste) ma fare capire, per dirla con uno slogan, che “pace significa pane”. Questa verità, un po’ la scoperta dell’acqua calda, va fatta capire a chi? Ecco la nostra risposta: alle moltitudini popolari, rintronate e confuse da una propaganda massiccia, cui dobbiamo rivolgerci. A questo dovrebbe servire la convergenza degli attivisti sociali che si propongono per un ruolo di animazione, di stimolo, di riferimento solido e organizzato.
Segnaliamo l’appello online che esige la revoca delle sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace. Indirizziamoci invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!
Questo il link: https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni