È la notte tra il 4 e il 5 agosto. Dentro il presidio filtrano le luci rosse delle 46 antenne NRTF e si odono i rumori dei generatori militari.
“Dove andate? Non potete passare”. “Andiamo a far vedere le parabole del Muos a quest’amico”.
Oltrepassiamo il cancello 1 costeggiando il perimetro della base statunitense, correnti di aria calda ci attraversano nel fresco della sughereta.
“Eccole”: nel buio spiccano le tre mega parabole della morte, cinte dalla rete, attorniate dal filo spinato israeliano.
È subito mattina e tra un caffè e l’altro iniziano i lavori al presidio di lotta No Muos.
Volti nuovi, sorrisi giovani, sguardi fieri e tenaci.
L’assemblea plenaria dà il benvenuto raccontando con un excursus storico le tappe di questa lotta che da 10 anni si batte contro la militarizzazione e contro l’approfondirsi della disumanizzazione di questo sistema bellico planetario di telecomunicazioni, capace di teleguidare i droni che partono da Sigonella e di bombardare le popolazioni con un solo click.
I lockdown non ci sono riusciti, non hanno arrestato il dissenso e con ancor più rabbia – per via degli ulteriori recenti sviluppi bellici, dell’inasprirsi della repressione e del controllo nelle sue forme fisiche e digitali, della crisi climatica e sanitaria – si inizia a dialogare, per costruire una narrazione comune e sentita, per fare rete e coalizzarsi contro le oppressioni. Né con la NATO né con la Russia ma con i popoli ribelli. Dalla Palestina all’ America latina, dall’ Ucraina all’ Afghanistan, dalla Sicilia al Kurdistan sono chiari i mandanti di queste stragi: l’ esercito militare USA e la NATO; responsabili anche altre potenze imperialiste come Cina e Russia o regionali come la Turchia, forti del collaborazionismo di un criminale governo italiano che pone l’ Italia tra i primi produttori ed esportatori di armi.
Realtà antimilitariste e per il disarmo unilaterale, anticapitaliste, antipatriarcali e antifasciste dicono no alla guerra con una assemblea internazionalista e transgenerazionale, organizzata e vivace. Sono presenti rappresentanze di voci provenienti dalla Sardegna antimilitarista di A Foras, dai portuali che respingono i carichi di armi a Genova, dal movimento di dissenso contro la base militare di Coltano, da Punta Izzo martoriata dalle esercitazioni militari e dall’abusivismo edilizio. L’ analisi è arricchita da militanti di varie realtà: dal popolo No Tav del nord Italia, sia quello della Valsusa in forte crisi idrica anche per via delle devastazioni di TELT e sotto il ricatto delle opere compensative, sia da chi si oppone al lotto appena approvato a Trento e al corridoio bellico che vuole aprire questa grande opera; dal popolo delle scuole in lotta contro il PCTO che impone l’ ingresso nelle caserme e nelle basi militari; dal popolo delle università contrarie agli accordi con le strutture e i dispositivi della guerra; dalle realtà femministe e antisessiste; dalle personalità antispeciste e non binarie.
Quelle militari non sono spese ma sperperi ed estorsioni.
Nel corso delle giornate di campeggio si tengono due tavoli di lavoro, uno su donne e guerra e uno su formazione e militarismo. La necessità, accanto alle analisi portate avanti con la consapevolezza di quanto la questione ecologica e quella politica siano strettamente interconnesse, è di carattere pragmatico, rintracciando la continuità della guerra dentro il bacino del mediterraneo dagli avamposti sardo, siciliano e genovese.
Questo luogo niscemese si configura oggi più di ieri come punto di raccordo delle lotte antimilitariste.
Dopo la musica dei compagni siciliani Pupi di Surfaro, “di notte camminiamo insieme nel bosco per riprenderci ciò che ci hanno sottratto”.
L’ultimo giorno, il 7 agosto, una plenaria conclude i dibattiti prefigurando gli appuntamenti per il prossimo futuro.
La marcia del pomeriggio viene inaugurata con una cerimonia propiziatoria delle lotte, poi si parte per dire no al vento mafioso che alimenta l’abusivismo militare. “Quando siete salite sulle antenne per la prima volta mi prendeva il cellulare dentro casa. È stato bellissimo, potevo usare tutti i miei dispositivi elettronici”, chiacchiera una giovane ragazza che abita dalla nascita a fianco alla base.
Uno striscione con su scritto “La Sicilia è senza acqua ma piena di armi” spicca tra i vari spezzoni, a portarlo due giovani di Extinction Rebellion che mentre denunciano la carenza di questa risorsa primaria, durante il tragitto, sostano su una campagna arsa; ostacolati dal cancello 1 si fermano.
Lí si palesa con una performance la rappresentazione del drammatico spettacolo contemporaneo: un potere nero e incappucciato con una fascia tricolore e una a stelle e strisce imbriglia nella sua cappa opaca una giovane donna fiorita e sofferente e attorniata da proiettili d’oro.
Nel frattempo il corteo avanza e inizia una battitura alla quale senza indugio la polizia, dall’ altro lato delle rete, risponde attivando gli idranti, provocando uno spreco ingente di quella stessa acqua che scarseggia invece per chi abita Niscemi, intossicando chiunque col gas CS, colpendo una ragazza alla schiena con i lacrimogeni.
Il corteo si rialza, riparte e raggiunge il punto da cui è possibile vedere le parabole.
“Siamo qui, ancora. Noi camminiamo a testa. Noi siamo natura che si ribella. Noi siamo i popoli in rivolta che scrivono la storia e nessuno potrà fermarci”.