Roma, 7\8\9 ottobre, torna il Festival del lavoro vivo. Tre giorni di dibattiti, cultura, socialità, presso il Casale Garibaldi. Si discuterà di salario e di inflazione, di reddito di cittadinanza, di Smart Working, di welfare urbano, di Europa, di guerra e di pace
A leggere le dichiarazioni di Confindustria o di buona parte della politica, con la stampa che le esalta, pare che l’Italia sia il Paese del Bengodi. Del salario minimo non c’è bisogno, tanto è solida ed estesa la contrattazione collettiva; il Reddito di Cittadinanza è così elevato che le imprese non trovano manodopera; lo Smart Working è un modo raffinato per descrivere l’assenteismo. Riaffiora così quel leitmotiv che, da John Maynard Keynes in poi, sembrava essere stato smentito una volta per tutte: la povertà e la disoccupazione sono una scelta; come tale, sono segni inconfondibili di immoralità.
I numeri, invece, raccontano un’altra verità: l’unica occupazione che cresce è quella a tempo determinato; il part time involontario sta diventando la regola; i salari italici, dalla sanità alla ristorazione, sono i più bassi d’Europa; nei servizi a basso valore aggiunto, le paghe da fame fanno rima con lavoro nero o grigio (una parte dei soldi in busta, una fuori busta); nelle campagne, i migranti schiattano di fatica; aumenta la povertà, assoluta e relativa, mentre crescono i compensi dei manager; l’economia criminale, in una parte significativa del paese, sostituisce il welfare e contiene in modo nefasto il disastro occupazionale.
Il PNRR poteva essere un’occasione per voltare pagina, ma dall’insediamento del Governo Draghi il dibattito in merito è stato occultato. Il Governo dei tecnici, o dei “migliori”, ha sottratto 209 miliardi alla discussione politica, alla contesa e al conflitto sociale.
Nello stordimento di una cronica crisi politica, con Governi che avanzano spediti senza Parlamenti nelle decisioni che contano, ma che non durano più di due anni, colpisce la paralisi dei movimenti sociali. Pandemia e guerra, tra distanziamento, normalizzazione della morte, inflazione e razionamenti, deprimono e frammentano. È un problema italiano, è un problema anche europeo – salvo l’eccezione francese. E la guerra non è finita, non finirà presto, l’incertezza radicale da essa imposta paralizza, appunto.
Siamo però convinti che c’è un problema in più. Se la «questione sociale» non si trasforma in marea, se le lotte non si incrociano, il blocco non si supera, la platea degli sconfitti aumenta, e alimenta la ricerca di un vendicatore, che fa sempre rima con razzismo. Il compito del sindacalismo sociale è dunque questo. Salario minimo; estensione e rafforzamento del Reddito di Cittadinanza; risorse per la sanità, la scuola, la ricerca; pace e ‘no’ all’economia di guerra; lotta senza tregua al patriarcato e alla violenza di genere; giustizia climatica e ambientale; ma ancora: pluralismo e autonomia sindacale; uso antagonista delle innovazioni del lavoro, Smart Working in testa: questi gli obiettivi – tutti irrinunciabili – di una convergenza, tra sindacati e movimenti sociali, non più rinviabile.
Di tutto ciò, per dare il nostro contributo nei mesi prossimi che si annunciano drammatici, vogliamo discutere all’interno di CLAP and GO! Il festival del lavoro vivo. 7, 8, 9 ottobre, presso il Casale Garibaldi, tre giorni di dibattiti, ma anche di cultura e socialità.
Camere del Lavoro Autonomo e Precario
il programma completo sarà pubblicato a breve sul sito //www.clap-info.net//