Prima ancora della caduta del governo Draghi la sinistra radicale italiana aveva iniziato la costruzione di un progetto politico, l’Unione Popolare, che riunisce Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e De.Ma e ManifestA. L’appuntamento al voto del 25 settembre 2022 è talmente ravvicinato da far nascere sospetti sulla volontà di escludere la creazione di nuove realtà politiche che dovranno raccogliere in tempi brevissimi le firme necessarie. Questo tempismo ha sicuramente imposto due processi a sinistra.
Il primo è una frenetica ed affrettata volontà di intesa tra gruppi che da anni si avvicinano, si uniscono, litigano e poi si separano. Da un lato risulta imbarazzante e incoerente vedere il ritorno al dialogo di “compagni” che per vicende personali o di opportunismo politico fino a ieri non si impegnavano in una prospettiva comune. Dall’altro la circostanza che questi gruppi abbiano iniziato a dialogare prima ancora della caduta del governo fa ben sperare e potrebbe fugare il sospetto che l’interesse al dialogo e alla costruzione di un progetto unitario fosse poco genuino e votato solo alla prospettiva elettoralistica.
Il secondo è che il progetto infatti rischia di prendere la forma dell’ennesima accozzaglia che cerca di sfondare la soglia di sbarramento senza costruire intorno a sé una credibilità politica agli occhi degli elettori. Nonostante le ottime intenzioni pre-caduta del governo, le nuove elezioni hanno imposto un’accelerazione che trasforma di fatto un progetto politico che voleva essere di lungo respiro in un cartello elettorale. Occorre dunque ragionare su quali siano le caratteristiche di un progetto politico che possa superare questa visione di corto respiro, nella speranza che chi si impegna prima delle elezioni non scompaia dai radar l’indomani.
Riuscire a capire cosa sarà Unione Popolare non è facile. Come sostiene Antonio Minaldi infatti si tratterebbe non di una “Lista di organizzazione”, né di una “Lista di movimento” ma di una “Lista di opinione” che “coaguli intorno ad un massimo di tre o quattro parole d’ordine, che abbiano valore dirompente, in quanto capaci di creare un movimento di opinione popolare orientato a sinistra” incompatibile col Partito Democratico.
Occorre però ricordare che l’idea di costruire l’Unione Popolare in Italia nasce dalla Francia e dai successi dell’Union Populaire che quest’anno ha sostenuto la campagna presidenziale di Mélenchon e poi dalla Nouvelle Union Populaire Écologique et Sociale (NUPES) che ha riunito tutti i partiti a sinistra di Macron. Inizialmente l’Union Populaire infatti, senza Partito Comunista e Partito Socialista, ha portato Mélenchon ad un soffio dal secondo turno delle presidenziali. Le elezioni legislative francesi, che in Francia si svolgono a poche settimane da quelle presidenziali, hanno creato la necessità politica di coagulare e rinforzare un fronte di sinistra intorno all’Union Populaire di Mélenchon. Quest’ultima è un movimento evoluto del La France Insoumise (LFI) da lui già creata nel 2017 in cui aveva già preso quasi il 20% al primo turno riuscendo ad ottenere da sinistra un risultato superiore al Partito Socialista che non si vedeva dalla fine degli anni Sessanta.
Oggi con l’Union Populaire (UP) per le presidenziali di quest’anno e con la NUPES alle legislative, Mélenchon ha egemonizzato nel tempo la sinistra francese dal Partito Comunista al moderatissimo Partito Socialista. Le elezioni legislative del 2022 hanno segnato il grande successo della NUPES, che è riuscita ad ottenere 131 seggi su 577 all’Assemblea Nazionale nel silenzio dei media italiani. La sinistra francese riesce così quotidianamente a svelare la comunità d’interessi tra il neoliberismo macroniano e la destra di Marine Le Pen, e a portare letteralmente in Assemblea persone che vengono dal mondo del lavoro precario. La sinistra fa la sinistra e dà voce ad un paese reale che la politica italiana non è abituata a vedere se non nella forma senza ideologia dei pentastellati.
Questo è stato possibile perché Mélenchon e compagni hanno capito che non potevano seguire lo slittamento verso destra che la politica francese stava subendo. Mentre tutti scivolavano alla loro destra, come molti partiti italiani stanno già facendo, dal 2017 Mélenchon ha capito che occorreva “piantare i piedi a terra” ed attendere. Gridare al fronte unico contro le destre era invece il mantra di chi proponeva di spostarsi a destra. Il movimento ha così ingrandito i suoi ranghi perché i vari gruppetti che si andavano formando ed opportunisticamente cercavano di collaborare con il Partito Socialista, hanno perso credibilità, data l’ambiguità politica di un partito che ha generato al suo interno Hollande e Macron stesso (prima che si lanciasse nelle presidenziali).
In altre parole La France Insoumise, L’Union Populaire prima e la NUPES ora, sono “Lista di organizzazione” e “di movimento”, non “di opinione”.
Questa stessa operazione francese in Italia non appare riproducibile in maniera meccanica perché la realtà italiana è tanto diversa. Anzitutto fino ad ora non è esistito un partito o un movimento di sinistra come La France Insoumise contemporaneamente capace di essere credibile e di spezzare il tetto di cristallo che i media mainstream italiani rispetto alle nuove proposte politiche.
ln secondo luogo non si vedono sullo scenario né leader carismatici come Mélenchon (qualora fosse necessario nella politica personalistica di oggi e per la legge elettorale) capaci di costruire intorno a sé una continuità politica, né partiti o movimenti politici trainanti che siano aperti “dal basso” in grado di trasformare il dissenso in proposta politica. L’ultima esperienza inizialmente credibile che avesse queste caratteristiche, anche se non schierata ideologicamente, è stata il Movimento Cinque Stelle. Gli stessi con cui l’Unione Popolare paventerebbe una possibile alleanza elettorale, con l’illusione mista a speranza che si siano redenti e scremati delle loro esperienze politiche leghiste e piddine. Due giorni fa De Magistris, leader di questa nuova formazione politica ha affermato: “Io sono come i 5S dei meetup”.
Senza avere ancora i numeri, Potere al Popolo, tra tutte queste compagini che compongono Unione Popolare è quella che più si avvicina alla prospettiva di creazione dal basso e coerente di una proposta politica radicale e alternativa. Anzi era nato proprio con l’obiettivo di uscire dalla dinamica elettoralista. Col tempo, può e anzi deve, sviluppare quadri politici al servizio di un progetto che ha un radicamento nel territorio già iniziato ed autentico; rispetto alle forze inespresse dell’astensione è già punto di riferimento, nonostante un’esposizione mediatica molto limitata.
Ma se volesse ambire ad un ruolo egemonico e trainante a sinistra deve persistere nello sforzo, coniugando un progetto inclusivo di crescita interna grazie alle tantissime energie ancora presenti ed inespresse nei territori, cui si è spesso volontariamente sottratto. Infine attirare la base delusa di quelle formazioni che praticano da tempo l’entrismo (ovvero la tattica che prevede di appunto entrare in compagini politiche nel tentativo ipocrita di volerlo modificare dall’interno) e sopravvivono solo grazie al sostegno al PD. Occorre attirare la base mettendo in evidenza le contraddizioni e l’opportunismo poltronistico delle loro dirigenze.
Gli appuntamenti elettorali possono essere trampolini di lancio mediatici o demolitori di progetti politici ambiziosi, soprattutto se capi e interlocutori sono personalità che tenderanno a monopolizzare l’immagine e i contenuti. Ma la credibilità di un progetto politico si misura nel tempo se capace di durare e dettare proposte politiche forti, anche e soprattutto all’indomani e indipendentemente dalle elezioni.
Tobia Savoca – Redazione Palermo