Unione Sindacale di Base, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo in piazza ad Acate la rabbia per la scomparsa del migrante ivoriano, mai tornato da un cantiere in cui lavorava in nero.
Ad Acate, provincia di Ragusa, centinaia di lavoratori non solo migranti, prevalentemente agricoli, hanno manifestato questa mattina chiedendo a gran voce “Dove è finito Daouda?”, reclamando giustizia per il compagno, amico e lavoratore scomparso il 2 luglio, un mediatore culturale che lavorava però anche in nero dentro un’azienda, un cantiere i cui responsabili sostengono di non conoscere Daouda Diane.
I suoi compagni di lavoro sanno che lavorava lì e i suoi coinquilini, quelli con cui divideva la stanza dove dormiva, da lì non lo hanno più visto tornare. Non sanno che fine abbia fatto. Sanno solo che Daouda aveva in programma di ripartire per la Costa d’Avorio per riabbracciare la sua famiglia il 22 luglio e quindi sono molto preoccupati. Perché il sospetto, forte, è che Daouda sia stato ammazzato.
Ucciso perché deve essersi fatto male, deve aver subito un infortunio in un’azienda che non lo aveva contrattualizzato. La soluzione più semplice deve essere stata quella di far sparire il corpo, in modo tale che la questione finisse lì. Tutti i suoi compagni di lavoro sottolineano come elemento fondamentale l’assenza di contratto, un elemento che non solo abbassa i salari e mette i lavoratori in una condizione di continua ricattabilità, ma genera l’effetto molto pesante di non godere di nessuna forma di protezione. Chiunque può semplicemente farti sparire e poi sostenere che tu non sei mai esistito. L’assenza di contratto cancella i diritti elementari e minimi, cioè il diritto alla vita, il diritto alla giustizia.
Per avere rassicurazioni sulle indagini, la manifestazione è arrivata fino ai cancelli dell’azienda, dove non sono mancati momenti di tensione.
Alla manifestazione hanno preso parte oltre a USB Ragusa e al sindaco di Acate, le delegazioni USB di Catania e di Palermo, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo, in segno di solidarietà. È partita forte la richiesta di aprire un tavolo con la Regione Sicilia e con la Prefettura di Ragusa. Un tavolo che rassicuri sulle indagini, ma anche che affronti la questione dei lavori irregolari.