Il processo per il sequestro, le torture e la morte di Giulio Regeni non si farà, non fino a quando l’Egitto non fornirà gli indirizzi dei quattro imputati, tutti agenti della National Security, il servizio segreto civile egiziano. Non potendo avviare le notifiche quale forma di garanzia processuale è impossibile adesso continuare. In questo momento le legge nei fatti, per stessa ammissione della Procura, “garantisce l’impunità degli imputati”.
Dunque è arrivata la doccia fredda che si temeva nel verdetto della Corte di Cassazione, in seguito all’esame del ricorso del procuratore aggiunto di Roma, Sergio Colaiocco, che aveva impugnato la decisione della Corte di Assise di Roma con la quale veniva sospeso il processo fino alla notifica degli atti.
Durissime e amare le parole dei genitori di Giulio dopo aver appreso la decisione. “Attendiamo di leggere le motivazioni, ma riteniamo questo verdetto una ferita di giustizia per tutti gli italiani” hanno detto Paola e Claudio Regeni unitamente al loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini. “Come cittadini non possiamo accettare né consentire l’impunità per chi tortura e uccide”, ha aggiunto l’avvocato Ballerini.
La sentenza è arrivata a poche ore dal sit-in che si è tenuto nella mattinata del 15 luglio davanti alla Cassazione e dove erano presenti numerosi sostenitori di #Giuliosiamonoi. Insuperato e per il momento insuperabile lo scoglio delle notifiche, impossibili per la mancata collaborazione di un Paese che ancora viene considerato amico dell’Italia. Giulio era un ricercatore universitario ed è stato accertato che è stato torturato e ucciso.