Le statistiche danno dati sconfortanti: Torino per i ciclisti è tre volte più pericolosa della media italiana
Dal 2001 al 2020 l’incremento di incidenti a danni dei ciclisti è stato del 60%, su base nazionale il dato medio si attesta al 20%. Dal 2019 al 2021 i ciclisti feriti sono saliti da 249 a 470.
Abbiamo sentito diversi ciclisti: riportiamo ciò che ci hanno raccontato.
Ci sono diversi problemi che un ciclista a Torino deve quotidianamente affrontare, il primo sono le strade sconnesse, i tombini spesso non al livello dell’asfalto, che costringono il ciclista a doversi continuamente spostare per evitare le asperità stradali, per poi essere accusati di andare a “zig zag”.
Le piste ciclabili, ad esempio di C.so Monte Cucco/Grappa, lo stesso dicasi per quelle in c.so Stati Uniti, sono regolarmente frequentate da pedoni.
Nei controviali a priorità ciclabile sono in molto pochi, a meno che non si ricerchi parcheggio, ad osservare il limite dei 20 Km/h, anzi, spesso il ciclista è soggetto a sorpassi rabbiosi, “rasette” che mettono seriamente in pericolo chi conduce la bicicletta.
Le due ciclabili di c.so Vittorio tra piazza Rivoli e Adriano sono gravemente sconnesse, del tutto impraticabili, ad esempio, da biciclette pieghevoli, non omologate per percorsi dissestati, inoltre è strettissima. In autunno sono coperte da uno spesso tappeto di foglie pericolosissimo in quanto scivoloso e che può celare eventuali buchi. Il ciclista che transita per causa di forza maggiore in quei controviali è spesso bersaglio della stizza degli automobilisti, che sono convinti che ove ci sia una ciclabile chi viaggia in bicicletta debba necessariamente percorrerla, anche a rischio di farsi male.
Le ciclabili sono considerate, in particolare dai corrieri, zone di fermata comode per scaricare, la risposta tipica è: “Ma io sto lavorando” oppure “Dove lo metto?”. Sono altrettanto comode aree di sosta per gli automobilisti.
Le aree stradali ciclabili sono spesso occupate da auto, le aree semaforiche riservate ai ciclisti (quelle in rosso) non sono quasi mai rispettate dagli automobilisti.
Spesso a chi viaggia in bici capita di essere sorpassato da un automobilista che poi svolta subito dopo – e repentinamente – a destra, il più delle volte senza freccia. L’indicatore di direzione è diventato un optional per i torinesi.
Sono in numero preoccupante gli automobilisti che non distinguono un attraversamento ciclopedonale da uno pedonale. Molto pericolosa si rivela la svolta a destra dove spesso l’automobilista non usa la freccia e non controlla se dalla ciclabile, soprattutto quando è sul marciapiede (come ad esempio in c.so Trapani angolo via Tirreno, direzione piazza Pitagora), è in arrivo una bicicletta che ha diritto di attraversamento sull’area ciclopedonale.
Non si contano gli automobilisti che aprono le porte senza controllare se qualcuno sta arrivando. Se arriva un’auto gli porta via la portiera, un ciclista finirà ferito quando non all’ospedale.
Un capitolo a parte è quello delle bici da corsa, notoriamente con i piedi “assicurati” ai pedali. La manovrabilità di una bici da corsa è decisamente più ridotta di quella di una city bike, le continue repentine svolte a 90° spesso ostacolate da dissuasori rendono non solo impraticabili le ciclabili ai ciclisti da corsa, ma pericolose. Altro capitolo sono le salite della collina, dove taluni automobilisti sorpassano ad una distanza talmente ridotta da mettere a rischio l’incolumità del ciclista.
In salita non è vietato il sorpasso alle biciclette, che data la ridotta velocità richiede qualche istante, eppure spesso i ciclisti sono oggetto di rabbia da parte degli automobilisti che li accusano di circolare affiancati. Inoltre taluni autisti di mezzi pubblici in collina, ma anche in città, hanno un comportamento tale da mettere in pericolo chi è in sella ad una bici. Il motivo è sempre lo stesso: il passare troppo vicino, con l’aggravante che il mezzo pubblico è lungo. Il pericolo è quindi prolungato, basta un buco, qualcuno che apra una portiera, un pedone col naso affondato nel telefonino che sbuca tra due auto e il rischio concreto di una tragedia aumenta esponenzialmente.
La rabbia di chi è al volante spesso si tramuta in manovre pericolose per l’incolumità del ciclista.
E’ comune che i pedoni manifestino fastidio per le biciclette in area pedonale, nonostante la circolazione sia prevista dall’art. 3 comma 2 del codice della strada.
L’uso della bicicletta riduce il traffico, l’inquinamento, i fattori di rischio delle patologie metaboliche e cardiovascolari. I ciclisti, invece che essere considerati persone che vivono contribuendo alla salute dell’ambiente, alla qualità della vita della collettività, al risparmio del SSN (le patologie metaboliche e cardiovascolari sono per lo più croniche), vengono spesso considerati un peso, un intralcio, qualcosa che dovrebbe sparire.
Sbalordisce la decisione di “appiedare” i ciclisti in transito sul ponte della Gran Madre, proposta fatta da una destra demagogica e notoriamente intollerante. Richiesta accolta dalla maggioranza.
La bicicletta è spesso l’unico mezzo autonomo che i giovani e la base sociale possono permettersi, queste politiche inspiegabili, di una giunta di cui il PD ha la golden share, rischiano di trascinare con sé altre liste che hanno sostenuto la candidatura di Lorusso.
Il ponte della Gran Madre ha due marciapiedi, la carreggiata è talmente sconnessa da essere sostanzialmente impraticabile se non con una mountain bike. Lo stesso dicasi per via Po. Uno dei due marciapiedi del ponte Vittorio Emanuele I potrebbe essere ciclabile e l’altro pedonale. Ciò che sbalordisce è che l’Assessora alla viabilità Foglietta (PD) è anche Assessora all’ambiente. Se ne evince che le politiche di mobilità sostenibile a Torino sono ostaggio dei meloniani, compagine di minoranza.
Considerazione a margine: quante volte al mese un cittadino torinese incontra, al di fuori delle ore di punta, quando taluni transiti particolarmente critici sono presidiati, una pattuglia della Polizia Locale? Domanda che giriamo, oltre che ai torinesi, all’Assessora Pentenero (PD).