L’intitolazione del giardino in c.so Brunelleschi nei pressi del CPR fu proposta dalla Consigliera Daniela Alfonzi (PRC) e approvata in Circoscrizione 3, ora è stata approvata in Commissione Toponomastica
Moussa si tolse la vita nel famigerato “ospedaletto” del CPR di Torino il 23 maggio 2021, quando demmo la notizia, trapelata, non si sapeva ancora il suo nome, ma la fonte era attendibile e la pubblicammo.
Ricordo ancora la sensazione: una morsa allo stomaco che mi salì fino in gola. Pubblicammo alle 11.57, seguirono ore concitate, conferme ufficiali si ebbero solo in tardo pomeriggio.
Venne così fuori la sua storia, una storia che qualunque autore di trame distopiche non sarebbe stato in grado di concepire, purtroppo viviamo in un’Italia dove la realtà supera la peggior fantasia.
I torinesi non hanno scordato il loro Moussa e non lo scorderanno, anche grazie a questa intitolazione. Ricordo la commozione quando in seguito vennero portati i fiori davanti al CPR, durante il funerale alla Moschea Taiba, ricordo la mia voce rotta dall’emozione durante le domande agli intervistati il giorno del suo funerale.
La morte di Moussa Balde per la cittadinanza, non solo torinese, è servita da monito, l’enormità delle circostanze che hanno portato il giovane guineiano a togliersi la vita, ha risvegliato la coscienza dei torinesi che continuano, nell’assoluta indifferenza da parte delle istituzioni, a chiederne la chiusura.
Le circostanze della morte di Moussa Balde non sembrano aver minimamente inciso sul Ministero dell’Interno: i nodi rimangono tutti lì da risolvere, il regolamento CIE 2014 è disatteso, a Torino si è rimpatriato il 18% dei detenuti, estremamente difficile non concludere che il CPR torinese sia diventato un contenitore detentivo non di persone da rimpatriare, ma di persone indesiderate, che in quel luogo vengono quindi segregate proprio perché indesiderate. Ecco perché ricorre la parola Lager, intesa come luogo di segregazione e sofferenza.
L’unica misura intrapresa dal Ministero dell’Interno è stata la chiusura dell’ospedaletto: occorre sottolineare che nelle ipotesi di reato ci sono una decina di agenti della Questura indagati per sequestro di persona. Si capirà a indagini concluse se il reato ipotizzato riguarda proprio la segregazione in quell’area del CPR, utilizzata – a quel punto illegalmente – come struttura di isolamento.
Quel 18% di rimpatri è il sintomo dell’ipocrisia dello Stato che detiene per motivi non contemplati dall’Ordinamento, che prevede che la detenzione amministrativa nei CPR sia ai fini del rimpatrio. Sono in diversi ormai a mettere in discussione la detenzione amministrativa in quanto tale, secondo molti in zona costituzionalmente “grigia”.
Una detenzione senza aver commesso alcun reato penale, detenzione che in assenza di rimpatrio diventa “tout court”. Detenzione decisa in massima parte delle Autorità di sicurezza e ordine pubblico (Questure, Prefetture, Ministero dell’Interno, ecc…), senza una sentenza passata in giudicato ma semplicemente con l’avvallo di Giudici di Pace, in udienze che avvengono all’interno del CPR, nel quale risiede, tra l’altro, un ufficio stranieri della Questura.
La presenza di un ufficio della Questura all’interno dei CPR, può lasciar presagire che possa a tutti gli effetti esercitare pressioni sul personale della struttura, quindi sui medici, ma anche sui giudici onorari stessi, che non appartengono ad un corpo separato e indipendente dello Stato come la Magistratura togata.
Basta leggere i rapporti delle visite ispettive da parte di parlamentari nei CPR sparsi per l’Italia per capire cosa siano quei luoghi e quanto funzionino al di fuori del perimetro normativo. Rapporti dei quali Pressenza dà regolarmente notizia.
E’ notizia recente il rinvio a giudizio di due persone del CPR di Gradisca d’Isonzo (GO) per la morte di Vakhtang Enukidze, il 18 gennaio 2020. Secondo tutte le denunce, anche di parlamentari, appare evidente che queste morti non sono “tragiche fatalità” ma sono morti “annunciate”. Lo abbiamo scritto molte volte: stupisce che nonostante la mole di denuncia pubblica che sussiste a carico dei CPR italiani, le Procure aprano fascicoli solo quando qualcuno muore, quando è troppo tardi.