Fare memoria, invitare all’azione, raccogliere fondi o sensibilizzare ed incalzare le istituzioni.
Sono questi, in sintesi, gli obiettivi che stanno alla base dell’istituzione di giornate o anni dedicati a vari temi.
Con una incessante proliferazione che, però, rischia di svuotarli di senso e farli diventare routinari, vuoti e autocelebrativi.
Non sta facendo -purtroppo- eccezione l’anno europeo dedicato ai giovani, un 2022 che sta passando quasi del tutto inosservato e senza lasciare traccia alcuna, soprattutto sul fronte del lavoro.
Alla fine di gennaio il ministero delle Politiche giovanili, in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, ha lanciato il piano “Neet working”, che ha l’obiettivo di ridurre il numero dei Neet, ovvero gli oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni (l’Italia è prima in Europa) che non studiano, non lavorano e non fanno formazione, attraverso una strategia in tre mosse: emersione, ingaggio e attivazione.
Ma temiamo che anche questo progetto non riuscirà purtroppo a scalfire il problema, come è già successo con il programma UE “Garanzia Giovani” (https://www.anpal.gov.it/garanzia-giovani) valido fino al 2020, risultato del tutto fallimentare, come efficacemente evidenziato -tra gli altri- da Lidia Baratta in Emergenza Neet – Il progetto “Garanzia Giovani” è stato un fallimento totale.
Le ragioni per cui in Italia si contano così tanti Neet sono molteplici e vanno dalla carenza di politiche attive, alla bassa valorizzazione del capitale umano o alle basse opportunità offerte.
Lo sottolineano con puntualità sia l’interessante report di Alessandro Rosina Dati, esperienze, indicazioni – I Neet in Italia – Per efficaci politiche di attivazione, che la ricerca UNICEF “Il silenzio dei Neet.
Giovani in bilico tra rinuncia e desideri” https://www.datocms-assets.com/30196/1602080449-ilsilenziodeineet.pdf. Ma -in definitiva- sono proprio i giovani ad evidenziare alcuni dei limiti delle politiche fin qui implementate.
I giovani intervistati nell’ambito della ricerca “Intercettare i Neet. Strategie di prossimità” pubblicata il 22 febbraio dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e commissionata dal ministero delle Politiche giovanili hanno evidenziato, infatti, una loro scarsa conoscenza delle misure specifiche per i Neet, un’interazione assai blanda con i canali istituzionali, bandi di concorso “troppo lunghi, infiniti e scritti in un linguaggio che non ci è vicino in nessun modo”, centri per l’impiego inefficienti e così via.
Qui alcune slides.
Nessuno ha la bacchetta magica e può illudersi di risolvere con semplicità problemi alquanto complessi e sedimentati da tempo.
Ci sono- tuttavia- esperienze che fin qui (e per oltre un ventennio) sono risultate positive e che andrebbero studiate, fatte conoscere e mutuate.
Ci si riferisce, per esempio, al Progetto Policoro, che 25 anni fa don Mario Operti, in qualità di direttore dell’Ufficio Cei per i Problemi sociali e il Lavoro, attivò per creare una nuova cultura del lavoro e destinato, negli anni, a creare posti di lavoro e a dare speranza a molti giovani.
Il Progetto, che deve il suo nome alla località lucana, Policoro, dove è stato presentato per la prima volta, inizialmente era rivolto alle regioni del Sud dell’Italia e oggi si estende su tutto il territorio nazionale. “Per sconfiggere la disoccupazione è richiesta una cultura nuova, che punti sui beni relazionali, sulla reciprocità, sulla fiducia, sul buon vicinato, una cultura della legalità che sappia sconfiggere un modo di organizzare la vita sociale che penalizza fortemente le capacità e aspirazioni delle collettività”.
Sono le parole di don Mario Operti ed è la “filosofia” di fondo di un progetto arrivato a festeggiare le “nozze d’argento”. Una “filosofia” che troppo spesso è mancata alle cosiddette politiche attive del lavoro sperimentate in questi anni: https://www.progettopolicoro.it/il-progetto/.
Nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite la sostanziale riduzione del numero di giovani che non studiano e non lavorano rappresentava il target 8.6, da raggiungere entro il 2020.
L’Italia non ha rispettato l’impegno: ormai un giovane su quattro nel nostro Paese non lavora né studia o fa formazione, con un’incidenza di Neet molto alta nelle periferie delle grandi città e che raggiunge percentuali elevate al Sud, in particolare in Campania, Calabria e Sicilia.
L’elemento-cardine posto dall’Europa al centro dello stesso Next Generation EU sono proprio i giovani. Eppure, presi dal fiorire dei frettolosi bandi del PNRR e dalla pioggia di soldi che si riverserà- non senza grandi problemi- sui territori, sono propri i giovani ad essere dimenticati e risultare i “grandi assenti”.
Il Progetto Policoro ci insegna che non bastano progetti e risorse né soltanto provvedimenti normativi per cercare di rispondere ai problemi dei nostri giovani.
E che ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie e con relazioni umane. Se non vogliamo perdere intere generazioni dobbiamo fare dei giovani e del loro futuro la vera priorità del nostro Paese.
E -proprio a partire dall’anno che l’Europa ha dedicato ai giovani – cercare, come ha detto Papa Francesco nel festeggiare i 25 anni del progetto Policoro, di abitare questo tempo di crisi “chinandosi sui giovani che non trovano lavoro, i cosiddetti Neet, su quelli che soffrono la depressione, su quelli demotivati, su quelli stanchi nella vita, su quelli che hanno smesso di sognare un mondo nuovo”.
Cambiando radicalmente approccio e imparando ad abitare anche i margini e i conflitti, sapendoli trasformare in capacità di ascolto, di riconoscimento dell’altro e di crescita reciproca all’interno di fitte reti comunitarie e nuove relazioni umane.
Giovani “a perdere” … anche nell’anno a loro dedicato
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