Sabato 9 luglio si è celebrato il trentaduesimo anniversario dell’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 che regola l’export di armamenti italiani: una norma importante che dovrebbe essere maggiormente considerata e valutata dal Parlamento.
Ottenuta grazie alla pressione della società civile, la Legge 185/90 ha anticipato meccanismi e criteri delle norme internazionali che regolano il commercio di armi come la Posizione Comune dell’Unione Europea e il Trattato internazionale sui trasferimenti di armamenti ATT.
La Legge 185/90 si basa sul principio che la vendita di armi non possa essere considerata un semplice business ma debba essere legata a politica estera, rispetto dei diritti umani e ruolo di Pace dell’Italia sancito dall’articolo 11 della Costituzione.
Altro elemento importante è quello della trasparenza, in particolare attraverso la Relazione annuale che il Governo deve inviare ogni anno il Parlamento con tutti i dati sull’esportazione di armi.
Grazie a questi dati (perché l’esportazione di armi è un aspetto troppo importante per essere opaco, come successo nei decenni di scandali prima della Legge 185/90) la società civile – in particolare la nostra Rete Italiana Pace e Disarmo – ha potuto gettare luce su tali dinamiche evidenziando i problemi sulle decisioni di export prese dai Governo, che hanno portato la maggioranza delle armi italiane ad essere vendute a Paesi non UE e non NATO.
Un ruolo importante di controllo è invece assegnato al Parlamento, ma nelle ultime legislature la Camera e il Senato non lo stanno esercitando come dovrebbero, favorendo le pressioni di chi vorrebbe dare “mano libera” all’industria militare.
Notiamo ad esempio con rammarico che al momento della pubblicazione della Relazione del 2022 non ci sono state reazioni adeguate di Deputati e Senatori al grave errore presente nella prima versione documento trasmesso al Parlamento, corretto (in sordina) solo dopo le segnalazioni della nostra Rete.
Per molti anni la Relazione annuale ex Legge 185/90 non è stata nemmeno discussa nelle competenti Commissioni parlamentari, nonostante la pressione in tal senso della società civile e i confronti diretti e importanti che in precedenza avvenivano con cadenza regolare anche con il Governo.
Solo negli ultimi anni qualche seduta parlamentare è stata dedicata all’analisi della Relazione (in qualche caso audendo la Rete e la società civile), ma negli ultimi due anni sono state solo le Commissioni Difesa ad occuparsene.
Una dinamica problematica che permane anche nel corso delle attuali sessioni parlamentari.
Dopo la presentazione della Relazione annuale ad aprile 2022 infatti solo la IV Commissione al Senato ha iniziato un dibattito, di fatto impedendo analoga discussione alla III Commissione Esteri, per ragioni di regolamento.
Uno “stratagemma” che, vista la composizione e la linea politica della Commissione presieduta dall’ex-Ministra della Difesa Roberta Pinotti, ha garantito in pratica un confronto solo sbilanciato sugli aspetti industriali e sulle modalità per favorire (non controllare!) l’export di armi.
Non a caso nel corso delle sei sedute dedicate a questa materia di competenza i Senatori hanno avuto come interlocutori solo Governo ed esponenti dell’industria militare (con l’audizione informale di Guido Crosetto, presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza AIAD).
Il risultato è uno schema di Relazione, in votazione martedì 12 luglio, che chiede al Governo di favorire i contratti “Government to Government” (che favoriscono le aziende assumendo una caratteristica di vendita “politica”) e il ruolo del Ministero della Difesa (per indebolire la funzione di controllo del Ministero degli Esteri, tramite UAMA).
Al momento nessuno spazio alle proposte (riproposte ogni anno) della Rete Italiana Pace e Disarmo in ottica di un rafforzamento del controllo ed allineamento delle decisioni ai principi e ai criteri della Legge 185/90 e delle norme internazionali che, al fine di proteggere le popolazioni civili ed attutire gli impatti negativi di un commercio di armi irresponsabile, prevedono meccanismi di autorizzazione che non mettono i ritorno economico al primo posto.
Dove è finito il controllo su un vero allineamento con i criteri di protezione dei Diritti Umani e non invio di armamenti nei conflitti che tutti i partiti italiani hanno sempre “celebrato” come innovazione positiva della Legge 185/90 ?
Eppure molti sono stati i casi in cui le armi italiane sono state inviate i luoghi di combattimento o di violazione dei diritti delle persone…
Di tali casi si è occupata anche la nostra Rete, sia ottenendo un aumento della consapevolezza del controllo da parte dell’opinione pubblica sia – nel caso delle bombe dirette verso conflitto in Yemen – anche lo stop di alcune forniture.
Iniziative e azioni di cittadinanza attiva, portate pure a livello internazionale, che saranno sempre più difficili se prenderà il sopravvento una visione “affaristica” del controllo dell’esportazione di armi, in netto contrasto con la ratio della Legge 185/90.
In occasione dell’anniversario di questa norma di civiltà chiediamo al Parlamento di tornare a occuparsi in maniera seria di export di armi (in un quadro di controllo complessivo, non come “aiuto” per l’industria militare) portando la positiva esperienza italiana anche in sede internazionale.
Serve rafforzare e implementare al meglio il Trattato internazionale sui trasferimenti di armi ATT e i suoi criteri (dimenticati ad esempio nella gestione dei flussi verso il conflitto in Ucraina). Anche la Rete Italiana Pace e Disarmo sarà presente alla prossima Conferenza degli Stati parti ATT di fine agosto a Ginevra, insieme alla società civile internazionale raccolta nella coalizione Control Arms.
La Rete Italiana Pace e Disarmo, le sue organizzazioni e i suoi esperti ed analisti rinnovano dunque a Camera dei Deputati e Senato della Repubblica la richiesta (e la disponibilità) ad essere auditi dalle competenti Commissioni parlamentari sul tema dell’esportazione di armamenti e della Legge 185/90.