Biodiversità, sovranità alimentare, consumo critico e scambio di saperi: praticare l’agricoltura può diventare una vera forma di resistenza e lotta verso l’agroindustria e la conseguente povertà agricola. A Monastero Bormida, in provincia di Asti, un gruppo di abitanti e contadini ha dato vita alla Casa delle Sementi, un’esperienza collettiva che rinasce in un mulino abbandonato, perché… “non c’è buon cibo senza i contadini”.

«Queste sono sementi autoprodotte e queste altre sono sementi di zucche cubane che arrivano da scambi internazionali con la Via Campesina». Sono queste le parole di Fabrizio Garbarino, che pronuncia indicandomi il contenuto di diversi vasetti durante un evento di scambio semi presso il variopinto orto collettivo La Milpa a Piasco. Le sementi sono appoggiate su un tavolino davanti a noi: ognuna ha forma, colore, struttura e sfumatura diversa da un’altra. Insomma, unica nel suo genere. Minuscoli semi in cui si nasconde la vita e capaci, nel loro piccolo, di trasformarsi in qualcosa di molto più grande ed essenziale per l’umanità.

Al di là del tavolino c’è Fabrizio. Lui è una delle anime dell’Associazione Rurale Italiana e co-fondatore della Casa delle Sementi, progetto che si sviluppa nel Mulino dei Semi di Monastero Bormida. Fabrizio nel valore dell’agricoltura ci crede fortemente. Per lui è ricchezza e biodiversità, ma è anche lotta politica. Secondo la sua visione agricoltura contadina e sovranità alimentare diffusa sono ciò per cui vale la pena lottare e che lo hanno portato a creare una comunità in Valle Bormida (AT) che contrasta, grazie al lavoro collettivo, la perdita di varietà agricola causata dall’agroindustria.

UNA CASA DEI SEMI

Proprio a Monastero Bormida c’è un vecchio e ben conservato mulino del ‘600. Un chiaro esempio di architettura artigianale, operativo fino al 1970 e caduto successivamente in disuso. Era il 2019 e Fabrizio, insieme a un gruppo di abitanti della valle e grazie al permesso del Comune, ha iniziato a prendersene cura dando vita alla Casa delle Sementi: «È un luogo in cui si conservano le sementi autoprodotte dai contadini o dagli amatori del territorio per lo scambio e per una coltivazione dinamica capace di creare un’autonomia contadina».

Del progetto vi avevamo parlato in questo articolo, quando era agli inizi della sua vita. Oggi, a distanza di due anni, molte iniziative sono germogliate da quel piccolo semino che era all’inizio. Recentemente il mulino è stato restaurato dal Comune e oggi non può che essere il posto più adatto per ospitare La Casa delle Sementi. «È stato il luogo di nascita di Augusto Monti, professore antifascista e insegnante di Cesare Pavese e Leone Ginsburg. Lui è nato in quel mulino perché suo padre era mugnaio e poi, a differenza sua, ha intrapreso una carriera accademica e universitaria. A noi piace pensare che questo sia sempre stato un po’ un posto di resistenza».

LA RESISTENZA È CONTADINA

La resistenza qui è portata avanti da un gruppo di contadini alla ricerca di una maggiore autonomia agricola: «Del gruppo fanno parte contadini e aziende del territorio, ma anche esperti agronomi, forestali, membri di associazioni e abitanti della valle che hanno semplicemente a cuore la biodiversità di questi territori». Il vecchio mulino oggi è una casa ma anche un punto di riferimento per tutta la valle: «L’agricoltura deve essere a vantaggio di tutto il territorio, indipendente dal fatto che qualcuno partecipi o meno al nostro progetto».

Così coltivare collettivamente e in maniera agroecologica contrastando la diffusione delle monoculture e della povertà agricola diventa una responsabilità, più che individuale, collettiva. «Questo è anche un modo per toglierci da questo meccanismo perverso delle multinazionali che ormai hanno in mano quasi tutto il monopolio delle sementi, sia quelle per gli hobbisti che quelle per i contadini».

IL REPERIMENTO DEI SEMI

La Casa delle Sementi è un luogo dove poter sperimentare e i membri del progetto coltivano nello spazio prospicente il mulino. Qui vengono organizzate le parcelle, si semina e si raccoglie. «Il progetto si articola su due filoni per il reperimento dei semi: il primo avviene attraverso lo scambio mentre il secondo avviene attraverso l’autoproduzione. L’autoproduzione si sviluppa poi in due modalità: da un lato ognuno si può autorganizzare in autonomia e dall’altro ci occupiamo della semina e della raccolta collettiva nel terreno davanti al mulino.

Quando poi arriva il momento della raccolta, le sementi si distribuiscono a chi le vuole, con il patto che chi le coltiva nel proprio orto ne restituisca una parte alla Casa delle Sementi. In questo modo si innesca un circolo virtuoso di scambio e conservazione dinamica, facendo sì che le sementi si adattino anche alle condizioni climatiche più complicate grazie alla loro capacità di essere resilienti.

«In quest’ultimo anno abbiamo fatto diverse semine: l’autunno scorso abbiamo seminato esclusivamente cereali del territorio, in primavera ci siamo occupati di varietà di mais e di leguminose locali come ceci e fagioli e infine abbiamo avviato una semina estiva. Il Comune ci ha messo a disposizione uno spazio ampio su cui avvieremo una semina più vasta di piante mellifere perché, come sappiamo, senza gli insetti impollinatori l’agricoltura non esiste».

ALLA CASA DELLE SEMENTI LA FORMAZIONE È CONTINUA

«La Valle Bormida è un territorio fatto di tante anime: parte da una zona alto-collinare e giunge fino alla bassa pianura padana dell’alessandrino, sviluppandosi per circa 100 chilometri. Al suo interno si trovano tutte le agricolture, da quella più “eroica” di montagna fino alle zone più “tradizionali” ortive e seminative». 

In questo territorio variegato, la Casa delle Sementi offre una formazione continua: possiamo dire che la forza del progetto risieda proprio nella presenza di professionalità diverse che credono nella formazione reciproca. Così un agronomo trasmette a un forestale le sue conoscenze sulla conservazione delle sementi o sull’organizzazione di un seminativo; a sua volta il forestale forma un contadino sulle specie vegetali e così via. Si scambiano saperi attraverso momenti di incontro, si coltiva collettivamente, si organizzano eventi di scambio semi che siano il più possibile biologici e agroecologici.

L’agricoltura deve diventare sempre più agroecologica e solidale. Deve tornare a essere uno strumento di dignità per tutti.

«Abbiamo realizzato a ottobre il primo evento di scambio semi chiamato “Un sacco di semi”: ci piace cercare di coinvolgere tutta la cittadinanza perché nei territori rurali si è persa la conoscenza su questi temi. Purtroppo i contadini professionali spesso recuperano le sementi finendo per cadere nella “spirale delle multinazionali”. Senza la pretesa di voler salvare nessuno, la nostra idea è diffondere una consapevolezza: è importante garantire l’autonomia sementiera contadina e allo stesso tempo recuperare le conoscenze per metterla in atto. Non è per niente scontato conservare, riprodurre e coltivare le sementi nel giusto modo».

L’ASSOCIAZIONE RURALE ITALIANA

Chiacchierando con Fabrizio ci soffermiamo anche sul lavoro di valorizzazione dell’agricoltura contadina che sta portando avanti l’Associazione Rurale Italiana di cui fa parte e che sin dall’inizio ha ispirato il progetto della Casa delle Sementi. Come ci illustra nel video che trovate in questo articolo, «l’ARI è un’associazione nazionale che esiste dagli anni ‘80»: basti pensare che fa parte della Via Campesina, un movimento internazionale che riunisce milioni di contadini, piccoli e medi produttori, persone senza terra, donne e giovani, indigeni, migranti e lavoratori agricoli di tutto il mondo che difendono la piccola agricoltura sostenibile come modo per promuovere la giustizia sociale e la dignità.

La sua sede è in provincia di Verona e gli associati provengono da tutta Italia, specialmente dalle regioni più significative dal punto di vista agricolo: pensiamo al nord Italia, alla Sardegna, al Lazio, all’Umbria, alla Calabria, alla Sicilia e alla Puglia. In tutte queste regioni sono presenti aziende che aderiscono al progetto.

«Diciamo che cerchiamo di trasformare in pratiche quelle che sono le nostre rivendicazioni politiche. L’agricoltura deve diventare sempre più agroecologica e solidale. Deve tornare a essere uno strumento di dignità per tutti e non di sfruttamento e di coercizione della natura per i nostri interessi. Essere veramente solidali con i contadini e con le contadine di tutto il mondo per noi è fondamentale. Non è la competizione che salva il mondo e noi lo abbiamo imparato con i nostri compagni e compagne de La Via Campesina».

Scritto da: LORENA DI MARIA

Intervista di: LORENA DI MARIA

Riprese di: MANFREDO GIGANTE CORTELAZZI

Montaggio di: PAOLO CIGNINI

 

L’articolo originale può essere letto qui