“Siamo qui per testimoniare la condizione psicologica dei migranti a bordo della nave Open Arms nell’agosto 2019. In qualità di psicologo, in quei giorni ho constatato che le condizioni delle 163 persone recuperate nei tre salvataggi in zona Sar erano drammatiche. Molti presentavano disturbi da stress post traumatico con sintomi fisici e psicologici evidenti. Avevano dolori, accessi di rabbia, atteggiamenti catatonici e di ottundimento”.
Sono queste le parole della deposizione odierna di Alessandro Di Benedetto, psicologo di EMERGENCY al processo all’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini, imputato a Palermo di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver negato lo sbarco a Lampedusa della nave Open Arms nell’agosto 2019 dei profughi soccorsi in mare. Di Benedetto il 17 agosto firmò la relazione sullo stato psicologico dei minori a bordo, che poi ne determinò l’approdo a terra.
“C’erano donne abusate, alcune incinte e si trattava di gravidanze frutto di violenze. Era una situazione a rischio, dove le loro storie individuali, dolorosissime, venivano ulteriormente amplificate dagli spazi ristretti della nave e dal ritardo dello sbarco. – ha spiegato Di Benedetto – Si trattava di una situazione che rischiava di esplodere dove la stanchezza, lo stillicidio di giorni passati sul ponte, i traumi subiti, le condizioni del mare determinavano una condizione fuori controllo: c’erano stati tentativi di suicidio, liti e persone che si erano buttate in mare per cercare di raggiungere la costa. Non capivano perché non li facessero scendere a terra e quindi provavano ansia e rabbia. Quando arrivò l’indicazione del porto sicuro in Spagna eravamo già al punto di non ritorno. Avrebbero dovuto fare altri tre giorni di viaggio con un ulteriore carico di sofferenza aggiuntiva”.
“Tenere persone in mare senza motivo per 19 giorni aggiunge dolore al dolore in persone che hanno vissuto ferite profonde sia fisiche che psicologiche. – ha proseguito in chiusura Di Benedetto – Chiediamo che la salvaguardia delle persone sia la priorità di tutti i soggetti coinvolti nella gestione degli sbarchi, affinché non si ripetano episodi in cui migranti vengano trattenuti su una nave di soccorso aggravando le loro condizioni di fragilità e debolezza, come quei migranti nell’agosto 2019. Essere qui in loro difesa oggi significa dare voce ancora una volta al diritto al soccorso e all’accoglienza, di tutti e senza distinzione di colore”.