Cinquantesimo anniversario del Watergate

Lo scandalo Watergate (smascherato dai giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein) prese il nome dall’omonimo complesso residenziale e per uffici di Washington.

Nella notte del 17 giugno 1972 furono arrestate 5 persone, poi incriminate per spionaggio ai danni del comitato elettorale del candidato democratico alle presidenziali, George McGovern, che nel Watergate aveva sede.

Il processo portò alla condanna dei 5 imputati e di altre 2 persone, legate al comitato per la rielezione del presidente Nixon. Un’apposita commissione inchiodò la corresponsabilità dei più stretti collaboratori di Nixon, che furono costretti alle dimissioni il 30 aprile 1973.

Infine lo stesso Nixon, già travolto dalle proteste per la guerra del Vietnam e rieletto Presidente Usa nel novembre precedente, ammise (dopo averlo negato più volte) di essere stato a conoscenza dell’affare e dei tentativi di arrestare il corso della giustizia per evitare la procedura di destituzione (impeachment).

Nixon si dimise l’8 agosto 1974. Tuttavia, il suo successore Ford lo salvò da qualsiasi conseguenza penale.

 

50 anni dopo il Watergate, la beffa dell’estradizione di Assange

Per una amara ironia della Storia, la Gran Bretagna dispone l’estradizione del fondatore di Wikileaks Julian Assange negli Usa, proprio nel giorno del cinquantesimo anniversario dello scandalo Watergate, scoperto dai sopra ricordati giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein, insigniti allora del Premio Pulitzer per l’inchiesta condotta.

Molti evidenziano la clamorosa contraddizione: una giornata di memoria dedicata alla libertà di stampa (e al giornalismo “watch dog” che smaschera gli scandali del potere) si trasforma nella giornata dell’estradizione (appellabile entro 14 giorni) di Assange, sotto accusa per avere rivelato sulla piattaforma on line Wikileaks documenti riservati contenenti anche informazioni scabrose sui crimini di guerra commessi da truppe americane in Iraq e Afghanistan.

Mentre l’opinione pubblica mondiale si mobilita in difesa di Assange (che rischia una condanna a 175 anni di carcere negli Usa, per i reati di cospirazione e spionaggio) e celebra il coraggio di Bernstein e Woodward 50 anni dopo il Watergate, il leader della sinistra francese Melenchon annuncia, in caso di vittoria nel secondo turno delle elezioni politiche, il conferimento della cittadinanza francese per Assange.

Nell’ultimo giorno di campagna elettorale, le parole di Melenchon (che guida una coalizione fra sinistra antagonista, comunisti, socialisti e verdi – Nupes) sono inequivocabili: “Se lunedì sarò premier, Julian Assange sarà naturalizzato francese e chiederemo il suo trasferimento nel nostro paese. Assange sarà decorato e benvenuto per tutti i servizi resi ai francesi”.

Durissima anche la reazione della Federazione Nazionale della Stampa: “L’estradizione di Assange sarebbe un segnale disastroso per la libertà di informazione”.

 

sul caso Assange guarda il video di Pressenza Italia