Approvato dai capi di stato e di governo dei Paesi membri in occasione del vertice di Madrid, lo scorso 29 giugno, il nuovo concetto strategico della NATO punta a definire la nuova strategia e le rinnovate priorità di cui intende dotarsi l’Alleanza Atlantica, nel contesto di un rinnovato quadro strategico segnato da nuovi rischi e sfide diversificate. Secondo le indicazioni fornite dall’organizzazione, non senza enfasi, «il concetto descrive l’ambiente di sicurezza che l’Alleanza è chiamata ad affrontare; riafferma i nostri valori ed esplicita lo scopo-chiave della NATO, quello di garantire la nostra difesa collettiva. Stabilisce, inoltre, i tre compiti fondamentali della NATO: deterrenza e difesa; prevenzione e gestione delle crisi; sicurezza cooperativa».
Una potente macchina da guerra
Tuttavia, sebbene la NATO continui a definirsi un’organizzazione militare di carattere difensivo, tutt’altro è il quadro che emerge alla lettura del nuovo concetto strategico: ne emerge infatti il concetto strategico di una potente macchina da guerra, con un’articolazione estesa a tutti gli ambiti, capace di dispiegare la sua proiezione ben oltre la sfera euro-atlantica e di puntare i più diversi e lontani contesti geografici e strategici. Cosa c’è scritto infatti nel documento? Sin dalla premessa si pone in evidenza che lo scopo strategico della difesa collettiva viene impostato «su un approccio a 360 gradi» sia in termini di articolazione delle capacità militari in tutti gli ambiti di proiezione, sia in termini di spaccati e contesti di impegno. Si tratta di una capacità militare non puramente difensiva, ma posta a servizio degli obiettivi politici delle potenze occidentali, tanto è vero che «garantire la nostra resilienza nazionale e collettiva è fondamentale per tutti i nostri compiti principali e sostiene i nostri sforzi per salvaguardare le nostre nazioni, società e valori condivisi».
Nel merito, nella sezione dedicata alle finalità e ai principi, l’ordine di priorità è chiaramente definito: «Libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto», mentre nel contesto strategico, si indicano subito i nuovi “nemici”: «La Federazione Russa è la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati e alla pace e stabilità nell’area euro-atlantica», al punto che «non possiamo considerare la Russia nostro partner». Inoltre «le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Cina costituiscono una sfida per i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori», e in particolare «l’approfondimento del partenariato strategico tra Cina e Russia e i loro tentativi … per minare l’ordine internazionale … sono contrari ai nostri valori e interessi». Non manca, chiaramente, il riferimento al terrorismo, in tutte le sue forme e manifestazioni, come «la minaccia asimmetrica più diretta alla sicurezza dei nostri cittadini e alla pace e alla prosperità internazionale», nonché il riferimento sempre più incisivo al cyberspazio come campo di conflitto strategico per il presente e il futuro: «attori maligni cercano di degradare la nostra infrastruttura critica, interferire con i nostri servizi governativi, estrarre informazioni, rubare la proprietà intellettuale e ostacolare le nostre attività militari».
Che la NATO, di fronte a questo scenario, si strutturi come vera e propria macchina per la guerra mondiale, potenzialmente in tutti gli ambiti e in tutti i contesti, è messo in luce in diversi punti della sezione dedicata ai compiti principali: «In un ambiente di competizione strategica, rafforzeremo la nostra consapevolezza globale al fine di scoraggiare, difendere, contrastare e interdire in tutti i domini e in tutte le direzioni, in linea con il nostro approccio a 360 gradi. La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su una appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e da capacità informatiche». E se non fosse sufficientemente chiaro, questa capacità è posta al servizio di una rinnovata strategia di “guerra preventiva”, già enucleata in precedenti documenti strategici: «Rafforzeremo in modo significativo la nostra posizione di deterrenza e di difesa per impedire a qualsiasi potenziale avversario ogni possibile opportunità di aggressione». Senza escludere, elemento di grave allarme, il ricorso al nucleare: «Le circostanze in cui la NATO potrebbe dover utilizzare armi nucleari sono estremamente remote. […] L’Alleanza ha le capacità e la determinazione per imporre a un avversario costi che sarebbero inaccettabili e che supererebbero di gran lunga i benefici che qualsiasi avversario potrebbe sperare di ottenere».
Un attore, anche nucleare, della “guerra globale”: nella sezione dedicata alla prevenzione e gestione delle crisi, infatti, si confermano «le risorse, le capacità, l’addestramento e le disposizioni di comando e controllo per dispiegare e sostenere operazioni militari e civili di gestione delle crisi, stabilizzazione e antiterrorismo, anche a distanza strategica». Rafforzando poco più avanti il concetto, con l’impegno ad aumentare gli sforzi «per anticipare e prevenire crisi e conflitti [al fine di] contribuire alla stabilità e alla sicurezza degli Alleati». L’integrazione e la proiezione militare euro-atlantica portano con sé anche una più consistente integrazione e complementarità tra UE e NATO: «L’Unione Europea è un partner unico ed essenziale per la NATO. Gli alleati della NATO e i membri dell’UE condividono gli stessi valori. La NATO e l’UE svolgono ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano a vicenda nel sostenere la pace e la sicurezza internazionali». L’integrazione militare UE – NATO è del resto confermata anche in documenti UE a partire dalla c.d. «Bussola strategica».
Una strategia globale
Il dispiegamento di questa strategia diventa così a tutti gli effetti globale. In base al punto 45, infatti, «i Balcani occidentali e la regione del Mar Nero sono di importanza strategica per l’Alleanza. […] Lavoreremo con i partner per affrontare le minacce e le sfide alla sicurezza nelle regioni di interesse strategico per l’Alleanza, compresi il Medio Oriente, il Nord Africa e le regioni del Sahel. L’Indo-Pacifico è importante per la NATO, dato che gli sviluppi in quella regione possono influenzare direttamente la sicurezza euro-atlantica. Rafforzeremo il dialogo e la cooperazione con i partner nuovi ed esistenti nell’Indo-Pacifico per affrontare le sfide inter-regionali e gli interessi di sicurezza condivisi».
Un impegno strategico a 360 gradi, come recita il documento, che richiede non solo una crescente militarizzazione ma anche un considerevole incremento nella spesa militare: «Un aumento delle spese per la difesa nazionale e il finanziamento comune della NATO commisurato alle sfide di un ordine di sicurezza più conflittuale». Sono elementi di grave preoccupazione, che configurano sempre più la NATO come strumento militare di una rinnovata visione da “guerra fredda”, una minaccia potenzialmente dispiegata sul mondo intero, contro cui mantenere alte attenzione e mobilitazione.