Un anno dopo la ricerca effettuata alle zone di confine della frontiera Nord d’Italia, a Trieste, Ventimiglia e Oulx, siamo ritornati sugli stessi luoghi per vedere se e cosa è cambiato, in particolare per i minori migranti. Nel rapporto “Nascosti in piena vista”, curato anche quest’anno dal giornalista Daniele Biella abbiamo raccolto testimonianze e raccontato le storie di passaggi e respingimenti di minori soli o con le loro famiglie.
Tante le testimonianze di violenze e umiliazioni subite durante il viaggio, vere e proprie violazioni dei diritti umani e dei diritti dei minori, che fanno emergere un’Europa che corre a due velocità diverse: in uno scenario mondiale profondamente mutato, l’Europa e i suoi Paesi hanno dimostrato di saper spalancare braccia e porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina, ma al contempo si sono dimostrati brutali e disposti a usare forza ingiustificata contro gente inerme, “colpevole” di non avere documenti validi per l’ingresso, ma bisognosa allo stesso modo di un posto sicuro.
Diversi trattamenti alle frontiere
Nei primi tre mesi del 2022, sono stati 35 i minorenni stranieri non accompagnati respinti alle frontiere interne o esterne dell’UE, intercettati dalla coalizione di enti non profit europei Protecting Rights at Borders durante le loro attività.
Probabilmente la punta di un iceberg, se si pensa che solo ad aprile sono stati segnalati 38 minori non accompagnati in transito a Trieste, oltre a quelli accolti dal sistema istituzionale di protezione, 24 sono stati registrati in transito a Ventimiglia e 35 a Oulx. I respingimenti dei “minori invisibili” non si presenta all’ingresso in Italia, ma vengono registrati ancora alle frontiere con la Francia, evidenziando anche il diverso trattamento a seconda dei luoghi di transito.
A Claviere un minore non accompagnato ha più probabilità di essere ammesso presentandosi direttamente alla polizia di frontiera francese, a Mentone invece viene segnalata ancora la pratica della polizia di modificare la data di nascita per fare risultare la persona maggiorenne e quindi espellibile tramite il refus d’entrée, il foglio di via. In ogni caso, se la frontiera francese tende all’apertura, rimangono praticamente insuperabili gli accessi dall’Italia a Svizzera e Austria.
“Il disperato si appiglia a qualunque speranza” dice Mahmoud, padre giordano-palestinese che il team di ricerca ha incontrato con moglie e cinque figli dopo il terzo respingimento al confine tra Mentone e Ventimiglia. Sono in viaggio da due anni, destinazione Germania. In Croazia hanno superato il passaggio tra le frontiere, dopo 20 tentativi. “Nessuno provava compassione per noi (…) sia che fossimo stanchi, affamati o assetati”. “La cosa più importante è farmi stare in una casa e mandare i miei figli a scuola, non voglio nient’altro” aggiunge Mariam, sua moglie. Come questa famiglia, nelle pagine del rapporto ci sono volti e storie di un’umanità ferita ma non rassegnata.
Alcuni dati dal rapporto
Ad aprile sono 14.025 i minori stranieri non accompagnati presenti nel sistema di accoglienza italiano, secondo i dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di cui il 16,3% sono bambine e ragazze, quasi il 70% hanno tra i 16 e i 17 anni e oltre il 22% sono sotto i 14 anni. Per quanto riguarda le nazionalità, la novità di quest’anno è rappresentata dagli ucraini al primo posto (3.906, pari al 27,9%, la cui quasi totalità è ospitata presso parenti o famiglie affidatarie), poi ci sono gli egiziani con il 16,6% e a seguire bengalesi, albanesi, tunisini, pakistani, ivoriani. Gli afghani sono 306 pari al 2,6%, a testimonianza della loro volontà di raggiungere altri Paesi in Europa.
Ad aprile sono entrati nel territorio italiano 1.897 minori soli, di cui solo 272 con gli sbarchi alla frontiera sud e i restanti 1.625 entrati evidentemente dalla frontiera terrestre, in maggioranza ucraini (70,2%), egiziani (8,9%), afghani (3,7%). Le regioni che ne accolgono di più sono Lombardia (19,6%), Sicilia (18%) ed Emilia-Romagna (8,8%).
Con l’arrivo della bella stagione il flusso di minori non accompagnati è aumentato notevolmente: a Trieste dai 38 passaggi di aprile ai 60 di maggio, a Ventimiglia da 24 a 47, a Oulx addirittura da 35 a 150, per lo più ragazzi afghani, che arrivavano sia dalla rotta balcanica che dalla frontiera marittima, cioè dal Mar Mediterraneo, le cui traversate risultano sempre più letali e dove di recente ha ripreso vigore la tratta dalla Turchia alla Calabria.
“Spesso questo transito, soprattutto nell’area Nord del Paese, è un transito invisibile. Per quanto composto da numeri relativamente importanti, rimane un fenomeno sottostimato. Ciò ha una ricaduta sul piano della protezione e dell’assistenza ai minori, soprattutto coloro che viaggiano soli, che da invisibili appunto rischiano di essere esposti a pericoli quali abuso, maltrattamento, sfruttamento e violenza” dice Niccolò Gargaglia, responsabile dell’area protezione e inclusione minori migranti di Save the Children.
Una strada migliore da percorrere
La straordinaria solidarietà dimostrata verso il popolo ucraino, anche in termini di rapidità nell’offrire la giusta protezione alle persone in fuga, dovrebbe mostrare una via possibile per un’Europa migliore. Apertura e accoglienza per chi fugge dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla fame, dalla crisi climatica, in quanto tutte emergenze che costringono tante persone a lasciare le proprie case e i propri Paesi, alla ricerca di un futuro migliore.
Per concludere, riprendiamo le dichiarazioni di dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, in merito alla questione: “Chiediamo alla Commissione Europea l’adozione di una Raccomandazione agli Stati Membri per l’adozione e l’implementazione di politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni ed interni dell’Europa e sui territori degli Stati Membri, promuovendo il loro benessere e sviluppo psicofisico e velocizzando le procedure che riguardano i minorenni non accompagnati, tra cui i ricongiungimenti familiari. Chiediamo, altresì, ai governi europei di astenersi dall’utilizzo di pratiche che erroneamente distinguono fra categorie di rifugiati, rispettando il diritto internazionale e il principio del non respingimento, consentendo l’accesso a tutti i richiedenti asilo, e di estendere le buone pratiche istituite per i rifugiati ucraini a tutti i richiedenti asilo. Infine, riteniamo fondamentale l’adozione di sistemi di monitoraggio delle frontiere, che permettano anche di perseguire i casi di violazione dei diritti umani”.
Per approfondire leggi il comunicato stampa.