Per il Lof Radalko di Curacautín (Araucanía, Cile) e altre comunità amiche della regione, il 18 maggio è stato il giorno del We Tripantu, la festività Mapuche che celebra il ritorno del sole per dare il benvenuto a un nuovo ciclo, il nuovo anno. La larga radura ai piedi del Pillan o vulcano Tolhuaca, limite ultimo delle estese mono-coltivazioni di eucalipto che occupano la zona, si è animata di voci, profumi e danze. Gli invitati sono stati accolti con fuochi, cibo, momenti di preghiera e ringraziamento, ma anche di gioco e confronto attraverso il palin, disciplina tradizionale con cui storicamente si stabiliscono accordi e si risolvono conflitti. Nella radura ancora si riconoscono le tracce delle antiche Araucaria bruciate per far spazio alle piantagioni delle imprese forestali, ma tutto intorno ricrescono lentamente giovani piante native. Questo luogo non è scelto casualmente dalle comunità della zona. Da tempo è in corso un processo di recuperación (recupero, rivendicazione) per sostituire le piantagioni forestali con nuovo bosco nativo. Inoltre, da qui parte uno degli unici sentieri sterrati che raggiungono la cima del vulcano. Ed è qui che un progetto per la produzione di energia geotermica stabilirebbe il suo ingresso principale alla cima ancora popolata da boschi di Araucaria, pianta sacra per i Mapuche e specie protetta in Cile.
Come riportano i documenti di RADA (Red de Acción por los Derechos Ambientales), associazione che appoggia le comunità Mapuche nel monitoraggio della zona, «nel 2017 il Ministero dell’Energia ha concesso l’area di esplorazione geotermica Peumayén, di 9.100 ettari, alla società Transmark Chile SpA, filiale della società olandese Transmark Renewables, che a sua volta ha costituito Adobera SpA»1 con il fine di «costruire una prima centrale elettrica con una capacità di generazione di energia fino a 3 MW al 2023, per poi passare a una di 9 MW nel 2024». Ad aprile 2021, la società ha presentato all’autorità pubblica competente (il Servicio de Evaluación Ambiental – SEA) un progetto per effettuare esplorazioni geotermiche nei pressi del vulcano, chiedendo formalmente se fosse necessario sottoporre tale progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale (il Sistema de Evaluación de Impacto Ambiental – SEIA)2. In tale occasione, il SEA ha ritenuto non necessario lo svolgimento di alcuna valutazione di impatto, in quanto il progetto presentato dall’impresa riguardava esclusivamente (ed apparentemente) solo attività esplorative e una portata di produzione energetica di massimo 3MW (limiti oltre il quale il SEIA è previsto obbligatoriamente).
In realtà, anche le attività di esplorazione – che includono la realizzazione di sei pozzi profondi tra 1.500 e 2.000 metri – rappresentano un evidente rischio per l’ambiente, nonché una minaccia per i diritti umani e comunitari delle famiglie Mapuche. Più precisamente, lo sfruttamento delle acque e dei vapori geotermici potrebbero causare contaminazioni delle falde acquifere più superficiali, a causa dell’elevata concentrazione di minerali, sali e metalli pesanti3. Inoltre, le esplorazioni si svolgerebbero in prossimità di tre aree naturali protette: il Parco Nazionale di Tolhuaca, la Riserva Nazionale di Malleco e la Riserva Nazionale di Malacahuello-Nalcas. Infine, le perforazioni previste comporterebbero la deforestazione dell’area dove verranno trivellati i pozzi con conseguente abbattimento dei boschi di Araucaria, gli unici risparmiati dalle attività produttive dell’industria del legname che detiene il monopolio sulla zona.
Per le persone Mapuche e non attive da anni nella difesa del territorio, la vicenda del progetto Adobera è solo l’ultima di una lunga serie di conflitti con multinazionali dell’energia e della produzione di legname e derivati, ma anche l’ennesima prova dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo ambientale del paese e di coinvolgimento dei gruppi nativi. Secondo la Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali, ratificata dal Cile nel 2008, le comunità indigene coinvolte in progetti estrattivi dovrebbero sempre essere consultate e rese partecipi nei processi decisionali che riguardano il territorio, anche per quanto riguarda piani esplorativi e prima di concedere licenze a imprese4. Nella pratica tuttavia, RADA e le famiglie Mapuche di Curacautín hanno scoperto il progetto Adobera per puro caso, senza essere coinvolti o informati dall’impresa o dalle istituzioni locali. Non solo in questo modo è violato l’impegno sancito con la Convenzione ILO 169, ma è anche impedito alle persone del luogo di accedere alla giustizia: i limiti per presentare ricorso o richiedere una valutazione di impatto ambientale per iniziativa popolare scadono prima che arrivi l’informazione necessaria all’azione.
Il vulcano Tolhuaca è considerato luogo sacro per le comunità Mapuche della zona5: casa della Araucaria, luogo di nascita di fiumi che attraversano l’intera regione e dunque, come sottolinea il lonko Alberto Curamil «il luogo dove nasce la vita stessa»6. Tuttavia, la stessa presenza di comunità indigene nella zona è invisibilizzata e criminalizzata quando si contrappone agli interessi di imprese e Stato. La possibilità per Adobera di eludere i sistemi di valutazione di impatto ambientale si concretizza solo nel momento in cui l’ente competente sui diritti dei popoli nativi CONADI (Corporación Nacional de Desarrollo Indígena) non segnala la presenza nella zona di comunità Mapuche. In questo modo, la stessa esistenza di abitanti nativi e la sacralità del luogo non sono riconosciuti e le famiglie sono esposte a conflitti e rischi socio-ambientali. La celebrazione del We Tripantu con altre famiglie della regione assume in questo senso ulteriori spessori. Significa coesione comunitaria, quella che per il lonko Curamil è la «ricostruzione della nazione Mapuche». Significa rendersi visibili, manifestarsi, contestando le scelte della CONADI e del SEA. E significa infine recuperare un luogo, uno spazio fisico, e con esso anche giochi e musiche tradizionali, spiritualità e tradizioni ancestrali. È in questi momenti collettivi che l’identità storica Mapuche si rivitalizza e si trasforma, saldandosi nel presente contro un modello estrattivista che in Cile coinvolge purtroppo anche l’energia che in Europa consideriamo, forse ingenuamente, sempre pulita e a impatto zero.
2 Si veda la “consulta de pertinencia” dell’azienda, disponibile su https://infofirma.sea.gob.cl/DocumentosSEA/MostrarDocumento?docId=44/6b/0080991cd46d0c8ab205c3cb6bede54953d6
3 Birkle et. al (2001). Impacto Ambiental de Campos Geotermicos. Instituto de Investigaciones Eléctricas, Deplo. Geotermia, Messico. Disponibile su https://inis.iaea.org/collection/NCLCollectionStore/_Public/29/032/29032344.pdf?r=1&r=1
4 Si veda Art. 6 e 7 su consultazione e partecipazione, Art. 15 sui Land Rights https://www.ilo.org/global/standards/subjects-covered-by-international-labour-standards/indigenous-and-tribal-peoples/WCMS_205225/lang–en/index.htm