La realtà, si sa, a volte rompe gli argini delle nostre aspettative. Certo può stroncare, ma anche stupire regalando ancora una speranza: questa l’incredula constatazione che mi riempiva gli occhi e il cuore quel 23 maggio 1993, il giorno del primo anniversario della strage di Capaci. Ero sotto l’Albero Falcone, ci eravamo divisi i compiti noi di Palermo Anno Uno, a me toccava aspettare lì l’arrivo del corteo. Dopo la Piazza del Digiuno, dopo quel tentativo disperato di esserci, noi donne, per dire con i nostri corpi “ho fame di giustizia, digiuno contro la mafia”, dovevamo tentare altre strade che potessero guidare i nostri passi, per portarci “dalla rabbia alla proposta”: questo lo slogan dell’adesivo attaccato alla mia maglietta. Verso l’Albero Falcone avevo visto avanzare come in un sogno quella straordinaria marea umana, il corteo del primo anniversario, mai vista prima e che mai più avremmo visto negli anni successivi nella nostra città.
Questi i miei pensieri mentre la mattina di questo 23 maggio 2022 oltrepasso Porta Felice e cammino verso il prato del Foro Italico dove, su un palco con alle spalle l’orizzonte azzurro del mare, è in corso la cerimonia della memoria del “trentennale”, in diretta TV, organizzata dalla Fondazione Falcone, con ministri e autorità. Cerco di tenere a bada il mio scetticismo mentre calpesto l’erba fresca del prato, troppi i 23 maggio diventati nel tempo un rito sommesso, mentre, dopo 30 anni, non c’è ancora la verità e sempre più sfumate diventano la rabbia, la proposta, ma anche la speranza. Mi guardo attorno: le immagini che emergono dalla luce abbagliante del sole, oggi bruciante come in piena estate, mi impressionano gli occhi dando una sferzata gioiosa ai miei pensieri: le palme svettano su teste e corpi, tantissimi, è proprio gremito il prato del Foro Italico… C’è quasi l’atmosfera di un concerto: telefonini retti da mani tese a registrare, bandiere della pace ondeggianti accanto a volti assorti di ragazze e ragazzi che parlano con i diversi accenti di tante città d’Italia, cappellini rossi tesi su sguardi intensi di bambini e adulti, lenzuoli bianchi con scritte colorate, “la mafia sarà sconfitta dai libri e dalle penne” recita un telo steso sul prato. Certo, le abbiamo dette e sentite tante volte queste frasi, ma mi ritrovo a pensare che molti di questi ragazzi le leggono e le scrivono per la prima volta, che niente è scontato, e che è molto bello che oggi loro siano qui.
Incrocio per caso un ragazzo che mi vuole chiedere qualcosa, sembra più giovane dei 32 anni che mi dice di avere, si chiama Gianfranco e viene dal Piemonte, è qui con altri amici, ha negli occhi una luce che mi colpisce quando mi racconta come da anni studia e legge tutto quello che riesce a trovare per capire meglio la storia di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e di tanti altri che a costo della propria vita hanno portato avanti le idee in cui credevano, quelle idee che devono continuare a camminare su altre gambe, anche le sue, per questo è venuto… Vuole anche visitare i “luoghi delle lapidi” della nostra città, gli segno un percorso che attraversa alcuni luoghi della memoria: i luoghi in cui sono stati trucidati Costa, Dalla Chiesa, Chinnici… Gianfranco mi dice che andrà, prima del corteo, è il suo omaggio a quelle figure… Si ferma quando parla il Presidente Mattarella, registra come fanno tanti altri attorno a noi. Alla fine un applauso attraversa tutto il prato, ed è come se una brezza leggera arrivi a portare sollievo nonostante la canicola. Anch’io mi sento più leggera. Saranno state le parole di Gianfranco, o tutti quegli sguardi giovani, seri, assorti…
Alle 15 c’è un altro appuntamento, quello del sit-in organizzato da Our Voice e Contrariamente davanti alla facoltà di Giurisprudenza: “Giovanni Falcone: passerella di molti e impegno di pochi”, si legge sulla locandina che ha pubblicizzato l’evento. La performance ha immagini forti: su un’impalcatura a forma di sedile con chiavetta attaccata, come per dare la corda, sta una figura di nero vestita (la mafia), accanto due figure rigide e impettite con bombetta e papillon accarezzano i suoi lunghi tentacoli neri, i due adesivi attaccati sulle loro camicie portano uno il logo “Forza-mafia” (sui colori del simbolo di ForzaItalia) e l’altro il logo “Democrazia Collusa” su uno scudo crociato. Gli adesivi riproducono i manifesti con cui sono stati tappezzati qualche giorno fa i muri del centro storico della città. Le due figure fanno rotolare il “papello” pendente dal collo della figura nera che viene poi avvolta dal telo srotolato: è il papello presentato dalla mafia allo Stato? La “trattativa” Stato/mafia aleggia sulla scena. Sullo strascico nero del vestito della mafia sta intanto accoccolata una donna, indicata da un cartello come “ministro della giustizia”, sommersa da carte e documenti… Il riferimento alla riforma Cartabia è evidente… Quando parte il corteo verso l’Albero Falcone (passando da via Cavour con sosta alla lapide Costa e dalla via Isidoro Carini con sosta davanti alla lapide Dalla Chiesa/Setti Carraro) c’è un’unica voce: fuori la mafia dallo Stato. E sulle tante teste campeggiano cartelli molto espliciti: su un cartello un volto facilmente identificabile, circondato da cannoli, diffonde messaggi come “la mafia fa schifo” o “oggi prego per Giovanni Falcone eroe di tutti”, (frasi riportate come “citazioni di un amico della mafia”). Su di un altro cartello si legge “un forte applauso allo Stato che ha trattato – Il papello è quasi tutto realizzato”, e su un altro “no all’ipocrita memoria”.
In via Notarbartolo intanto Gianni Morandi e Malika Ayane cantano e le note di canzoni come “c’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” scatenano l’entusiasmo dei tantissimi ragazzi e ragazze di scuole palermitane e non. C’è già tanta gente quando arriviamo, le donne del presidio contro la guerra, con lo striscione dell’Udi “Fuori la guerra dalla Storia”; riusciamo a mala pena a trovare un piccolo spazio dove restiamo ferme per tutta la durata della cerimonia: da tanti anni non era così. Il minuto di silenzio, alle 17,58, mi emoziona sempre. Solo quando il flusso di chi va via comincia a svuotare lo spazio davanti all’Albero, vedo venirmi incontro una cara amica, Angelica, che cammina faticosamente appoggiandosi al bastone: siamo invecchiate tutte, anche questo dà la misura di questi 30 anni già passati. Angelica mi dice sorridendo: “ce l’ho fatta anche quest’anno”. Lei c’è sempre stata. Intanto incrocio un ragazzo che continua a tenere alto il suo cartello “Il 12 giugno RICORDATEVI del 23 maggio”.
Una domanda si aggira speranzosa nella mia mente mentre torno verso casa: questo 23 maggio forse ha ritrovato qualcosa della forza di quel corteo del 23 maggio 1993 in cui la realtà era riuscita a superare ogni aspettativa possibile?