Il cinquantesimo anniversario della strage di Montagna Longa è stato celebrato con un corteo (organizzato dai familiari, fino alla croce situata in cima al monte sovrastante Carini) e con l’intitolazione della Rotonda di Via Ugo La Malfa a Palermo, su iniziativa del Comune.
Ma cosa avvenne 50 anni fa? Il 5 maggio del 1972, un Dc8 dell’Alitalia si schiantò nei pressi dell’aeroporto palermitano di Punta Raisi, causando la morte di 115 persone: 108 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio.
Tra le vittime di Montagna Longa vi furono cittadini comuni e personaggi illustri: il magistrato Ignazio Alcamo; il regista Franco Indovina; i giornalisti Angela Fais, Alberto Scandone e Francesco Crispi; il figlio dell’allenatore della Juventus, Cestmyr Vycpaleck; l’ispettore del Banco Di Sicilia, Carmelo Valvo; ma anche professori universitari, studenti, medici, ingegneri, commercianti e imprenditori.
A distanza di anni, alcuni giornalisti si soffermarono sulla presenza del magistrato Ignazio Alcamo (apprezzato per il suo rigore contro i mafiosi e i collusi), del giornalista Alberto Scandone (vice-responsabile dell’Ufficio Stampa del PCI) e della giornalista Angela Fais (brillante segretaria di redazione dei quotidiani L’Ora e Paese Sera). In particolare, Angela Fais stava approfondendo il tema delle trame “neofasciste” in Sicilia ed era in stretto contatto con il giornalista Giovanni Spampinato (corrispondente dei quotidiani L’Ora e L’Unità, assassinato – pochi mesi dopo – da un rampollo della borghesia nera di Ragusa). A sua volta proprio Alberto Scandone fu l’artefice dell’approdo di Spampinato al giornale L’Ora, nel lontano 1969.
Per troppo tempo, la strage di Montagna Longa fu archiviata come una tragica sciagura, come un drammatico “incidente” attribuibile a cause naturali oppure ad errori umani dei piloti, ma il quadro cambiò con l’intervento del vicequestore di Trapani Giuseppe Peri.
Diffidente nei confronti della versione ufficiale e ostacolato dai colleghi e dalle istituzioni, Peri avviò una “controinchiesta” ed elaborò, nel 1977, uno scottante dossier, dove ipotizzava che la strage di Montagna Longa fosse un attentato di matrice neofascista nonché uno dei tasselli del mosaico della cosiddetta “strategia della tensione”, insieme allo stragismo (da Piazza Fontana all’Italicus) e ai delitti eccellenti dei magistrati, tra i quali il procuratore capo di Palermo Pietro Scaglione (ucciso il 5 maggio del 1971, dunque esattamente un anno prima) e il giudice Vittorio Occorsio (assassinato nel 1976).
Per tanti anni, l’opinione pubblica ignorò l’esistenza di quel dossier, riscoperto prima dal settimanale I Siciliani fondato dallo scrittore e giornalista Pippo Fava (ucciso nel 1984 a Catania) e poi dai familiari delle vittime di Montagna Longa, grazie alla caparbietà di Maria Eleonora Fais, sorella di Angela.
Oggi il testimone di Maria Fais (scomparsa da alcuni anni) è raccolto dall’”Associazione Parenti delle Vittime di Montagna Longa” che ha tra i più vivaci promotori Ninni Valvo, figlio di Carmelo.
Valvo è deluso e amareggiato per mezzo secolo di verità negata e confida nei risultati della perizia dell’ingegnere Rosario Marretta che, attraverso prove di laboratorio e l’utilizzo di nuovi modelli matematici, evidenzia come una micro carica, posta in un incavo dell’ala, avrebbe potuto creare uno squarcio con perdita di carburante e relativo incendio, riaprendo così la pista del sabotaggio come causale della strage.