Questa mattina in una gremita Sala delle Colonne del Comune di Torino si è tenuta la presentazione del rapporto sull’attivita del Garante comunale nel 2021
Hanno parlato:
– il Sindaco Stefano Lorusso
– la Presidente del Consiglio comunale Maria Grazia Grippo
– la Garante Monica Gallo
– l’Assessora alla sicurezza Gianna Pentenero
Presenti in sala:
– la Vicesindaca Favaro
– l’Assessore alle politiche sociali Rosatelli
– l’Asessore competente per l’Ispettorato tecnico e servizi demografici Tresso
Lorusso ha dichiarato che la condizione carceraria attiene sia ad una condizione di civiltà sia dal punto di vista etico e morale, che strategica. Condizione “che nella società deve contribuire a ridurre l’insicurezza attraverso un percorso di tutela e di attenzione“, ha poi continuato:”percorso che deve poter ridurre la possibilità di recidiva dei reati“.
“La dott.ssa Gallo, è per noi tutti, credo di poter parlare per l’intera istituzione, un grande punto di riferimento per quanto riguarda le tematiche inerenti alle persone private della libertà personale“.
La Presidente Grippo ha sottolineato quanto sia importante superare quello che lei ha chiamato “effetto acquario” ovvero un’amministrazioe che guarda dal vetro le persone detenute occupandosi di alcuni bisogni di base, ma che non “unisce i puntini tra il fuori e il dentro“. Ha poi ricordato gli aspetti inerenti alla detenzione amministrativa, la cui struttura detentiva è il centro per rimpatri (CPR) di via S. Maria Mazzarello 31.
La Garante Monica Gallo ha ringraziato l’aministrazione, il collaboratori del proprio ufficio, il personale delle strutture detentive, nella consapevolezza dei differenti ruoli, ha tenuto anche a ringraziare in modo particolare tutte le persone detenute “che a me si rivolgono stimolando l’impegno al fine di poter alzare il livello di dignità e umanità nei luoghi di privazione della libertà nella nostra città“.
La Garante ha sottolineato come la pandemia abbia rappresentato un’ulteriore difficoltà nella condizione dei luoghi di detenzione, che, a causa di essa, hanno sperimentato un maggior chiusura al mondo esterno: “assistiamo ad una ripresa purtroppo ancora molto lenta“. Nonostante la pandemia “abbiamo svolto le nostre mansioni con costante impegno, spesso andando oltre il perimetro delle nostre stesse competenze, per far sentire dalla la presenza dell’ente che rappresentiamo”. Ha poi parlato di criticità croniche, del loro aspetto incrementale, inerenti al rispetto dei diritti umani sanciti dalla normativa italiana ed europea.
Ha poi continuato parlando di ambienti detentivi ancora troppo spesso degradati, anonimi, in cui la cella resta “l’unico luogo centrale dello svolgersi del tempo carcerario, sia di giorno che di notte”. La Casa Circondariale, il Lorusso e Cutugno, è isolato dalla città: “in questi anni sembra essersi allontanata ancora di più ma è necessario e urgente ripensare come la città possa tornare a dialogare col carcere, evitando che diventi totalmente estraneo da essa”.
“Non dobbiamo interrompere la relazione con chi sta scontando una pena“.
Si è poi rivolta all’amministrazione a cui ha dato atto dell’attenzione al problema: “Guardare con attenzione è molto ma non è sufficiente. Mi rivolgo quindi a voi tutti anche per progredire nella costruzione di uno sguardo prospettico, che guardi in avanti, che indichi come e dove agire per rafforzare ed identificare la tutela dei diritti delle persone private della libertà personale”. Le persone che stanno scontando una pena, ha continuato, “devono sempre essere considerate come appartenenti alla nostra collettività”.
Ha poi indicato un percorso determinato da tre linee guida.
- “Una città col carcere pieno non è una città in buona salute, occorre sottolineare la forte presenza di oltre un terzo delle persone che hanno una previsione di pena inferiore ai tre anni, detenuti che potrebbero, con le opportune condizioni, ritornare sul territorio ed impegnarsi in autentici percorsi di riabilitazione, anche a favore della collettività, di tutti i cittadini”, ha poi sottolineato di come la privazione di un’abitazione, di un lavoro, di relazioni, di una prospettiva esistenziale, pone il proseguo della detenzione come unica alternativa possibile.
- Ha poi affermato: “Occorre preparare il detenuto all’uscita. Lavorare insieme dentro per progettare un fuori. Torniamo quindi pubblicamente a sollecitare nuovamente l’apertura all’interno della Casa Circondariale dello sportello dimittendi. E’ un intervento urgente e necessario. Un percorso strutturato che liberi anche l’Ufficio che rappresento da compiti che non gli competono”
- “Occorre anche un cambio di paradigma della Giustizia”, ha poi continuato ricordando l’insediamento della Ministra Cartabia e di come ci sia stata un’apertura al cambiamento “della prospettiva del sistema sanzionatorio del nostro Paese, con interventi legislativi volti a dare maggiore importanza alle condotte riparatorie ed un possibile ampliamento della messa alla prova“, ciò, afferma la Garante “unitamente ad una riflessione sulle pene sostitutive e sulle pene detentive più brevi, danno la possibilità di svolgere azioni volte al superamento dell’idea del carcere come unica ed effettiva risposta al reato”.
Ha poi affermato l’importanza di “restituire nuovamente senso, dignità e bellezza alla giustizia, e aprire percorsi di riconciliazione autentici”. Ha poi richiamato l’attenzione sulla sempre maggior percentuale di detenuti in giovane età, e di detenuti con problemi di tipo psichiatrico.
Ha poi dato atto di una maggior attenzione, da parte dell’amministrazione penitenziaria, ad una maggior connessione col territorio, cosa della quale, ha aggiunto, da tempo si sentiva l’esigenza.
E poi passata all’altra struttura detentiva torinese: il CPR, ricordando che “l’ospedaletto”, denunciato da tutti gli organismi che si occupano di tutela dei diritti, è stato “definitivamente” – ha affermato – chiuso dopo la morte di Moussa Balde avvenuta un anno fa. Ha poi ricordato le criticità che tutt’ora sussistono in quella struttura. Nel 2021 sono state rimpatriate 111 persone su 630, solo il 18% delle persone migranti detenute in violazione all’art. 15 comma 4 della Direttiva Ue 2008/115/CE (pag. 8): “Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata”.
Il trattenimento per le persone non rimpatriate, ha dichiarato la Garante, “si è quindi configurato come una sottrazione di tempo alla vita”; per queste persone “il trattenimento si è quindi configurato illegittimo”. A causa di tutto ciò si sono aperti due scenari: un elevatissimo numero di tentati suicidi, il rilascio in città di un’alta percentuale di stranieri privi di un titolo valido di soggiorno, spesso privi di relazioni perché provenienti da altre località italiane: “trattenimento senza scopo e rilascio senza prospettive” ha denunciato. Un isolamento, quello all’interno del CPR, rafforzato dal sequestro del telefono cellulare alle persone detenute all’interno del centro e dall’assoluto divieto di accesso alla società civile, ad associazioni che si occupano di assistenza alle persone detenute.
Il cambio di gestione del CPR, ha spiegato, ha permesso l’avvio di un dialogo con l’attuale gestore, la ORS, finalizzato ad individuare cambiamenti, che, ha specificato, devono trovare il consenso e la condivisione della Prefettura.
Ha aggiunto: “E’ onere del Prefetto il coordinamento con tutte le strutture sanitarie pubbliche“, ricordando che il protocollo con l’ASL che il Prefetto è tenuto a stipulare in base al regolamento CIE (pag. 3), che ricordiamo essere del 2014, è tutt’ora “in fase di definizione“.
La dichiarazione della Garante di Torino Monica Gallo:
La dichiarazione della Direttrice del Lorusso e Cutugno Cosima Buccoliero: