Milioni di palestinesi in tutto il mondo, nella diaspora come nelle varie zone della patria, hanno commemorato il 74esimo anniversario della Nakba, la cacciata dei palestinesi dalle loro case nel 1948. Una commemorazione che è stata insanguinata dall’assassinio a Jenin della giornalista Shireen Abu Aqile e dalle triste scene del pestaggio durante la processione funebre.
Anche queste commemorazioni sono state represse con la forza delle armi a Gerusalemme, come a Nablus ed a Haifa.
Gli studenti palestinesi dell’Università di Haifa ed i progressisti israeliani con loro solidali sono stati manganellati dalla polizia davanti alla sede universitaria.
La bandiera palestinese fa paura al governo di Tel Aviv.
I coloni estremisti invece hanno compiuto un’incursione sulla spianata delle moschee a Gerusalemme, scortati dalle forze di occupazione.
Un palestinese di Jenin, Daoud Zubaidy (43 anni) è morto in ospedale, in conseguenza delle ferite subite dalle pallottole dell’esercito israeliano.
Poco prima dell’annuncio della sua morte, la sua camera d’ospedale è stata invasa da un gruppo di coloni guidato dal deputato Itmar Bin Gvir.
I sostenitori del parlamentare israeliano, in presidio davanti all’ospedale, hanno gridato: “Morte agli arabi”.
L’inchiesta di Haaretz sull’uccisione di Shireen aggiunge nuovi dettagli e rivelazioni di alti ufficiali dell’esercito.
C’è un soldato delle truppe scelte che è stato interrogato: ammette di aver sparato da un mitra con il cannocchiale di precisione, ma non ricorda di aver riconosciuto la vittima.
La versione ufficiale israeliana cambia quindi per la quinta volta, nel tentativo di assorbire la condanna e lo sgomento dell’opinione pubblica internazionale.
Il Segretario di Stato Blinken ha informato di aver sentito la famiglia della vittima e di “aver portato le condoglianze, per la scomparsa di una giornalista dalle grandi doti professionali”. Shireen Abu Aqile è anche cittadina statunitense.
Blinken ha insistito sulla necessità di un’inchiesta trasparente, ma ha sottolineato che Washington non fa parte delle indagini in corso. Il primo ministro dell’ANP Shtie ha ribadito di nuovo, in un discorso pubblico a Ramallah, che la procura palestinese non collaborerà con i responsabili dell’assassinio della giornalista e che non saranno consegnate all’esercito israeliano le prove del delitto, ma tutte le risultanze dell’inchiesta saranno messe a disposizione della Corte Penale Internazionale alla quale l’ANP farà ricorso per garantire alla giustizia i responsabili.