“L’anno scorso era il centenario della nascita de Paulo Freire, teorico di quella che lui stesso definì La pedagogia degli oppressi, e le adesioni alla Settimana nazionale del Freire arrivata alla 23 edizione in quel di Modica in Sicilia, furono particolarmente numerose: eravamo una trentina, contando anche i bambini, incontro riuscitissimo! Quest’anno abbiamo celebrato i primi di maggio il 25imo della sua morte, e le adesioni a questa 24ima edizione stanno quasi raggiungendo il numero ideale, invitiamo gli interessati ad affrettarsi, perché la data ultima per iscriversi è fine maggio. La regione che ci accoglierà questa volta è la Calabria, a pochi passi dalle spiagge di Tropea, e come sempre il paesaggio avrà un ruolo non secondario nell’aggiungere bellezza all’intensità delle attività e dei laboratori, nell’arco di una settimana quanto mai coinvolgente.”
A raccontarmi la Settimana Nazionale del Freire, di là dal filo, c’è Simone Deflorian, appassionato di processi partecipativi, consulente per lo sviluppo di processi di Community Building e di Coesione Sociale, apprezzato formatore con una notevole esperienza alle spalle e tantissimi titoli importanti che trovate elencati nel sito di Studio Kappa, la società da lui stesso fondata ad Asti.
Gli chiedo com’è cominciata questa storia, e le circostanze di questo incontro con un metodo educativo così geograficamente lontano dall’Italia, dove l’ovvio punto di riferimento sarebbe un Danilo Dolci, o la Scuola di Barbiana di Don Milani… Gli viene naturale partire proprio dalle sue stesse origini, dal doloroso trasferimento dal Trentino della nonna, rimasta vedova giovanissima con un figlio piccolo dopo aver perso il marito nella campagna di Russia (“mai più ritrovata neppure la tomba, chissà dove saranno finiti i resti, si lamentava sempre lei”). Approdò per forza ad Asti, dove aveva almeno un fratello prete in grado di accoglierla, con il figlioletto e la classica valigia di cartone con tutto quel che aveva. “Questo per dire delle origini della mia famiglia, che sono state di grande difficoltà: mia nonna al lavoro giorno e notte come infermiera, mio padre in collegio fin da piccolo e fino alla fine degli studi, praticamente murato vivo per tutta l’infanzia e l’adolescenza.” Poi il diploma di insegnante, i primi incarichi a Praia, quartiere tuttora malfamato, figurarsi a quell’epoca. E poi nasce Simone, e la sua crescita avviene in un contesto naturalmente ben diverso da quello di suo padre, però con una fortissima predisposizione al lavoro nel sociale, per esempio come educatore di strada.
E a un certo punto, primi anni 70, è inevitabile l’incontro con don Gino Piccio, prete operaio, prete di strada, prete viandante, obiettore di coscienza, insomma tutto meno che un prete ‘normale’ che a Paulo Freire si era avvicinato attraverso la lettura del suo testo più famoso, il già citato La pedagogia degli oppressi, ma già da prima aveva stabilito il quartier generale del suo attivismo in un luogo chiamato Cascina G, nel piccolo comune di Ottiglia alla periferia di Asti. Cascina G diventa la sede naturale di tutto ciò che Don Piccio già da tempo pensava e praticava, e che il pensiero di Paulo Freire gli permette di mettere in pratica ancor meglio, come vero e proprio metodo, come proposta di coscientizzazione dal basso, come esercizio di problem solving (diremmo adesso) dal vivo delle emergenze, come sintesi di istanze dal basso, su base comunitaria.
Le devastazioni provocate dal terremoto del Friuli e più ancora quelle in Irpinia diventano il campo di prova per le diverse squadre di volontari organizzate da don Piccio, su richiesta della stessa Caritas, con la disponibilità anche economica della Provincia Autonoma di Bolzano. E di tutte queste esperienze Cascina G diventa anche il luogo della ‘restituzione’, in particolare con l’annuale settimana di formazione, che vede sempre più coinvolto anche il giovane Simone Deflorian.
Nel giro di pochi anni viene naturale pensare a un’edizione anche itinerante, per andare incontro alle richieste che vengono dal centro-sud dell’Italia. E a un certo punto, 10 marzo 2014, anche Don Piccio se ne va, qualche mese dopo Cascina G viene restituita al proprietario. Ma il significato di quell’esperienza accumulatasi negli anni è troppo importante per fermarsi lì, e al massimo finire esposta e ben documentata in qualche bell’archivio… ed è appunto Simone Deflorian che la sta portando avanti con questi incontri estivi, ogni volta in una regione e sede diversa.
“Incontri senza alcun fine di lucro” tiene a precisare. “Neanche in termini di corrispettivo professionale per coloro che mi affiancheranno anche quest’anno nell’organizzazione: Anna Zumbo, Irene Romeo, Rocco Paolo Padovano…. Non è un format che vendiamo, non c’è alcun guadagno. Si tratta proprio di una proposta di percorso, che ogni anno sperimentiamo insieme, e quindi in totale autogestione: dove tutti condividono tutto, il proprio vissuto, la propria voglia di mettersi in gioco, le proprie idee, risorse, aspettative, e questo anche a livello di gestione economica. Tanto per dare un’idea l’anno scorso, per un’intera settimana di attività a ciclo continuo, vitto e alloggio compresi, siamo riusciti a spendere ca € 115 a testa, veramente nulla!…” conclude con una soddisfazione davvero insolita per questo genere di proposte di cosiddetto ‘sviluppo personale’, che spesso sono tutt’altro che a buon mercato.
Se l’anno scorso il tema era “L’anelito di ogni uomo e di ogni donna è quello di essere di più”, quest’anno il focus sarà su “La Parola Autentica”, un tema quanto mai sensibile in tempi di sempre più frequente stravolgimento della comunicazione a tutti i livelli: interpersonale, politico, sui media, nella sempre più ‘spontanea’ autocensura di significanti che non sempre significano la stessa cosa persino all’interno di gruppi amicali, per non dire politici – e che in clima di crescente polarizzazione non si ritrovano letteralmente più. “Sempre più difficile comprendersi, anche fra membri della stessa famiglia, come è stato evidente nell’arco di tutti questi mesi, per esempio in tema di vaccini e Green Pass – e lo stesso meccanismo si sta replicando adesso per la guerra in Ukraina… e domani per chissà quale altra divisiva situazione… Ci sarebbe parecchio su cui riflettere e molto lavoro da fare.”
Ma il lavoro di gruppo non si limiterà ovviamente a questi nodi legati alla mera attualità. Il metodo di coscientizzazione di Paulo Freire è un campo di riflessione quanto mai ampio, e suscettibile di rinnovamento nella pratica delle più diverse applicazioni. Nella settimana di sperimentazione (chiarisce il comunicato stampa) i partecipanti sono invitati a partecipare a questo percorso innanzitutto con il loro vissuto. Non si tratta di una settimana di simulazione o di role playing, ma di una settimana di vera e propria riscoperta, riappropriazione e messa in pratica del metodo di Paulo Freire.
Come già nelle precedenti edizioni, le giornate cominceranno con momenti di lavoro manuale al mattino, mentre il pomeriggio sarà più dedicato a momenti di ricerca e applicazione del metodo, con proposte di esercizio e riflessione la sera. “Ma sarà soprattutto il vissuto dei partecipanti ad essere valorizzato, in quanto risorsa di coscientizzazione per tutti, oltre che di apprendimento” chiarisce Simone Deflorian.
Le iscrizioni si chiudono il 31 maggio e per inviare la propria adesione o per maggiori approfondimenti ecco il numero cell 347 8672467 e vari link utili:
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