Martedì scorso in tutta Italia centinaia di ragazze e ragazzi si sono mobilitati a suon di flash mob per chiedere lo Ius Scholae per oltre 1 milione di studenti della cosiddetta “seconda generazione”. Abbiamo raccolto la testimonianza di Deepika Salhan, attivista per la neonata rete #dallapartegiustadellastoria.
Foto di @michaelyohanes87
Quando ci si preoccupa dei cervelli in fuga, si tiene conto e si fa tesoro dei cervelli che invece sono fuggiti qui da noi? Quando si dice che in Italia non si fanno più figli e che la popolazione decresce ed è sempre più vecchia, si tiene conto dei minori e ex minori con genitori stranieri che ancora non hanno la cittadinanza italiana?
Sono oltre un milione i minori nati da genitori stranieri che vivono in Italia e che, insieme a bambine, bambini, ragazze e ragazzi venuti nel nostro paese da piccoli, fanno parte della cosiddetta “seconda generazione” e non hanno ancora la cittadinanza italiana. Un problema che quotidianamente li mette di fronte a disuguaglianze inaccettabili e danneggia in primis la stessa società e il futuro del paese.
Una situazione fuori dalla storia, anacronistica, dove le istituzioni non tengono conto dei cambiamenti radicali della cultura e della società italiane. Uno studente su dieci in Italia non ha la cittadinanza, ma le “differenze” sono percepite solo dalle vecchie generazioni. Per le giovani e i giovani italiani il problema non esiste, sono le loro compagne e compagni di studi, loro amiche e amici, loro concittadine e concittadini.
L’ultima legge sulla cittadinanza risale al 1992, proprio negli anni in cui ha avuto inizio la globalizzazione. Trent’anni segnati da grandi e evidenti cambiamenti sociali, culturali, antropologici nel mondo intero.
Per dare finalmente voce e diritti a questi italiani senza cittadinanza, dopo il fallimento delle proposte di legge per lo Ius Soli, è stato formulato lo Ius Scholae. Si tratta di un provvedimento che conferirebbe la cittadinanza italiana agli studenti nelle nostre scuole con genitori stranieri, perché è proprio a scuola che si generano e si costruiscono l’integrazione e l’inclusione. Inoltre, parlando in termini di grezzo utilitarismo, invece di investire sulla “seconda generazione” che si forma nelle scuole italiane e trarne supporto per l’economia del paese, le vengono tagliate le gambe in partenza.
Deepika Salhan, attivista per lo Ius Scholae
Martedì scorso in molte città italiane centinaia di ragazze e ragazzi hanno manifestato a suon di flash mob perché lo Ius Scholae venga finalmente approvato entro la corrente legislatura. Abbiamo raccolto la testimonianza di una di loro, Deepika Salhan, attivista della neonata rete #dallapartegiustadellastoria.
Ventidue anni, laureata in Scienze Politiche, sta proseguendo gli studi magistrali in “Politica, Amministrazione e Organizzazione” all’Università di Bologna. Tutte premesse per una brillante carriera che però, a differenza di quella dei coetanei cittadini italiani, è un difficile percorso a ostacoli da fare con il freno a mano tirato. Ecco perché:
“Essere una giovane italiana senza cittadinanza è un limite molto grave. La burocrazia italiana pone nella nostra vita molti ostacoli e complicazioni, oltre a farci sentire diversi rispetto ai nostri coetanei con cui siamo cresciuti e che hanno fatto il nostro stesso percorso di studi. La discriminazione non si nota nella vita di tutti giorni perché mai mi è capitato di venire etichettata come una senza cittadinanza. C’è stata sempre un’atmosfera di uguaglianza, di parità. Le persone hanno sempre accettato bene le mie origini indiane.
Le differenze si vedono nelle occasioni mancate e nelle scelte di vita obbligate, come non poter fare i viaggi di istruzione all’estero, un master all’estero, o l’Erasmus, non poter votare, non poter accedere ai concorsi pubblici o ai tirocini. Non avere la cittadinanza porta a fare delle rinunce che ti cambiano la vita che vorresti. Tutti intorno a te ti vedono come uno studente italiano, mentre l’Italia non ti riconosce come effettivamente italiano: è un po’ l’incoerenza delle nostre istituzioni.
Ho avuto limitazioni sulla scelta del master dopo la laurea che avrei voluto fare all’estero, ho dovuto rinunciare all’Erasmus per un sacco di complicazioni economiche e burocratiche nonostante avessi vinto il posto per frequentare un semestre in Svezia. Tutto mentre le mie compagne e i miei compagni sono partiti senza problemi. Ti senti in una situazione di disagio, ti senti diversa, ma sulla base di un documento, di una parola che non è scritta sulla tua carta d’identità. Il paradosso è che ho fatto gli studi in Scienze internazionali e diplomatiche e non posso specializzarmi all’estero o partecipare a concorsi pubblici. So anche di ragazzi e ragazze che volevano intraprendere la carriera militare o entrare nelle forze dell’ordine e non hanno potuto perché il primo requisito è la cittadinanza italiana”.
Le istituzioni italiane sono anacronistiche per scelta politica
Deepika Salhan ha spiegato anche perché l’Italia è un paese fuori dalla storia: “Dall’ultima legge per la cittadinanza italiana del ‘92 l’Italia è completamente cambiata. Ci sono moltissime persone venute da fuori che danno il loro contributo come cittadini per questo paese tutti i giorni, in tutti i sensi. Nasciamo, viviamo, cresciamo, lavoriamo e paghiamo le tasse. Ma soprattutto teniamo all’Italia. Bisognerebbe avere una visione più aperta del concetto di cittadinanza, che ancora viene visto come una sorta di premio da dare al migrante dopo un tot di anni che ha vissuto nel Paese. Oggi in Italia ci sono moltissime persone senza cittadinanza che ci nascono in questo paese.
Le istituzioni italiane sono anacronistiche, non c’è volontà di cambiare soprattutto nella fase storica in cui siamo. Si preferisce chiudere entrambi gli occhi davanti alla realtà: nelle scuole la maggioranza degli studenti ha un background migratorio.
Un altro impatto forte che si ha è quello del mancato diritto di voto. Quando ho compiuto diciotto anni assieme ai miei compagni eravamo tutti molto contenti perché subito dopo ci sarebbero state le elezioni e avremmo votato per la prima volta. Io però non ho potuto e non posso farlo ancora. Per legge i dieci anni di residenza li ho, la domanda l’ho fatta nel settembre del 2019, ma sono ancora nel limbo indefinito di attesa che di media dura dai quattro ai sei anni.
Non poter partecipare alla vita politica sia attivamente, sia passivamente significa non poter avere una rappresentazione politica, non permetterci di risolvere le nostre problematiche. Non abbiamo un referente che ci ascolti.
Le istituzioni italiane oggi devono avere il coraggio di questa scelta e di cambiare. Devono permettere questo riconoscimento. Se non lasciamo adesso il passo alle seconde generazioni, quando lo vogliamo fare? Bisogna lasciare spazio a chi vivrà questo paese i prossimi anni, mentre ci si basa ancora su una realtà superata, vecchia di trent’anni.
È chiaramente un fatto politico. L’ostruzionismo con più di 500 emendamenti fatti alla proposta dello Ius Scholae dell’onorevole Brescia è evidente. Tra questi, quello della Lega di Salvini per cui ottieni la cittadinanza se sai dove si fanno le sagre dimostra che non si vuole cogliere la grande opportunità che noi rappresentiamo per il paese.
Dai sondaggi risulta che la maggior parte della popolazione è d’accordo a dare questo riconoscimento, ma esattamente come succede con tutti gli altri temi che riguardano i diritti civili, la classe politica tentenna e non ha il coraggio di prendere una posizione, di fare un avanzamento che renda l’Italia un paese migliore”.
La Rete per la Cittadinanza #dallapartegiustadellastoria
Appena un anno fa è nata “Rete per la Cittadinanza” con l’hashtag #dallapartegiustadellastoria”, una rete che collega e riunisce tutte le associazioni italiane impegnate nella campagna per ottenere lo Ius Scholae. L’obiettivo è quello sia di sollecitare l’attenzione della cittadinanza italiana, sia soprattutto di spronare la classe politica per riformare la legge del ‘92. Attraverso diverse mobilitazioni si sono attivate le scuole e le università di tutta Italia, sono state tenute conferenze stampa e incontri con l’On. Brescia. È di ieri la notizia per cui finalmente è stata calendarizzata il 24 giugno la discussione presso la Camera dei Deputati.
Deepika Salhan l’ha commentata così: “Questa è un’ottima notizia e dà grande soddisfazione soprattutto a noi che facciamo parte della rete per la riforma della cittadinanza. Significa che le mobilitazioni stanno funzionando, il riscontro sociale è molto forte e positivo e di conseguenza si sta aprendo qualche finestra a livello politico. Attenderò con ansia la discussione del 24 giugno: sicuramente è un buon inizio, ma il margine di miglioramento garantirebbe un diritto alla cittadinanza più equo e inclusivo”.