Ha ragione Papa Francesco: in ogni epoca della storia ci sono, purtroppo, degli “Erode”. E per trovarli non occorre spingersi fino in Texas, in quegli Stati Uniti perennemente in guerra anche con sé stessi, ove si è consumata l’ennesima strage di innocenti. Né puntare il dito sull’auto piombata pochi giorni fa su una scuola materna dell’Aquila che ha ucciso un bambino di quattro anni e ne ha feriti altri quattro. “Erode” è sempre più tra noi, quotidianamente. Quando -per esempio- non solo ci ostiniamo a rendere le nostre città sempre più invivibili (soprattutto) per le nostre bambine e i nostri bambini (altro che Città delle Bambine e dei Bambini https://www.lacittadeibambini.org/progetto/ o Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza https://www.lacittadeibambini.org/wp-content/uploads/2018/04/Convenzione-ONU.pdf), ma quando non riusciamo neppure a liberare i cortili delle scuole dal parcheggio delle auto di personale e genitori (perché potenzialmente pericolosi e perché privano i più piccoli di spazi di gioco ed educazione all’aperto) o quando non riusciamo neanche a tirare su quelle Strade scolastiche (“minimo sindacale”) per interdire la circolazione a motore davanti a ogni scuola. Scaricate l’ebook: “Strade Scolastiche, nuove Piazze per le Città” di BikeItalia.
Sui nostri minori continuiamo a registrare retorica e buone intenzioni, immancabilmente destinate a lastricare le strade per l’inferno. Un “Inferno” puntualmente registrato anche quest’anno -nell’indifferenza dei più- dalla quarta edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia, presentata recentemente dalla Fondazione Cesvi, che ha evidenziato un aumento, nel nostro Paese, del maltrattamento all’infanzia, anche a causa dell’impatto della pandemia sulla salute mentale collettiva. Un rapporto che ha tracciato un quadro del fenomeno da cui emerge una situazione di sofferenza generalizzata in cui i più fragili, a cominciare da bambini e adolescenti, pagano il prezzo più alto.
L’Indice, intitolato Il tempo della cura, ha esaminato la vulnerabilità al maltrattamento dei bambini nelle singole regioni italiane, attraverso l’analisi dei fattori di rischio presenti sul territorio e della capacità delle amministrazioni locali di prevenire e contrastare il fenomeno tramite i servizi offerti. Il risultato è una graduatoria basata su 64 indicatori classificati rispetto a sei diverse capacità che rappresentano la struttura portante dell’Indice: capacità di cura di sé e degli altri, di vivere una vita sana, di vivere una vita sicura, di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare e di accesso a risorse e servizi.
La ricerca ha scattato una fotografia dell’Italia a due velocità: al Sud il rischio legato al maltrattamento è più alto e l’offerta di servizi sul territorio è generalmente carente o di basso livello. Le otto regioni del Nord Italia sono tutte al di sopra della media nazionale, mentre nel Mezzogiorno si riscontra un’elevata criticità: le ultime quattro posizioni dell’Indice sono occupate da Campania (20° e ultimo posto) Sicilia (19°), Calabria (18°) e Puglia (17°). La regione con maggior capacità di fronteggiare il fenomeno del maltrattamento all’infanzia è il Trentino-Alto Adige che quest’anno per la prima volta supera l’Emilia-Romagna, grazie ad un netto distacco dalla media nazionale rispetto ai fattori di rischio. L’Emilia-Romagna, pur confermandosi la regione con il sistema più impegnato nella prevenzione e cura del maltrattamento all’infanzia, perde la prima posizione dopo tre anni sul podio, a causa di un peggioramento dei fattori di rischio. Seguono Friuli-Venezia Giulia (3°), Veneto (4°) e Umbria (5°).
Le regioni “a elevata criticità”, ovvero quei territori nei quali, a fronte di elevate problematiche ambientali, rappresentate da fattori di rischio elevati, non corrisponde una reazione del sistema dei servizi, rimasti invece al di sotto della media nazionale, sono otto: la Campania, la Sicilia, la Calabria, la Puglia, il Molise, la Basilicata, l’Abruzzo e le Marche. Colpisce registrare la Campania ancora al 20° posto analogamente all’anno scorso, sia rispetto ai fattori di rischio che ai servizi, pur in presenza da anni di un presidente avvezzo a (s)parlare di tutto e di più, ma -a quanto pare- poco propenso ad occuparsi di welfare e soprattutto di minori. La Calabria, la Sicilia e la Puglia hanno una situazione piuttosto simile a quella campana, collocandosi sempre tra la 15 a e la 19 a posizione, le Marche e l’Abruzzo si avvicinano di più alla media nazionale sia per i fattori di rischio che per i servizi. L’Indice è disponibile sul sito di Cesvi, nella notizia dedicata.
Il rapporto si conclude ribadendo la necessità di un piano di interventi strutturale per rinforzare la resilienza di persone e famiglie, per curare e formare i curanti e per investire in un capitale sociale sempre più solidale e includente. Occorrono, in particolare, azioni sistemiche e di medio-lungo periodo per le politiche di prevenzione e contrasto al maltrattamento ed è fondamentale agire tanto sui fattori di rischio quanto sul complesso del sistema dei servizi per adeguarli e potenziarli. E servono immediatamente risorse su sanità, scuola e giustizia. Nello specifico del Sud, è necessario poi ridurre il divario sociale ed economico delle regioni del Mezzogiorno tramite l’attuazione pratica dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Socioassistenziale), scongiurando che il costo sociosanitario per le prossime generazioni diventi insostenibile.
Dovremmo tutti costantemente ricordarci di essere stati una volta anche noi dei bambini e dovremmo rivedere profondamente l’amministrazione delle nostre città, da quelle più grandi fino al paese più piccolo, considerando il bambino come principale destinatario della programmazione amministrativa e principale fruitore degli spazi e dei servizi della città: https://www.youtube.com/watch?v=i0kfW32PszA, unico modo per cercare di contrastare concretamente i tanti “Erode” che ancora abitano quotidianamente tra noi, anche in assenza di lutti e tragedie.