Il Prefetto scrisse una lettera protocollata alla Regione Piemonte per sollecitare le visite d’idoneità alla detenzione amministrativa che per norma l’ASL TO1 deve effettuare
Il sollecito del Prefetto, dello scorso dicembre, ci risulta ancora essere lettera morta. Ciò significa che il CPR di Torino non è tutt’ora a norma di leggi e decreti ministeriali.
Da anni le visite d’idoneità non vengono effettuate nel rispetto delle norme, vengono, lo ripetiamo: da anni, effettuate da medici contrattualizzati dall’ente gestore.
Ciò che stupisce è che il Viminale – la situazione del CPR Brunelleschi viola il proprio stesso decreto – non ne abbia disposto la chiusura.
Stupisce anche che la Magistratura non ne abbia mai disposto il sequestro. Eppure se in un cantiere vengono violate le normative il Magistrato ne dispone il sequestro.
La morte di Moussa Balde non è una tragica fatalità, dal punto di vista medico è il risultato di una serie di fattori: in primo luogo la qualità delle visite d’idoneità. Moussa Balde non era evidentemente idoneo alla detenzione all’interno del CPR; in secondo luogo un’altrettanto evidente carenza di assistenza psichiatrica che l’ASL TO1 per legge deve fornire, all’interno del CPR. Questa Giunta regionale piemontese, però, ha deciso di decurtare la psichiatria piemontese, già ampiamente smantellata, di altri 5 milioni di euro, una decurtazione complessiva di 10 milioni in due anni.
Per quanto riguarda l’assistenza medica nel CPR di Torino ci risultano due fattori di massima: una riluttanza da parte dell’ASL TO1 alla presa in carico dei pazienti per le cure essenziali e continuative dovute per legge e per norma costituzionale, dall’altra una grave sottovalutazione degli aspetti medici, in particolare psichiatrici, da parte dell’ex gestore del CPR, Gepsa s.a.
Eppure, nonostante la morte di Moussa Balde avvenuta a maggio 2021, dopo un anno, l’ASL TO1 continua a non espletare le proprie funzioni.
Nonostante la morte di Moussa Balde e nonostante il SSN non effettui le visite d’idoneità alla detenzione, il CPR è ancora aperto e funzionante.
Non si può non interrogarsi, con dolore, su uno Stato che viola le proprie stesse norme.
Impossibile non chiedersi: il Regolamento CIE 2014 è sì fonte giuridica secondaria, ma è norma. Se a fronte di una lettera protocollata del Prefetto, che in base a leggi e decreti ministeriali, deve prendersi la briga di sollecitare la Regione Piemonte che dopo mesi non risponde, a fronte di un’omissione che avviene da anni, non si configura alcuna ipotesi di reato in questo?
Una struttura detentiva che non funziona secondo leggi e/o decreti ministeriali: può rimanere attiva?