L’Italia è il paese che nella classifica europea ha i più bassi redditi da lavoro. Lo stipendio medio è di 1550 euro, rispetto a 2952 della Germania, a 2791 della Francia, a 3104 dell’Austria etc. La povertà assoluta tocca ormai circa 4 milioni di nuclei familiari. Il reddito di cittadinanza ne aiuta 1 milione e 600 mila con una quota media di 575 euro al mese. Dei percettori sono solo 83.000 i giovani che ne usufruiscono (età 18/30 anni), in prevalenza concentrati al sud. La maggioranza delle domande è prodotta da donne (54% al sud) e da uomini nella fascia di età tra i 47/67 anni (61%).
Le disuguaglianze in questi anni sono aumentate, sia tra poveri e ricchi (dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri) sia tra nord e sud, dove il sud e la Sicilia continuano a perdere punti di PIL e migliaia di suoi abitanti sono costretti ad emigrare. Mentre l’evasione fiscale tocca i 200 miliardi di euro senza contare l’elusione fiscale, la corruzione, le mafie e tutto il resto.
In questo quadro drammatico le priorità del governo Draghi non è la lotta all’evasione e all’elusione fiscale (e nemmeno la corruzione né tantomeno alle mafie) che permetterebbe, invece, di recuperare alla erario migliaia di miliardi utili ad una adeguata redistribuzione verso lavoratori, poveri e pensionati, bensì il mantenimento e il consolidamento dello stato delle cose esistenti.
Stupisce non poco che il tema della classe politica italiana sia il reddito di cittadinanza, ma stupisce ancor di più che non ci sia nel paese una vera ribellione popolare per rimettere in agenda i temi corretti, che sono: aumento dei salari, risorse per la Sanità e la scuola, abolizione della Fornero e una politica per il sud.
Io penso che il sindacato (e in modo particolare la mia Cgil) debba fare un congresso che parli al cuore dei lavoratori e degli sfruttati, aprendo una battaglia su questi temi contro questo sistema, tematiche che vengono prima ancora dell’unità con Cisl e Uil (sempre più subalterni alla controparte) o del rapporto vertenziale con il governo.
In questi giorni abbiamo letto del congresso della Cisl che ha deciso di stare con i padroni e con il governo, contro quelle che sono le priorità del mondo del lavoro. Noi non possiamo seguire quel sindacato su questa strada. Va detto con chiarezza: la nostra linea è opposta. Noi stiamo con i lavoratori sempre contro il capitale ed il padronato.
Il governo Draghi e le forze politiche che lo sostengono hanno in agenda priorità che sono diverse, per non dire opposte alle priorità sociali dei più poveri, dalla classe operaia e di tutti i lavoratori e le lavoratrice del nostro paese.
Solo la Cgil oggi può svolgere la funzione politica per far capovolgere l’agenda di governo: ci vuole una lotta dura e seria per imprimere un cambio di rotta sociale nel paese.
Sarò forse un sognatore e forse anche utopista, ma se non lo fossi stato nella mia vita, sarei stato un uomo più povero e triste. Concludo con questa frase di Kahlil Gibran, che amo tanto:
“Preferisco essere un sognatore fra i più umili, immaginando quel che avverrà, piuttosto che essere signore fra coloro che non hanno sogni e desideri”.
*l’autore è componente del direttivo regionale della CGIL e coordinatore regionale dell’Area programmatica “Democrazia e Lavoro”