Ieri al Campus universitario Luigi Einaudi si è tenuta un’assemblea sull’acqua pubblica indetta dal Manituana
Il Manituana è una realtà sociale Torinese alla quale è stata tagliata l’erogazione dell’acqua. A seguito di questo evento il collettivo, invece che crogiolarsi nella lamentela, ha cominciato ad occuparsi attivamente dell’acqua come bene pubblico, cominciando a fare momenti di autoformazione con l’ausilio del Comitato Acqua Pubblica di Torino, confermandosi un concreto laboratorio di politica dal basso.
Molti gli spunti emersi a beneficio di un pubblico giovane, molto attento, nonostante gli argomenti puntuali e a tratti inevitabilmente molto tecnici, esposti dai relatori.
L’aspetto più eclatante emerso è che il consumo di acqua sta via via diminuendo e che le tariffe stanno via via aumentando. Questo è perfettamente nella logica del profitto, una S.p.A. deve distribuire plusvalenze agli azionisti, se il consumo d’acqua cala, calano i profitti, ecco che si rende necessario l’aumento delle tariffe. Cosa che, denunciano i relatori, SMAT S.p.A., il gestore dell’acqua torinese, sta puntualmente facendo. Ciò implica un evidente danno per i cittadini, che tentando di risparmiare riducendo il proprio fabbisogno, non traggono alcun vantaggio economico nel farlo. Una situazione francamente Kafkiana.
Un altro punto toccato è l’aspetto ambientale legato alla crisi climatica: l’acqua è sempre più rara sul pianeta, inoltre il surriscaldamento causa una deossigenazione delle falde impedendo l’autodepurazione naturale delle sorgenti potabili. E’ di tutta evidenza che riducendosi la quantità d’acqua potabile disponibile sul pianeta, questa diventi preziosa, rappresentando un’enorme fonte di interesse, e soprattutto profitti, per i macrofagi gruppi finanziari. I relatori hanno denunciato che si calcola che nel mondo 750 milioni di persone non abbiano accesso quotidiano all’acqua, numero che sale a 4 miliardi nelle rispettive stagioni siccitose. E’ di tutta evidenza, tra l’altro, quanto la scarsità d’acqua vada ad incidere favorendo l’aumento di patologie infettive, creando quindi un impatto anche sulla salute.
La preoccupazione di chi si occupa di acqua come bene pubblico, per quanto riguarda il nostro territorio, è lo spreco d’acqua causato proprio da SMAT S.p.A., che non effettua le necessarie riparazioni della rete idrica, ma persegue la politica di attingere ad un sempre maggiore numero di sorgenti, moltiplicando il fattore di depauperamento delle risorse idriche naturali. Questo spreco, secondo il Comitato Acqua Pubblica di Torino, ammonterebbe ad oltre il 45% dell’acqua attinta alle sorgenti. E’ sempre stato risposto loro che il dato è scorretto per eccesso, ma, denunciano gli esponenti del comitato, non sono mai stati prodotti, nonostante le ripetute richieste all’Autorità di bacino, documenti con dati che confutino la loro stima. SMAT “ammette” uno spreco, peraltro già enorme, del 35% sul territorio torinese.
Nel 2011 è stato indetto un referendum per l’acqua pubblica vinto col 95% dei suffragi, ma non solo, si calcola che il 5% dei cittadini italiani che non si erano mai spesi in azioni politiche o civili, abbiano attivamente partecipato nella promozione di questo referendum. Referendum disatteso, salvo pochissimi Comuni, in tutta Italia. Una singolare concezione della democrazia, quella dei politici italiani, lo vediamo anche nel caso della guerra in Ucraina, dove nonostante la maggioranza degli italiani sia contraria all’invio di armi, si continua imperterriti ed incuranti a farlo. Un’arroganza alla quale gli italiani sembrano sempre meno disposti a sottostare. Colpa anche e molto di certa “sinistra”, targata PD, che per inciso attualmente governa Torino, che fomenta la rabbia di chi è inascoltato, consegnando questa rabbia alla demagogia delle destre, capacissime ad intercettarla ed incanalarla per raggiungere i propri scopi. Come vediamo anche nella gestione di un bene/servizio primario come la sanità, di competenza della Regione Piemonte, proprio quelle destre agiscono in direzione completamente contraria al bene della cittadinanza. Ci troviamo di fronte, salvo rarissimi casi, ad una continua negazione bipartisan della democrazia partecipativa.
Molto spazio è stato lasciato al Ddl concorrenza, approvato alla Camera e atteso a luglio in Senato, il cui articolo 6, in particolare il comma f, redatto ad arte, sostanzialmente incide in modo che si potrebbe definire “definitivo” sulla fine dell’erogazione di servizi da parte di enti pubblici. Chi ha redatto questo articolo è un genio (del male?). L’articolo 6 prevede che i comuni che non intendano cedere a privati l’erogazioni di servizi siano tenuti a motivare e documentare a priori (ex ante) la convenienza economica e l’efficienza della scelta: “Fatto salvo il divieto di artificioso frazionamento delle prestazioni, previsione, per gli affidamenti di importo superiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, di una motivazione anticipata e qualificata, da parte dell’ente locale, per la scelta o la conferma del modello dell’autoproduzione ai fini di una efficiente gestione del servizio, che dia conto delle ragioni che, sul piano economico e della qualità, degli investimenti e dei costi dei servizi per gli utenti, giustificano il mancato ricorso al mercato, anche in relazione ai risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in autoproduzione“.
Kafkiana anche l’ultima frase: in un criterio di patto di stabilità, i Comuni, con l’acqua, quella sì, abbondantemente alla gola, certamente “nelle pregresse gestioni in autoproduzione” hanno potuto fare poco o nulla se non dare il peggio di sé nella gestione, al di là delle capacità politiche degli amministratori, dell’erogazione dei servizi. Non solo: proprio quando con il PNRR si potrebbe finalmente migliorare l’erogazione dei servizi, il Ddl Concorrenza tenta abilmente di sottrarli alla gestione pubblica, consentendo una logica del profitto che concettualmente, per definizione stessa, per logica economica, non può andare a vantaggio del fruitore.
La cosa maggiormente esecrabile è che questo Ddl Concorrenza sta completamente passando in sordina, altro ignobile attacco alla democrazia partecipativa.
Il fatto che al problema si stiano concretamente interessando anche i giovani ci dà certamente maggiore speranza.
Un’ultima nota: l’acqua è, come l’aria, un bene necessario alla vita umana. Ma non solo, sembra banale dirlo ma: le piante, che producono ossigeno, hanno bisogno d’acqua.
Due gli appuntamenti di mobilitazione: il 28 giugno a Roma davanti al Senato e il 14 maggio a Torino. L’appello è di partecipazione della cittadinanza su un argomento così fondamentale.