Si è svolta oggi presso l’ARCI Bellezza l’assemblea preparatoria dello sciopero generale e sociale, previsto nel mese di maggio, contro la guerra e l’economia di guerra. Un centinaio i partecipanti dei sindacati di base e di altre realtà politiche e sociali.
Una lunga assemblea molto partecipata, sia in presenza che online, una trentina di interventi a significare la voglia di partecipare, di esserci. Ribadita più volte l’importanza del trovare tutti i punti di incontro, unione, in modo che l’apparente frammentazione possa trasformarsi in molteplicità, pluralismo, ricchezza di sguardi e contenuti.
Interventi da vicino e da lontano, tante le sigle presenti, in ordine sparso, qualcuno già deciso, qualcuno più incerto, ma come viene ribadito più volte si tratta di un percorso in cui si cerca di coinvolgere non solo i gruppi più indecisi, ma anche e soprattutto le migliaia di lavoratori che possono appoggiare uno sciopero del genere, al di là della loro appartenenza. Da più parti viene definita un’occasione, memori di quando i lavoratori e le lavoratrici hanno dato grandi esempi di resistenza di fronte alle guerre passate, opponendosi all’economia di guerra, ad una produzione di morte, a dei trasporti di merci che portano distruzione.
Significativi gli interventi di coloro che provengono da aree dove le produzioni belliche le conoscono bene: Venegono, nei pressi di Varese, ma anche dal cuore della Sicilia dove da anni il sistema del Muos ci mostra una strumentazione di guerra; o un significativo intervento dalla Sardegna, da Decimomannu, da dove stava per partire in contemporanea un corteo, dalla stazione del paese fino alla base militare da dove si alzano aerei di guerra.
Solidarietà ai portuali che in queste settimane hanno opposto resistenza, a Genova come a Salonicco, al sindacato USB che si è trovato la pessima provocazione del revolver lasciato in gabinetto. Si sa che guerra va a braccetto con disciplina, ordini, silenzio: sui tanti fronti, in guerra, come nelle fabbriche, nelle piazze. Le spese militari che graveranno su chi vive del proprio reddito, eroso da inflazione e aumenti di spese.
Intanto ci sarà il 25 aprile, ma soprattutto il primo maggio, che possono essere un momento importante perché i lavoratori facciano sentire forte la loro avversione a questo clima guerrafondaio che inonda i nostri media mainstream.
La guerra la conducono i ricchi e la fanno, la subiscono, la pagano i poveri, la gente comune. Oggi si parlava di masse. Chi parlava oggi lo sa che non sarà facile muoverle e coinvolgerle, che non è scontato e che il lavoro dovrà essere preventivo, capillare, diffuso. Bisognerà trovare le parole giuste, trovare le forme migliori per coinvolgere.
In Spagna si dice voltear la tortilla: non sarà facile, la strada è in salita, ma questa decisione andava presa e la mozione finale è stata approvata a larghissima maggioranza.
Nel pomeriggio, quasi in contemporanea, in piazza Cairoli, continuavano i presidi contro la guerra in Ucraina e per la pace, questa volta una chiamata alle ARTI. Moltissimi gli interventi: letture, poesia, musica, tanti i racconti di coloro tornati da poco dalle varie missioni di pace condotte da attivisti ed attiviste.
È difficile contrastare l’angoscia e il senso di impotenza generato dalle carrettate di immagini che ci rovesciano addosso: oggi la voglia era che il forte vento presente a Milano si portasse via armi, guerre, morte e violenza.
Starà invece a noi.