Se dico che è stato Facebook, la gente si chiederà se ho sviluppato qualche malattia mentale. Se dicessi che sono stati l’FMI e la Banca mondiale, gli appassionati di economia rabbrividirebbero, perché non erano nemmeno nel quadro, almeno direttamente. Ma se indicassi la dinastia della famiglia Rajapaksa che ha governato l’isola negli ultimi dieci anni, molti sarebbero d’accordo (in effetti, i miei amici dello Sri Lanka che vivono negli Stati Uniti sono tutti d’accordo su questo punto). E se puntassi il dito contro la Cina e il loro cosiddetto prestito predatorio che ha “bombardato” lo Sri Lanka, i media occidentali sarebbero totalmente d’accordo.
del Dott. Partha Banerjee
Eppure, l’attuale crisi nello Sri Lanka è dovuta a tutto quanto detto sopra. In effetti, se si aggiungono al mix l’ISIS e la loro creazione, cioè gli estremisti islamici dello Sri Lanka che tra le altre cose hanno ucciso oltre duecento persone durante il bombardamento di Pasqua del 2019, si ottiene il quadro completo.
Il Paese sta esplodendo, la gente muore, i bambini non hanno latte, gli studenti non hanno documenti su cui scrivere i loro esami, le luci delle strade sono spente per risparmiare energia, il prezzo del riso sta raggiungendo le 500 rupie dello Sri Lanka per chilogrammo e migliaia di rifugiati sono pronti ad attraversare lo stretto di Palk per rifugiarsi in India, pagando ai mediatori centinaia di migliaia di rupie. Si tratta di una grave crisi umana che si sta consumando davanti ai nostri occhi.
Molto spesso abbiamo visto che Facebook con il suo algoritmo di correttezza ha incoraggiato attivamente l’odio, la violenza e le dicerie che portano a enormi disordini sociali. Lo Sri Lanka non fa eccezione. Proprio come i media a scopo di lucro, Facebook trae profitto dal sensazionalismo e dalle non notizie. Il conflitto radicato nello Sri Lanka tra Sinhalas e Tamil (che ha portato alla lunga guerra civile) non è scomparso. E i bombardamenti di Pasqua sponsorizzati dall’ISIS hanno creato un altro livello di grande agitazione sociale, questa volta tra buddisti e musulmani. Facebook ha lasciato che l’odio e le dicerie si diffondessero incontrollate, causando massicce violenze. Di fatto, la società si è poi scusata.
I cinesi hanno dato allo Sri Lanka un grosso prestito e la nazione insulare lo ha preso invece di rivolgersi all’FMI e alla Banca Mondiale. La “garanzia” richiesta dalla Cina erano i progetti che il prestito avrebbe costruito e ristrutturato, il cui mancato rimborso l’ha aiutata, in sostanza, ad annettere il porto di Hambantota. L’FMI e la Banca Mondiale, quindi, non sono mai stati contenti che il Paese non sia andato a chiedere il loro aiuto anziché quello della Cina. Cosa farebbe un finanziatore potente se perdesse un potenziale mutuatario? Troverebbe un modo per pareggiare i conti e creare una situazione in cui il mutuatario sia costretto a rivolgersi a loro più tardi.
È quello che è successo poco fa. Il governo dello Sri Lanka si è ora rivolto all’FMI e alla Banca Mondiale per salvare il Paese. E quasi nessuno sa (perché in pratica non c’è alcuna discussione su come fanno affari in tutto il mondo) che l’FMI e la Banca Mondiale potrebbero imporre il loro cosiddetto Programma di Adeguamento Strutturale o SAP una volta concesso il prestito. Il SAP in sostanza prenderebbe in consegna le politiche governative e costringerebbe la nazione mutuataria a governare seguendo i loro dettami, ovvero: (1) privatizzare l’economia, (2) tagliare tutti i progetti di welfare del governo pro-popolare, (3) tagliare le tasse sui ricchi, (4) contrastare i sindacati, e (5) deregolamentazione totale, terminando il controllo del governo sulle società private. In India, vediamo ora una deregolamentazione e una privatizzazione tali che hanno distrutto l’economia popolare indiana di lunga data, consegnando il Paese a società nazionali ed estere. L’abbiamo visto in Argentina, Grecia, Filippine e forse in altri luoghi.
Inoltre, l’FMI e la Banca mondiale costringerebbero la nazione mutuataria a svalutare drasticamente la propria moneta. Lo Sri Lanka sta per raggiungere le 300 rupie per un dollaro americano. L’India, in base al suo requisito FMI SAP, è passata da 55 a 75 rupie indiane per un dollaro in soli sei anni! Anche la crisi del Pakistan ha svalutato drasticamente la sua rupia.
Per i prossimi anni (in realtà, per il prossimo imprevedibile futuro) il Paese mutuatario finirebbe in una spirale di pagamenti a interessi alti e non sarebbe mai in grado di rimborsare il capitale del prestito. Si guardino le Filippine, la Grecia, il Sudafrica e tutto il resto.
La dinastia della famiglia Rajapaksa, sul modello di Indira Gandhi, con il loro potere dittatoriale (e il capriccioso passaggio da un giorno all’altro all’agricoltura biologica, facendo irritare le aziende produttrici di fertilizzanti) ha causato danni enormi. In effetti, da adesso, l’intero ministero dello Sri Lanka ha rassegnato le dimissioni sotto la pressione dei manifestanti per strada, ad eccezione dei fratelli Rajapaksa che, guarda caso, sono il primo ministro e il presidente del Paese.
Lo Sri Lanka dipendeva troppo dal turismo e dalla valuta estera per pagare l’importazione di prodotti di consumo essenziali. La Covid-19 ha distrutto l’industria del turismo e ha esaurito la riserva nazionale di valuta estera; lo stesso è successo in luoghi simili come Bali, in Indonesia.
Ora, il Paese è sull’orlo del collasso.
Traduzione di Filomena Santoro. Revisione di Mariasole Cailotto.
Dott. Partha Banerjee, educatore sindacale e scrittore, Brooklyn, New York