Abbiamo conosciuto e ascoltato chi ha fatto la Resistenza, partigiani, sfollati, deportati che ne sono usciti feriti nel corpo e nell’anima per tutto il resto della loro esistenza, ma comunque vivi. Abbiamo poi conosciuto e ascoltato in anni recenti altre vittime di guerre e dittature, dall’America Latina al Medio Oriente, e nessuno di loro per quelle strade vuole più tornare; per tutti loro la guerra è un tabù, il peggiore degli incubi, una follia da “ripudiare”, fuori dalla ragione umana. Per questo chi parla ancora di armi e guerra senza aver compreso la lezione che viene da quelle storie è un irresponsabile che segue altri interessi disumani o non è preparato per rappresentare o prendere decisioni per altri… In tutti i casi è da fermare.
Solo a nominare la data, il 25 aprile, viene un’emozione forte, memoria dell’orrore e gioia della rinascita. È la luce che squarcia le tenebre. È il parto della democrazia, il pensiero della libertà, della gioia di respirare la libertà, mettere alle spalle l’oppressione, il fascismo, la dittatura, l’odio, il razzismo, la discriminazione, la persecuzione.
Il 25 aprile è la metafora delle lotte di liberazione di tutta l’umanità. È il mai più guerre, il mai più Auschwitz. Non vedere più carneficina. Non vedere più l’uomo ridotto a un numero da sterminare. L’insegnamento che dobbiamo saper cogliere da chi è passato per le guerre di liberazione, da chi ha lottato con le armi o senza le armi per la libertà e la dignità, è di non cadere più nella trappola mortale, disumana della guerra.
Sì, perché la Resistenza non è stata solo lotta partigiana in montagna con le armi. La Resistenza è stata un fenomeno diffuso, è stata anche resistenza civile, resistenza delle donne disarmate che mantenevano le famiglie dei partigiani, resistenza delle staffette partigiane, resistenza civile degli intellettuali, resistenza di chi nascondeva gli ebrei, resistenza di chi aiutava i disertori della Repubblica di Salò, resistenza dei sacerdoti cattolici che sostenevano gli antifascisti perseguitati, resistenza dei partigiani nonviolenti che non hanno mai voluto togliere la sicura al fucile ma partecipavano agli atti di sabotaggio, resistenza anche di chi si è opposto agli atti di vendetta verso i fascisti. La resistenza è stata quella di Arrigo Boldrini e Nuto Revelli, ma anche di Aldo Capitini e Riccardo Tenerini, scelte diverse nell’uso o nel rifiuto delle armi, ma identiche nella finalità e nel successivo impegno politico per liberare il mondo dal flagello della guerra.
Dire no alla guerra, no al riarmo, rifiutare la logica del più forte e del più potente, respingere l’idea che la violenza assassina si sconfigge con altra violenza più assassina, non significa rinunciare alla lotta per la libertà, ma al contrario, è prendere il testimone di chi è passato per le tragedie della storia ed ha deposto le armi, affidandoci la Carta Costituzionale dove possiamo trovare le risposte per mantenere e rafforzare la pace e la convivenza.
Il 25 aprile ci deve dare il coraggio di proseguire sulla strada dei costituenti, cercando senza indugio e con tutte le nostre risorse la strada della nonviolenza e dalla Pace. Per questo il 25 aprile saremo a fianco dell’Anpi nel dire che la Liberazione oggi si chiama Disarmo, la Resistenza oggi si chiama Nonviolenza.