L’afflusso di donne e minori attira la criminalità. I timori per la tratta “stanno aumentando rapidamente”, dice la capo-missione.
Dal salvataggio dei migranti in mare l’ong Mediterranea Saving Humans per la prima volta interviene sulla terraferma, nell’emergenza profughi dall’Ucraina. E lo fa in due città polacche di confine – Korczowa e Prezmysl – dove “l’afflusso in entrata e in uscita è continuo e indefinibile, sostenuto da una macchina organizzativa e dell’accoglienza strepitosa. Uno slancio di solidarietà che ci piacerebbe vedere anche quando salviamo persone che partono dalla Libia“. A raccontare all’agenzia Dire la carovana #SafePassage, partita giovedì con aiuti per la Polonia e l’Ucraina, e rientrata ieri a Napoli con tre pullman di profughi, è la capo-missione Laura Marmorale.
“Ciò che più ci ha colpito è l’incredibile gioco di squadra tra polizia e responsabili polacchi del coordinamento del centro di prima accoglienza di Korczowa– racconta- per identificare le organizzazioni umanitarie e i singoli volontari che vengono per offrire passaggi con mezzi privati”.
Questo perché, avverte Marmorale, “ci hanno riferito di aver ‘perso varie mamme con bambini’”. L’afflusso di donne e minori attira la criminalità. I timori per la tratta “stanno aumentando rapidamente” dice la capo-missione. A testimoniarlo le misure di tutela adottate, tra cui “i volantini che avvisano in ucraino dal diffidare dall’accettare passaggi da sconosciuti” e l’istituzione di “un meccanismo a più livelli per identificare dalle grandi ong alle piccole associazioni o singoli individui che dalla Polonia o dal resto d’Europa partono per aiutare queste persone”. Iniziative lodevoli, sottolinea Marmorale, “ma che vanno monitorate”.
Si è escogitato quindi un processo a più tappe di controlli incrociati. Si inizia dalla registrazione dei documenti e delle targhe dei veicoli, poi lettere di accredito su carta intestata, indirizzi email e numeri di telefono, quindi domande dettagliate sulle persone o le istituzioni che si prenderanno cura dei profughi al loro arrivo. L’obiettivo: “Non perdere traccia di nessuno”. Una procedura, continua la capomissione, “che si ripete ogni giorno e va rafforzandosi in prossimità della partenza”. Solo ieri la Polonia ha confermato di aver superato i due milioni di profughi accolti. Marmorale lancia dunque un appello: “Dato che questo esodo non si esaurirà nel breve periodo, sarà bene mettere in campo indagini per capire chi minaccia i rifugiati e che fine ha fatto chi è scomparso”.
L’operatrice dopo l’esperienza sul campo riporta anche altri suggerimenti: “L’incredibile mobilitazione che si sta creando deve muoversi con consapevolezza: ad esempio, le organizzazioni polacche hanno bisogno di pannolini e prodotti per l’igiene personale, coperte e abiti caldi. In Ucraina invece servono cibo e medicinali”, come quelli che la carovana ha consegnato all’ospedale di L’viv (Leopoli).
Dal Paese, dove il conflitto è in corso da quasi un mese, escono solo donne e minori. “Nei giorni trascorsi nel centro di accoglienza di Korczowa – allestiti in un centro commerciale, con la galleria principale adibita a reception e i negozi svuotati della merce e trasformati in dormitori – abbiamo visto solo un uomo adulto” riferisce Marmorale. “Si trattava di un 26enne riformato alla leva militare per problemi di salute”.
Gli uomini sono tutti al fronte, lasciando alle donne l’incarico di portare via anziani e minori. Nei loro occhi, “la guerra”. Marmorale racconta la storia di alcune di loro, conosciute perché accolte a bordo dei pullman disponibili anche grazie alla collaborazione della Confederazione nazionale artigiani (Cna) di Napoli e il gruppo di imprese sociali Gesco: “C’era una mamma di 32 anni con tre bambini che durante la fase di registrazione di colpo ha dimenticato come si scrive, dando nelle ore seguenti evidenti segni di confusione. Poi una donna sola di 76 anni cardiopatica. Una ragazza, rimasta ferita a Kiev per lo scoppio di una bomba, manifesta da allora un costante e forte tremore al braccio. Un’altra ancora con un grave tumore al seno, che avrebbe dovuto essere operato pochi giorni dopo l’inizio della guerra, soffriva terribilmente e una volta arrivata a Napoli ha avuto una crisi: temeva che il ricovero in ospedale le avrebbe fatto perdere i contatti con l’anziana madre e il figlio undicenne”.
Quanto ai minori soli, “non ce n’erano- dice ancora la capo-missione- ma ci hanno consigliato di non occuparcene: trattandosi di bambini smarriti o provenienti dagli orfanotrofi è meglio lasciarli nei centri in Polonia sotto la tutela delle autorità competenti”. Chi viaggia con i minori “li stringe forte a sé- riporta Marmorale- e in assenza dei genitori, zie, nonne o cugine, persino vicini di casa mostrano dichiarazioni scritte sull’appartenenza familiare”.
Una volta in Italia, il lavoro per Mediterranea non si arresta. Sottolinea Marmorale: “Bisognerà occuparsi delle persone che abbiamo portato, garantendogli tutta l’assistenza necessaria”.