«Oggi è una bella giornata. Nonostante non piova da due mesi, i livelli di inquinamento siano allarmanti e la provincia di Como sia soggetta ad una siccità preoccupante, oggi è una bella giornata perché scendiamo in piazza per chiedere la possibilità di costruire un futuro migliore.
“Scendere in piazza “ è un’espressione meravigliosa: racchiude in sé il concetto di moto da un luogo alto (privato, personale, delimitato) ad un ambiente basso, aperto, senza limiti, egualitario, in cui ritrovarsi senza distinzione per unirsi – con le braccia, con le parole e con il pensiero – dietro una rivendicazione comune; nel caso di oggi e domani (anche con Gkn), soprattutto umana oltre che di classe, politica o sociale: senza giustizia sociale, senza riforme urgenti del sistema lavorativo e produttivo mondiale, senza pace come si può pensare di costruire il futuro sul nostro pianeta? Non c’è vita senza una Terra sana, ma non si può sanare un pianeta che si è provveduto a distruggere lentamente, se non si cambia radicalmente modo di starci. Non esiste un ambiente ‘umanificato’ sano se gli stessi esseri umani si avvelenano e distruggono a vicenda, si scarnificano con disperazione in un sistema economico disastrato e profondamente ingiusto, trascinando con sé qualsiasi altra forma vivente con un’arroganza di sottofondo veramente assordante.
Nessuna, nessuno di noi ha chiesto di nascere: eppure esistiamo, involontariamente. E visto che esistiamo, perché non esistere nel migliore dei mondi possibili? Da qualche tempo questa possibilità è sbiadita, sembra lontana e non più possibile, soprattutto per le nostre generazioni che portano sulle spalle il peso di un futuro difficile e molto incerto. Eppure se tutte, tutti compiamo quel moto discendente dall’alto delle nostre vite verso un orizzonte comune – in questo caso, la piazza – è perché ci siamo aggrappati a quel sogno, consce e consci che possiamo e dobbiamo ancora lavorare per renderlo reale e bellissimo. Possiamo lavorare nelle piazze, per le strade, nelle nostre case, nelle scuole e nei luoghi di lavoro per sensibilizzare e dibattere.
E’ però altrettanto urgente lavorare – e chiedere di farlo a gran voce – sulle macrostrutture costruite nel corso degli anni per imporre una spinta diversa: chiedendo riforme, cambiamento del sistema produttivo ad ogni livello, del modo di concepire il lavoro, accoglienza indiscriminata, cessazione dei conflitti a qualsiasi latitudine e del sistema economico che ad oggi trae profitto dalle guerre, cambiamento radicale e agile dei sistemi di produzione, pari diritti per gli esseri umani (e non), chiunque essi siano.
Queste sono le energie di cui abbiamo bisogno per tutelare l’ambiente in cui volontariamente siamo stati inserite, inseriti, ma che volontariamente oggi scegliamo di cambiare, insieme. Per questo noi siamo qui come Arci, in questa piazza, con e per Fridays for Future e lo sciopero per il clima, con le altre realtà che condividono i nostri stessi orizzonti di cambiamento. Abbiamo portato con noi questo volantino: se mettete insieme quattro pezzi differenti vedrete la figura intera, eppure sul retro ci sono quattro punti di vista diversi, che però hanno l’ambiente come orizzonte comune. Non c’è metafora migliore per indicare la necessità di far sì che nello sciopero di oggi e domani mettano radici le forze ambientaliste del futuro prossimo, diverse eppure parte della stessa pianta, tesa verso il sole. E vedendoci qui insieme, penso che possa essere non solo possibile, ma già in corso di realizzazione. E per questo oggi è proprio una bella giornata». [dall’intervento Arci di adesione allo sciopero per il clima del 25 e 26 marzo]
Il mensile di ecoinformazioni di marzo, componibile attraverso quattro volantini: un esempio di giornalismo partecipato [Foto Francesco Cavalleri per ecoinformazioni]
Riuscire a svegliare dal torpore quella parte di popolazione comasca perennemente in una fase di letargico, immutabile immobilismo non è cosa semplice, eppure il movimento Fridays for Future ci prova. È la prima manifestazione aderente allo sciopero globale per il clima – tuttora in corso in molte parti del mondo – dall’inizio della pandemia nella città e la voglia di ritrovarsi per manifestare e scompaginare un po’ la linda quiete del centro storico si fa sentire fin dal saluto iniziale delle realtà associative che hanno aderito all’iniziativa (Arci, Supporto Attivo, Terraviva, Como Pride, Nonunadimeno Como, ma anche Unione degli/delle studenti/e, No Tav, Collettivo 84 e molte/i altre/i).
Così, dal parcheggio Ippocastano fino al Tempio Voltiano, affacciato su un lago particolarmente sofferente in termini di portata d’acqua («Sarà forse colpa del cambiamento climatico?» chiede giustamente qualcuno provocatoriamente), il corteo – non partecipatissimo eppure caleidoscopico – si snoda tra cittadinanza infastidita dei ritardi dovuti al suo passaggio (e ad un sit-in improvvisato all’incrocio di largo Miglio) e curiosi o simpatizzanti seppur “a distanza”.
Parole di fuoco contro l’alternanza scuola-lavoro davanti ai licei, davanti alla sede del Comune una lunga riflessione sul perché una terza linea dell’inceneritore e una nuova strada, la Canturina Bis, non sono le soluzioni utili e ideali per le e gli abitanti di questi territori: tali riflessioni si accompagnano ad altri interrogativi su come tutelare le altre specie e come rapportarsi con un futuro sempre più difficile, eppure quello che emerge dal coro di voci è la richiesta di una città a misura di persona, con spazi di interazione sociale, verde e mezzi pubblici efficienti, sicuri, funzionanti. Questo evidenzia come le e i manifestanti percepiscano la città come ostile, non adatta ai loro ritmi e alle loro vite, come ci sia serpeggiante una voglia di accettazione, inclusione e libertà in un ambiente accogliente e sano che sembra però non trovare l’ossigeno adatto lungo le rive del Lario.
«Giustizia ecologica è giustizia sociale» dovrebbe essere un’equazione facilissima, eppure tra conflitti terribili e devastanti per le parti civili coinvolte, disastri ambientali, lavoratori e lavoratrici al collasso in molti settori per condizioni di lavoro inadeguate, disuguaglianze dilaganti, il sistema politico e sociale non sembra averla introiettata come avrebbe dovuto.
E come è stato ricordato in uno degli interventi nella tappa di Piazza Cavour, non basta una sola manifestazione per concludere una lotta, perché l’ambientalismo non può essere una salvietta usa e getta per lavarsi la coscienza ma deve necessariamente diventare impegno costante e instancabile; non un’opinione ma un perno cui ancorare la propria coscienza e le proprie idee; un veicolo di trasformazione e adattamento salubre per tutte e tutti, in quanto esseri umani.
[Sara Sostini, ecoinformazioni; foto di Dario Onofrio, ecoinformazioni]
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Sara Sostini