Sulla possibilità che lo scontro armato in Ucraina possa risolversi in tempi brevi non si può essere eccessivamente ottimisti. E’ vero che sono in corso trattative tra i contendenti, ma le posizioni restano molto lontane.
Da una parte c’è la Russia dell’oligarca Putin, che dopo avere impegnato tutte le sue forze e il suo prestigio nel conflitto, non è pensabile possa accordarsi senza avere ottenuto tutti i suoi obiettivi che riguardano la neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento delle autoproclamate repubbliche del Donbass. La situazione tuttavia non sta evolvendo in modo del tutto positivo per gli invasori, che con ogni probabilità pensavano che le cose fossero più facili e i tempi del conflitto più brevi. Alla base stava l’idea sbagliata che non ci sarebbe stata eccessiva resistenza dal punto di vista militare, e che la popolazione avrebbe in qualche modo accettato la nuova situazione di fatto. Mettere in ballo gli antichi rapporti storici tra ucraini e russi e il ruolo avuto in passato da Kiev nella nascita della grande Russia non serve a nulla. Gli ucraini oggi non si sentono russi, ad eccezione delle province orientali chiaramente russofone, e questo è un vero problema per gli occupanti.
A questo punto non è infatti difficile prevedere che più la guerra proseguirà più la Russia si troverà in difficoltà, impantanata in un conflitto senza via d’uscita.
Ciò che complica terribilmente la situazione è che l’occidente, o più precisamente gli Stati Uniti, perfettamente consapevoli delle possibili crescenti difficoltà dell’avversario, non hanno ormai nessun interesse a promuovere un processo di pace. Anzi più la guerra prosegue meglio è. Inviare armi e combattenti volontari, sostenere ogni forma di resistenza e non accettare nessun tipo di compromesso per arrestare la guerra, potrebbe essere alla fine la tattica vincente. E’ possibile, e forse probabile, che più passano i giorni più si insinua, nella mente dei politici e degli strateghi d’oltreoceano, l’idea di rendere, per così dire, permanente e senza soluzioni la guerra, sperando di fare della Ucraina per la Russia quello che per loro è stato, in tempi recenti, (e in tempi più lontani per gli stessi russi) l’Afghanistan, se non addirittura evocando l’antico spettro del Vietnam.
La guerra inoltre, e meglio ancora il suo prolungarsi nel tempo, permettono di riscrivere la storia attribuendo tutte le responsabilità agli aggressori russi, e cancellando le colpe pregresse della NATO nel suo aggressivo e continuo allargarsi verso oriente, malgrado gli accordi di non espansione fatti all’indomani dello scioglimento del Patto di Varsavia. Anzi la ritrovata verginità permette all’Alleanza Atlantica di riproporsi come baluardo contro gli aggressori, aprendo così alla possibilità di un ulteriore allargamento contro “i cattivi” provenienti da est, come si può vedere in questi giorni con le insistenti voci sulla presunta intenzione di Finlandia e Svezia di aderire al patto occidentale.
In questa situazione L’Europa piuttosto che fare i propri interessi, ponendosi come agente di pace e forza di mediazione del conflitto, ha deciso, in modo assolutamente masochista, di accodarsi servilmente al carrozzone americano. Il risultato è stato in sostanza quello di una vera e propria entrata in guerra, con sanzioni pesantissime ed autolesioniste, e soprattutto con l’invio di armi nel teatro dello scontro. Il prezzo da pagare sarà salatissimo, non solo in termini economici con probabile grave recessione ed inflazione alle stelle. Ma ciò che sarà peggio è il crescente “clima di guerra” che si diffonderà nella vita della gente, avvelenando i rapporti sociali e l’esistenza di ognuno, con un conflitto alle porte di casa o forse addirittura dentro casa. A questo proposito credo che nessuno osi neppure immaginare come potrebbe reagire, nella sua lucida follia, se messo con le spalle al muro, un Putin, che ha già parlato di impiego possibile di armi nucleari. Il paradosso insomma è che a differenza degli USA, ed esattamente come per la Russia, più perdura il conflitto (anche a prescindere da ogni suo possibile esito) peggio sarà per l’Europa. E il conflitto purtroppo sembra proprio destinato a perdurare.
L’unica via d’uscita, l’unica variabile che può sparigliare le carte e arrestare la guerra è un forte e imponente movimento pacifista, capace di svilupparsi dal basso e di imporre le proprie parole d’ordine, occupando in permanenza le piazze dell’Europa e della stessa Russia. Ma sulla natura di questo movimento e su i suoi futuri possibili sviluppi occorre fare alcune fondamentali riflessioni. Purtroppo la brutalità dell’intervento militare russo, con palese violazione del diritto internazionale, ha messo in ombra le sacrosante ragioni del suo contendere, che riguardavano l’inaccettabile espansionismo della NATO e il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni russofone del Donbass e in genere dei confini orientali. La guerra inoltre, facendo diventare vittima l’Ucraina, ha permesso che si offuscasse (spesso volutamente) la grave compromissione delle sue istituzioni statali con quelle organizzazioni politiche e paramilitari di chiara e dichiarata fede neo-nazista, autrici del colpo di stato del 2014 e responsabili di vari massacri della popolazione civile, fino al punto di fare del paese l’avamposto e il cuore dell’estrema destra eversiva a livello internazionale. La pressante attualità dei fatti legati allo scontro armato, insieme alla costante propaganda a senso unico dei media mainstream, hanno creato una opinione pubblica nei paesi occidentali che è (ed occorre dirlo), in larga maggioranza, schierata in maniera acritica con l’occidente, e che vede nella Russia l’unica origine di tutti i mali. Tutto questo, purtroppo, non può non avere le sue conseguenze anche sul movimento pacifista.
A scanso di equivoci ribadiamo che il movimento per la Pace, non può non schierarsi contro la inaccettabile e proditoria invasione dell’Ucraina (e visto che spesso si ha la sensazione di parlare a gente che finge di non capire, sottolineiamo il concetto di “inaccettabile e proditoria invasione”). Ciò detto però è necessario anche affermare che le malefatte, e forse anche le maldestre iniziative, del nuovo zar, non devono farci dimenticare le ragioni complesse e profonde del conflitto, al punto da pensare che la sola soluzione, e panacea di tutti i mali, sia quella della sconfitta militare della Russia. La conseguenza estrema di tale sentire, è quella ambiguità che finisce col dare, esplicito o anche solo tacito, appoggio alle iniziative di guerra promosse dall’occidente e dal nostro governo, come purtroppo avviene in diverse iniziative che pretendono essere parte del movimento pacifista.
Lo stesso movimento pacifista deve diventare in sostanza, esso stesso, un luogo di riflessione, e se necessario “di scontro” tra diversi modi di intendere la pace. I veri pacifisti devono battersi per fare chiarezza, non solo richiamando ineludibili fatti storici e ricordando le ragioni e i torti di tutte le forze in campo, ma soprattutto avendo la capacità di dire in modo chiaro e semplice che chi sta dalla parte della pace non può accettare che un solo uomo o una sola arma, o una sola moneta venga data per la guerra.
Per l’autodeterminazione pacifica dei popoli (dell’Ucraina e del Donbass) bisogna sviluppare “un grande movimento internazionale contro la guerra”, così come è stato sottolineato ieri dall’assemblea degli studenti di Lettere e Filosofia di Palermo (che come Pressenza abbiamo seguito con attenzione), nella quale si è sollevata la necessità si perseguire con determinazione l’azione di massa ed alzare forte il grido: “né con Putin né con la NATO, ma neppure col governo italiano che inviando armi e aiuti allo stato ucraino ci coinvolge piedi e mani nella guerra, allontanando così il mondo intero dalla Pace”.